Questa intervista è parte del progetto di Donna Reporter “ Woman Pride. Parata dell’orgoglio femminile” venti interviste a donne che con il loro lavoro incrinano il muro di silenzio su condizione femminile, ingiustizia sociale, criminalità organizzata e conflitti dimenticati.

Puoi leggere il programma delle interviste qui https://sostieni.link/33221

Il 28 aprile del 1915 durante la prima guerra mondiale un gruppo di 1136 donne da paesi in guerra e neutrali si sono riuniti all’Aja in Olanda per discutere come porre fine alla guerra e assicurare una pace permanente. L’incontro terminò con la fondazione della “Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà” acronimo internazionale WILPF. Questa organizzazione ha due primati importanti: quello di avere avuto tra le sue fondatrici la femminista Jane Addams, la seconda donna a ricevere il Nobel Price per la pace e di essere l’organizzazione mondiale di donne per la pace di più lunga data. Tra i 46 paesi in cui la Wilpf ha le sue sedi c’è anche l’Italia perché in quel gruppo iniziale di 1.136 donne, accorse da ogni angolo del mondo, c’era anche un italiana Rosa Genoni. Da cinque anni ne è presidente Patrizia Sterpetti che è entrata a far parte della Wilpf nel 1992.

Alla dichiarazione del gruppo australiano: “Ancora oggi la WILPF afferma che le donne debbano guidare la via al cambiamento e che la pace è possibile solo quando più donne con approcci femministi ricoprano più posizioni di potere, prendano decisioni, abbiano responsabilità e esercitino un’influenza”. Commenta Patrizia Sterpetti: “I principi di base della Wilpf sono quelli di combattere le strutture di potere come il patriarcato, il colonialismo, l’ingiustizia sociale, il razzismo. Ha maturato un’esperienza secolare basata sul confronto tra donne diverse, provenienti da continenti diversi, con uno stile basato sulI’incontrarsi, scambiarsi le proprie esperienze e deliberare una risoluzione finale che verrà presentata nelle sedi diplomatiche o governative di competenza. Quindi lo stile di lavoro della Wilpf è una vera e propria palestra di diplomazia politica.

In Italia come Wilpf ci troviamo a confrontarci con una serie di problemi strutturali del nostro paese che sono da una parte una rappresentanza politica femminile minata dal sistema elettore, dall’altra è difficile una rappresentanza femminile di tipo femminista- pacifista- ecologista, perché questo è la triade che ci caratterizza, in quanto l’Italia è  atlantista e questa posizione è sicuramente un grosso ostacolo per il pacifismo.

Nell’attivismo della WILPF ci sono delle date fondamentali e la più recente mi sembra quella del 2017 quando la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN) ha ricevuto il Nobel Price “per gli sforzi pioneristici per raggiungere la proibizione di tali armi attraverso un trattato”* e la lega ha partecipato attivamente nelle negoziazioni fin dal 2008 quando il gruppo australiano è entrato a far parte della campagna ICAN.

L’esecutive director della campagnia Beatrice Fihn, nel suo discorso di ringraziamento nel ricevere il Premio Nobel, dice: “Un riconoscimento che è prima di tutto al lavoro silenzioso della società civile molto spesso ignorato. Ma dietro ogni cambiamento nelle politiche di governo c’è un grande numero di attivisti, di petizioni, di documenti, seminari, workshop e tutte queste cose sono davvero invisibili. Un impegno che ‘cambia le cose’ e che dobbiamo celebrare di più, evidenziare di più, raccontare di più, perché se non si fa nulla, i leader non agiscono da soli. La società civile è capace non solo di tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica ma anche di proporre opzioni e politiche concrete”.

Patrizia Sterpetti nel commentare il grande tributo che la società civile ha dato alle campagne nota come in Italia: “Il problema che abbiamo davanti è che le iniziative della società civile non vengono coperte dalla stampa italiana e dai media in generale. La società civile italiana è presente, ha una lunga tradizione di impegno civile ma oggi si trova ad essere limitata dalla generale caduta del livello culturale. E’ la formazione permanente che permette alle persone di sviluppare il senso critico e propositivo. Inoltre non aiuta il fatto che i media italiani non siano preparati a presentare in modo adeguato i fenomeni”.

Qual è la posizione della Wilpf International rispetto al riarmo massiccio verso l’Ucraina di quest’ultimo anno?

La Wilpf ha per statuto programmatico fin dal 1928, cioè fin dal suo terzo congresso internazionale, la necessità del disarmo totale. Ha sempre creduto nel dialogo tra società civile e scienziati; fin dal 1924 ha portato avanti il protocollo per la riduzione delle armi chimiche che dopo la prima guerra mondiale avevano aumentato la loro produzione rispetto a prima dello scoppio della guerra. Per l’abolizione delle armi nucleari ha attivato molte sinergie con le realtà ambientaliste fin dagli anni 80 per arrivare alla più recente campagna ICAN. Un altro settore in cui ci siamo distinte è stato quello di batterci per far entrare le donne nei processi del disarmo, oltre a quello del peace building, un settore da sempre ritenuto tabù per le donne. Noi abbiamo attivato un sito reaching critical wil che monitora costantemente lo stato del riarmo di ogni singolo paese, l’impatto che le armi, le guerre, la militarizzazione hanno sulle donne e ha un database su “Donne e disarmo”. Il sito è tenuto da due studiose, analiste e consulenti, ma la novità di questo sito è di rivolgersi alle donne che qui possono trovare informazioni sul disarmo.

L’intervista completa è su:

https://www.youtube.com/watch?v=oMd60IIKJK4&t=40s

*Si riferisce al trattato per la proibizione delle armi nucleari firmato il 7 luglio del 2017 da 122 Stati