La “questione casa” è da sempre attraversata da povertà, disagi e tensioni: basso livello dei salari, incompatibili con il costo della vita; esclusione prolungata dal mondo del lavoro, specie dei soggetti più vulnerabili; episodi di sottoccupazione, di scarsa qualità dei lavori disponibili o di prolungata precarietà; aumento dei canoni di affitto e costi elevati degli immobili, insostenibili specialmente per le giovani generazioni; episodi di gentrification che cambiano radicalmente la composizione urbanistica e sociale di interi quartieri; degrado di alcune zone urbane che non assicura soluzioni abitative e residenziali decorose, stabili e fruttuose e così via. Alcuni dati possono aiutarci a cogliere la complessità della questione.
Secondo i dati dell’ISTAT, 18,2 milioni di famiglie italiane (il 70,8% del totale) sono proprietarie della casa in cui vivono, mentre 5,2 milioni (20,5%) sono in affitto e 2,2 milioni (8,7%) hanno un’abitazione in usufrutto o a titolo gratuito. Chi paga un mutuo rappresenta il 12,8% (circa 3,3 milioni di famiglie). L’affitto è più diffuso tra le famiglie meno abbienti: nel quinto di famiglie più povero, la percentuale di quelle in affitto è del 31,8%, mentre scende all’11,3% tra i nuclei più benestanti. A vivere in affitto sono soprattutto gli stranieri (in questo gruppo la percentuale sale al 68,5%), le persone sole con meno di 35 anni (47,8%) e le giovani coppie senza figli (39,9%). E in quali condizioni abitative vivono queste famiglie? Un indicatore rilevante è il tasso di sovraffollamento, che indica la percentuale di nuclei che non dispongono di un numero di stanze adeguato alla loro composizione. In Italia, il tasso di sovraffollamento medio è del 20,2% (superiore rispetto alla media europea del 17,5%), e la percentuale sale al 35,6% per le famiglie in affitto. Un’altra questione da considerare sono le spese per l’abitazione (affitto o interessi passivi sul mutuo, ma anche bollette e condominio): le famiglie in affitto spendono mediamente 579 euro al mese, contro i 263 euro di quelle proprietarie. Questi costi rappresentano una parte significativa del bilancio familiare: le famiglie più povere spendono per la casa il 32,3% delle loro entrate, contro il 6,6% di quelle più abbienti. Il Rapporto Povertà 2022 della Caritas conferma la criticità della questione casa in Italia, registrando che le persone senza dimora incontrate nel 2021 sono state complessivamente 23.976, ovvero il 16,2% degli assistiti, con un incremento di +1.500 persone rispetto alle rilevazioni del 2020. Inoltre, la vulnerabilità legata all’abitazione ha riguardato il 20,9% degli utenti Caritas e, fra questi, il 43,5% è risultato totalmente privo di una abitazione. Sono soprattutto nuclei familiari a basso reddito, lavoratori a termine, persone con morosità, anziani, giovani e immigrati a veder compromessa la propria qualità della vita, in mancanza di una prospettiva certa legata alla casa.
Case che sono sempre più proibitive: secondo un’indagine di una società di intermediazione e servizi immobiliari specializzata sulle nuove residenze, condotta a Milano, Roma, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo e Torino, per affittare un bilocale di 70 mq oggi si spendono in media 945 € al mese, escluse le spese condominiali, anche se il prezzo varia molto in base alla zona: si parte da 580 euro nelle aree periferiche per arrivare a 1.070 euro in centro. E mentre i prezzi delle case crescono, i salari invece calano: nel 2021 le famiglie avevano un reddito netto medio annuo d 32.812 euro (circa 2.700 euro al mese), sceso quasi del 2% rispetto all’anno precedente. Anche qui le differenze territoriali sono marcate: si va dai 36.418 euro del nord-est ai 27.053 euro di sud e isole. Intanto, fioccano gli sfratti: nel 2022 gli sfratti eseguibili in Italia erano circa 150 mila, il 90 per cento eseguibili per morosità.
