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Primo Maggio a Portella della Ginestra per commemorare la strage del 1° maggio del 1947 in cui furono trucidate 11 persone, tra braccianti, contadini, donne e bambini

La Cgil Palermo e l’Flc Cgil, da Portella, in quella che tradizionalmente è una giornata di lotta e di mobilitazione e non solo di festa, tornano a chiedere che i temi del lavoro vengano messi al centro dell’agenda politica. “Commemorare questa strage per noi significa tradurre la lezione sempre attuale di lotta per la libertà, i diritti e per la democrazia  in fatti concreti e  fare in modo che l’attenzione al mondo del lavoro sia continua – dichiarano il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e il segretario Flc Cgil Palermo Fabio Cirino –  Essere a Portella, dove la mafia trucidò  donne, uomini, vecchi e  bambini significa rivendicare i diritti, mobilitarci contro il precariato e lo sfruttamento, contro tutte le mafie, le violenze, le discriminazioni e di genere, contro tutti i fascismi e i razzismi. Non è solo memoria. E come l’anno scorso siamo qui per ricordare l’impegno per la Pace, condizione per il futuro dell’umanità”. «Il cambiamento che invochiamo, da queste pietre, come ogni anno da 130 anni, dal tempo dei fasci siciliani, deve migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone. Cambiamento – aggiungono Ridulfo e Cirino – significa realizzare un sistema produttivo che coniughi sviluppo con ambiente sostenibile, crescita con giustizia sociale, lavoro con diritti. Cambiamento significa combattere le disuguaglianze, significa fare le scelte giuste, significa sostenere il lavoro, significa rinnovare i contratti nazionali di lavoro, significa assumere nella pubblica amministrazione, nella sanità le più giovani e migliori competenze, significa cogliere adesso la storica occasione, per certi versi irripetibile, almeno nel breve termine, che è rappresentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Significa liberare le persone e il lavoro da una condizione precaria». Numerose le adesioni in arrivo alla manifestazione, tra le quali quella di Arci, Anpi, Udu, del “presidio delle donne per la pace” e delle tante associazioni coinvolte nel corso dell’anno nel percorso di mobilitazione. E sarà presente alla giornata di mobilitazione della Cgil a Portella Adelmo Cervi, figlio di Aldo Cervi, uno dei 7 fratelli Cervi torturati e uccisi dai fascisti il 28 dicembre di 80 anni fa. Tra le adesione quella del presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Vittorio Di Trapani. La Fnsi parteciperà per la prima volta alla manifestazione assieme a una delegazione provinciale e regionale di giornalisti, guidata dal segretario Assostampa Sicilia Giuseppe Rizzuto e dal segretario Assostampa Palermo Gianluca Caltanissetta. “La conoscenza coltiva la memoria e i diritti” è anche il titolo del concorso che la Flc Cgil Palermo, la Cgil Palermo e la Flc Cgil nazionale hanno bandito nelle scuole di ogni ordine e grado di Palermo nell’ambito delle iniziative correlate alla 76° commemorazione della strage di Portella. I nomi delle scuole vincitrici, con lavori individuali o di gruppo, saranno resi noti il 30 aprile. E il 30 maggio si terrà la premiazione presso la sede della Camera del Lavoro di Palermo.

comunicatoCGIL

 

Per andare a Roma hanno perso una giornata di lavoro, hanno SCIOPERATO, una cosa che troppi italiani bianchi hanno dimenticato come fare. I più sfruttati hanno lanciato il sasso e aperto la strada all’opposizione sociale e politica scendendo in piazza contro il decreto Cutro e le politiche razziste, xenofobe e violente del Governo Meloni

