L’avvocata sudafricana moglie del fondatore di WikiLeaks riceve a Napoli il premio Pimentel Fonseca e apre il Festival del giornalismo civile “Imbavagliati”. Ieri a Roma, nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, ha partecipato alla presentazione del libro-inchiesta dell’ex relatore Onu sulla tortura Nils Melzer, “Il processo a Julian Assange. Storia di una persecuzione” appena edito da Fazi
Il segreto è il cuore del potere secondo Elias Canetti. Una riflessione che torna in mente ascoltando le parole di Stella Moris, moglie di Julian Assange, che ha aperto l’ottava edizione di “Imbavagliati”, Festival Internazionale di Giornalismo Civile, in programma a Napoli fino a sabato, all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. All’avvocata sudafricana, difensore dei diritti umani, è stato consegnato il Premio intitolato a Eleonora Pimentel Fonseca. Dopo essersi detta onorata per il riconoscimento, Moris ha sottolineato come sia “assolutamente cruciale far sì che non si spengano i riflettori sulla vicenda di Julian, imprigionato da quattro anni in un carcere di massima sicurezza di Londra, in realtà privato della libertà da oltre un decennio”.
“E’ molto provato fisicamente e psicologicamente – ha spiegato – anche a causa della minaccia di estradizione verso il Paese che ha calpestato i suoi diritti, gli Stati Uniti”. Moris ha poi evidenziato quanto sia importante che la comunità dei giornalisti di ogni paese “lo riconosca come un collega, dato che nessun governo dovrebbe decidere chi è giornalista e chi no”. La colpa di Assange è di aver divulgato notizie e filmati sui crimini di guerra compiuti nei conflitti in Iraq e in Afghanistan dai soldati americani e di aver reso noti gli orrori della prigione di Guantanamo, attraverso centinaia di migliaia di file riservati del Pentagono, della Cia e della Nazional Security Agency (Nsa). WikiLeaks, associazione di cui è cofondatore, dal 2006 pubblica infatti documenti da fonti anonime e informazioni segrete dei governi di diversi paesi. Ma finora dagli Usa non è mai giunta alcuna testimonianza del fatto che – tramite le sue rivelazioni – Assange abbia messo in pericolo qualcuno. Moris ha invitato tutti a non lasciarsi confondere dai “tecnicismi giuridici” e a riconoscere che la drammatica vicenda di suo marito rappresenta una violazione dei diritti umani.
Nata nel 1983 a Johannesburg da madre spagnola e padre svedese, l’attivista ha vissuto tra Svezia, Spagna e Regno Unito, dove ha studiato Legge e Scienze Politiche (Soas, Oxford). Ha conosciuto Assange nel 2011, quando si è unita al suo team legale internazionale; la coppia ha avuto due figli. Stella e Julian si sono sposati l’anno scorso nella prigione di Belmarsh, dove il giornalista australiano è rinchiuso in isolamento, dovendo affrontare violazioni del diritto a un giusto processo, prove manipolate, tortura psicologica, sorveglianza costante, diffamazioni e intimidazioni. Un vero e proprio calvario che Daniel Ellsberg, whistleblower dei Pentagon Papers ha chiamato “lo scandalo giudiziario del secolo”.
Prima di Napoli Moris si era recata a Roma, nella sede della Federazione della Stampa Italiana, per partecipare alla presentazione del volume dello svizzero Nils Melzer (classe 1970), ex relatore Onu sulla tortura e autore di “Il processo a Julian Assange. Storia di una persecuzione”, appena edito da Fazi. Il suo saggio-inchiesta fa giustizia di molti preconcetti e falsità dette nel corso degli ultimi anni e vuole essere “un appello urgente, un monito rivolto alla comunità internazionale degli Stati perché il sistema di tutela dei diritti umani da essi stabilito non funziona”. E aggiunge che “nel momento in cui dire la verità sarà diventato un crimine vivremo tutti nella tirannia”.
“La verità è la nostra difesa – ha precisato Moris. “Voglio che Julian torni a casa quanto prima. La sua battaglia per la libertà riguarda tutti noi e l’attacco a lui rivolto è un attacco a coloro che desiderano raccontare la verità. Il 3 maggio sarà la giornata mondiale della libera informazione e vi chiedo in quella occasione di ricordare Julian”. Il presidente della Fnsi Vittorio di Trapani ha espresso la vicinanza del sindacato al giornalista australiano: “L’interesse pubblico viene prima di ogni altro diritto. Non può e non deve essere giudicato un crimine”. Di Trapani ha anche annunciato che “fin da ora una ventina di sindacati nazionali europei dichiareranno Assange iscritto nelle loro liste. “Raccontate le violazioni che sono descritte in questo libro – ha detto esortando i cronisti in sala – raccontate le denunce fatte da lui che gli sono valse questa persecuzione politica”.
All’incontro sono intervenuti – fra gli altri – il fondatore di Articolo 21 Beppe Giulietti, Elisa Marincola portavoce dell’Associazione, Vincenzo Vita del comitato FreeAssange Italia, la giornalista Stefania Maurizi autrice di Il potere segreto pubblicato da Chiarelettere su Assange e Wikileaks. Presenti inoltre Luigi de Magistris, ex magistrato e sindaco di Napoli, ora referente di Unione Popolare e l’ex pentastellato Alessandro Di Battista, che ha in programma a breve uno spettacolo sull’incredibile storia del giornalista australiano, intitolato “Colpirne uno per educarne cento”.
Le vicende giudiziarie legate a WikiLeaks aprono in effetti molti interrogativi sul futuro del giornalismo d’inchiesta. Il verdetto britannico potrebbe portare all’estradizione negli Stati Uniti di Assange, che rischia un’imputazione per 18 reati, tra cui quello di spionaggio, perseguibile secondo l’Espionage Act del 1917, con pene complessive fino ai 175 anni di carcere. Appelli per la sua liberazione si stanno ormai moltiplicando in ogni parte del mondo. Ma il nodo della questione resta il segreto di Stato, ultimo fortino dietro cui i governi dei paesi possono trincerarsi. Una via di fuga dalla verità, segno di una democrazia fragile e in pericolo, oltre che di cattiva coscienza.