L’essere riusciti a manifestare in uno spazio sicuro per tutti è la grande novità della festa dei lavoratori a Torino
Dopo gli accadimenti degli anni scorsi e in particolare dello scorso anno, c’è stata una forte pressione da parte delle forze politiche e della cittadinanza attiva di sinistra affinché non si ripetessero le carneficine degli anni scorsi, e in particolare quella dell’anno scorso, dove le FFOO hanno caricato senza che ci fosse alcuna tensione nel corteo.
C’è stato certamente un grosso lavoro per cercare di garantire ciò che è costituzionalmente sancito, ovvero la libertà di manifestare per tutti i cittadini.
I segnali non sono certo stati confortanti: dalla conferenza stampa nella sala delle colonne in Comune non sono arrivati segnali di distensione: “Porte aperte a tutti, ma fuori chi non ha nulla a che fare con la festa dei lavoratori” e dal Questore contro chi: “si rende protagonista di decennali attacchi alle forze di polizia nelle manifestazioni”. Si evince che si parlasse dei NoTav, che tanto poco piacciono al PD e in generale dei movimenti a difesa dell’ambiente, che sono bersaglio di diverse azioni giudiziarie.
Che la garanzia di manifestare in sicurezza sia stata frutto di relazioni e accordi tra le forze politiche di sinistra, la FIOM, la cittadinanza attiva, è dimostrata dalla schieramento del corteo. Oltre un’ora prima della partenza del corteo in piazza Vittorio c’è stato il consueto cordone di agenti schierati in tenuta antisommossa a chiusura di via Po e a divisione del corteo. La differenza è che quest’anno Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, Sinistra Anticapitalista, DemA, PCI, FIOM, Coordinamento Antifascista Torino, Giuristi Democratici, Centro Studi Sereno Regis, esponenti dell’ANPI, si sono schierati in piazza Vittorio, bloccata dalle FFOO, proprio davanti e a “protezione” dello spezzone sociale.
Un segnale politico chiarissimo oltre che un segnale di dinamica di piazza che non lasciava spazio ad alcun dubbio.
I temi denunciati dalla base sociale sono stati: le spese militari, l’esiguità degli investimenti in welfare, la mancanza di politiche sul diritto al reddito, l’emergenza abitativa, il governo Meloni, Confindustria.
Questo 1° maggio senza violenze da parte dello Stato è stata una vittoria democratica? Assolutamente no. Di fatto ci sono stati due cortei: la parte dietro il cordone di polizia, quella che si è schierata in piazza Vittorio; la parte schierata in via Po con la via libera verso piazza S. Carlo.
Il cordone di agenti che spezzava in due il corteo si è poi aperto alle 10 circa, la seconda parte del corteo ha sfilato con estrema lentezza, per non arrivare in pazza S. Carlo durante gli interventi dal palco dei sindacati confederali e questo dimostra il senso di responsabilità, e di convergenza negli accordi, dello spezzone sociale per garantire uno spazio sicuro a tutti i manifestanti. In via Roma angolo via Principe Amedeo (teatro l’anno scorso delle cariche plurime contro i manifestanti) la seconda parte del corteo ha dovuto attendere il via libera dalla Questura per poter arrivare in piazza S. Carlo, con gli agenti antisommossa schierati sotto i portici, evidentemente pronti ad intervenire, come l’anno scorso.
L’accordo è stato proprio questo: in piazza non deve arrivare lo spezzone sociale durante gli interventi dal palco dei confederali, a conferma del motivo delle cariche degli scorsi anni, ovvero impedire alla base sociale di arrivare in piazza S. Carlo prima della fine degli interventi. E’ di tutta evidenza che la democrazia ha perso e che i confederali dimostrano di avere una visione egemonica, aspetto francamente surreale, del loro ruolo nella festa dei lavoratori, l’esatto contrario della democrazia. Questa “tigna” autoreferenzialista continua sfacciatamente nonostante la ormai stringente pressione democratica a cui i confederali “del palco” sono sottoposti a Torino.
Lasciamo giudicare al lettore quanto ciò possa essere vergognoso.