Nella mattinata di venerdì scorso a piazza dell’Esquilino si sono mobilitati migliaia di lavoratori e lavoratrici migranti (provenienti non solo dal sud), organizzati da “Non sulla nostra pelle”, per rivendicare i loro diritti, a cominciare dal ritiro del “decreto Cutro”, provvedimento che certamente non risolve nessuno dei problemi relativi all’immigrazione ma, anzi, li aggrava. Alla testa al corteo c’erano le donne spesso vittime di tratta, abusate da uomini di ogni colore, sfruttate nei campi, nelle case altrui, nei negozi. Donne ipocritamente definite essenziali durante la pandemia e oggi tornate ad essere vite di scarto per la propaganda governativa. “Il Governo vorrebbe dividerci secondo linee di colore, vorrebbe rendere i lavoratori e le lavoratrici di origini straniere più ricattabili sul territorio. E vorrebbe lasciare loro e i loro figli, i nuovi italiani, in un limbo giuridico. Perché, al di là della propaganda sul “blocco navale”, i neofascisti vogliono perseguire la stessa politica degli altri Governi precedenti: rendere loro ricattabili, obbligarli ad accettare qualsiasi lavoro, per renderci tutti più deboli e sfruttabili dal padrone di turno. E per farlo, per emanare il suo Decreto Immigrazione, ha strumentalizzato la morte di 94 persone a Cutro, uccidendole due volte. Nella giornata di protesta al Governo Meloni.

comunicato Non sulla nostra pelle

 

Il ponte sullo stretto opera di rilevante valenza militare in ambito NATO: un cavallo di Troia per legittimare l’ulteriore escalation bellicista

Dopo l’assist pro-Ponte del direttore di Limes, Lucio Caracciolo, che in un articolo su La Stampa del 7 dicembre 2022 aveva enfatizzato che l’opera avrebbe assicurato la continuità continente-Sicilia in chiave geostrategica a supporto delle installazioni come il MUOS di Niscemi, la base aeronavale di Sigonella e Pantelleria, pare che anche il governo Meloni-Crosetto-Salvini abbia sposato l’idea che il collegamento stabile tra Scilla e Cariddi sia fondamentale per le proiezioni delle forze armate italiane e straniere nei futuri scacchieri bellici internazionali. Lunedì 17 aprile, durante le audizioni davanti alle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera dei deputati (nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto n. 35 del 2023 con cui risorge a nuova vita il Ponte sullo Stretto), Paolo Amenta, sindaco di Canicattini Bagni (Sr) e presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) ha dichiarato che il Ponte “potrà avere una funzione di opera strategica se accompagnata, oltre che dall’alta velocità, da adeguate infrastrutture viarie che colleghino il resto d’Italia con le aree turistiche e con gli aeroporti e i porti di Gioia Tauro, Augusta e Gela, attraverso un sistema intermodale”. Amenta ha però aggiunto che “l’ANCI Sicilia è stata colpita che tra le principali motivazioni per la realizzazione dell’opera indicate nella relazione che accompagna il disegno di legge di conversione del decreto, viene indicata quella di favorire la mobilità militare”. E in verità nella relazione presentata alle Camere il 31 marzo scorso dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini (di concerto con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti) si legge alle pagg. 1-2 che “Il Ponte sullo Stretto costituisce inoltre un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi militari NATO nell’Italia meridionale”. Non possiamo ancora una volta che ribadire quanto abbiamo più volte denunciato in passato: il Ponte sullo Stretto di Messina non è solo un’infrastruttura devastante dal punto di vista sociale, economico e ambientale ma è anche il cavallo di Troia per legittimare l’ulteriore escalation del processo di militarizzazione e riarmo della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia, accelerando la conversione del territorio in piattaforma avanzata per le operazioni di guerra e distruzione del pianeta.

nota  Spazio NoPonte

 

Autonomia differenziata, istruzioni per dividere l’Italia e renderci tutti più poveri: un progetto scellerato, una riforma catastrofica che avrebbe enormi ripercussioni sulla vita delle persone, perché distruggerebbe lo stato sociale e condannerebbe il Sud a divenire sempre più povero

Se ne è parlato ieri pomeriggio a Catania sula scalinata Alessi, in una assemblea organizzata da molte associazioni aderenti al Tavolo NO AD contro qualsiasi forma di autonomia differenziata. Non è un problema nuovo, ha origine nella riforma del titolo V della Costituzione, approvata nel 2001 da un governo di centrosinistra, che ampliava le competenze legislative delle regioni. E’ stato poi il governo Gentiloni, nel 2018, a siglare le tre pre-intese (accordi preliminari) con le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, intenzionate ad ottenere la potestà legislativa assoluta sulla maggior parte delle materie (sanità, istruzione, ambiente, lavoro, … ) su cui attualmente Stato e regione legiferano in modo ‘concorrente’. Cosa accadrà quando lo Stato non avrà più voce in capitolo e non potrà stabilire le norme generali a cui le regioni devono attenersi? Accadrà che sarà spezzata l’unità del paese e ogni regione avrà la sua sanità, la sua istruzione, le sue leggi sul lavoro e sull’ambiente e persino sul rapporto con l’Europa. Diremo di fatto addio ai principi costituzionali e all’unità del Paese. Diremo addio anche alla perequazione perché le regioni che hanno chiesto l’autonomia intendono trattenere per sé il gettito fiscale dei cittadini residenti e non lasciare che una parte vada nel fondo perequativo che la Costituzione stessa vuole vedere utilizzato “per i territori con meno capacità fiscale” (art.119), in un’ottica mutualistica e cooperativa. Ma di tutto questo non si parla. Il silenzio dei mezzi di informazione è pressocché totale. Ecco perché il problema che si pone, e di cui ieri si è anche discusso, è quello di fare circolare le informazioni e di spiegare al maggior numero di cittadini quali sarebbero le conseguenze della approvazione di una riforma che non potrà essere soggetta a modifiche o cancellazioni. Nata infatti come accordo ‘privato’ tra Stato e Regione, l’intesa potrà essere modificata solo da un nuovo accordo tra le parti. Il Parlamento ne è tenuto fuori e non è prevista neanche la possibilità di un referendum abrogativo. Siamo, perciò, solo all’inizio di un percorso nel quale dobbiamo impegnarci a trovare soluzioni creative e condivise, uscendo dal giro di chi è già informato e convinto, unendo sud e nord del Paese nella consapevolezza che la solidarietà non solo è un fondamentale valore comune, ma è l’unica strada per garantire migliori condizioni di vita per tutti.

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Palermo, operatori sanitari dell’Ospedale Cervello in sciopero della fame: presidio permanente per i diritti al lavoro e alla salute! 

Dopo un ignobile rimbalzo di responsabilità tra Regione Sicilia e Azienda ospedaliera, l’Ospedale Cervello/Villa Sofia di Palermo ha deciso di non prorogare i contratti CoCoCo in scadenza il 30 aprile per 56 Operatori Socio Sanitari assunti durante l’emergenza Covid. Le lavoratrici e i lavoratori sono in sciopero della fame e presidio permanente davanti all’assessorato alla Salute della Regione Sicilia. È inammissibile che all’interno di una Sanità martoriata come quella siciliana si perdano altri operatori sanitari, è uno schiaffo dato in faccia tanto ai lavoratori quanto ai siciliani tutti, che ogni giorno combattono contro una Sanità regionale che non riesce a garantire minimamente il diritto alla salute. La situazione risulta ancora più surreale se si pensa al fatto che questi lavoratori hanno il sacrosanto diritto alla stabilizzazione! Infatti, dopo le battaglie condotte dall’USB è stata inserita, all’interno del decreto Milleproroghe 2023, la possibilità di stabilizzazione per i lavoratori che avevano prestato servizio durante l’emergenza pandemica anche con contratti “flessibili” come i CoCoCo. In definitiva ci sono quindi sia le norme nazionali che permettono la stabilizzazione dei 56 OSS, sia la necessità della loro permanenza in servizio visto l’assoluto bisogno di forza lavoro all’interno del SSR Siciliano.  Quella che manca è la volontà politica da parte della Regione Sicilia e dell’Ospedale Cervello Di Palermo per procedere alle stabilizzazioni. Chiediamo che ognuno a questo punto si assumi le proprie responsabilità! Che spieghi ai lavoratori e alle loro famiglie il perché non sono stati stabilizzati, che spieghi ai siciliani perché non hanno il diritto di accedere ad un Sistema Sanitario degno di questo nome. La lotta che USB sta conducendo al fianco dei lavoratori dell’Ospedale Cervello, non è solo la lotta per la tutela di posti di lavoro, ma è la lotta dei Siciliani tutti per il diritto alla salute, ed anche per questo non possiamo permetterci di perderla.

comunicato USB Sanità \ USB Palermo