E l’emergenza casa colpisce anche gli studenti: tra il 2015 e il 2019, il numero degli studenti fuorisede è cresciuto costantemente, passando da 784.000 a oltre 830.000 unità, evidenziando ancora di più la carenza strutturale di posti letto per studenti fuori sede. Nel nostro Paese, l’offerta complessiva di posti letto ammonta a circa 62.000 unità, di cui oltre il 90% in strutture pubbliche o convenzionate (c.d. offerta ‘istituzionale’). L’attuale disponibilità di alloggi per studenti copre, dunque, meno dell’8% dei fuori sede. Si tratta di un valore nettamente inferiore rispetto a quello registrato in Francia (23%), Germania (14%) e Spagna (11%)5 , la cui dotazione di student housing è decisamente più corposa. A Bologna si affittano agli studenti divani a 450 € al mese, così è stato denunciato di recente dal collettivo bolognese in una manifestazione contro l’inaugurazione di un nuovo studentato privato “di lusso” con camere singole a 800€ al mese.
Eppure, nel nostro Paese le case non mancano di certo: nel 2019 ben 10 milioni di case erano vuote, pari al 30%. La regione con la maggior incidenza di abitazioni non occupate è la Valle d’Aosta con il 56,73%. Seguono Molise (46,66%), Calabria (44,54%) e Abruzzo (41,11%). Quelle con il minor numero di case senza residenti si trovano nella provincia autonoma di Bolzano (24,19%), in Lombardia (23,70%) e in Lazio (21,72%). Secondo l’Istat, il 34,8 per cento delle 8,2 milioni di abitazioni nelle regioni del Sud e il 37,8 per cento delle 4,3 milioni abitazioni nelle Isole non è abitato in modo continuativo. Nel complesso, quasi il 36 per cento delle abitazioni nel Mezzogiorno è inabitato. Nelle regioni del Centro questo dato scende al 24,8 per cento, con 1,7 milioni di case inabitate su 6,8 milioni di abitazioni, mentre nelle regioni del Nord-Est è del 25,6 per cento su 6,7 milioni di abitazioni. Nelle regioni del Nord-Ovest è del 28,2 per cento su circa 10 milioni di case. Il numero delle abitazioni non occupate in modo continuativo è destinato a crescere a causa della crisi demografica. Mentre anche per il 2022 l’ISTAT certifica una crescita, seppur modesta, del comparto delle costruzioni: https://www.istat.it/it/archivio/283486. Per non parlare della tanta edilizia abbandonata: sono oltre 750 mila le strutture immobiliari in condizione di abbandono (palazzi, ville, edifici ecclesiastici, strutture industriali), oltre a 6 mila chilometri di ferrovie inutilizzate, circa 1.700 stazioni ed un elevato numero di strutture pubbliche di grandi metrature, come ospedali, caserme e sanatori non più utilizzati. Un valore tacito e dormiente che necessita di comunità intraprendenti capaci di progettare forme inedite di gestione comunitaria.
Di fronte a numeri decisamente allarmanti (e senza parlare della qualità dell’abitare strettamente connessa al consumo energetico, oppure della cosiddetta finanziarizzazione del mattone o della rendita immobiliare, sempre più favorite e agevolate) le destre al governo –tra le tante iniziative legislative e finanziarie che andrebbero messe in campo -non trova niente di meglio che inventarsi –nientepopodimenoché– tre proposte di legge ora in Commissione Giustizia della Camera presentate dalla Lega e da Fratelli d’Italia che puntano a colpire quei movimenti che soprattutto nelle grandi città da anni si battono per il diritto alla casa, occupando le grandi proprietà lasciate sfitte per combattere la rendita e rivendicare un alloggio, prevedono l’arresto immediato, una condanna penale tra i cinque e i nove anni di carcere, nonché una sanzione di 25.000 euro e lo sgombero da effettuarsi entro 48 ore. Siamo alle solite: le questioni sociali, il dissenso, i diritti, le migrazioni e le povertà si affrontano con la repressione e l’inasprimento delle pene. Per fortuna, rispetto alle politiche dell’abitare ci sono anche altri approcci, come quello degli Assessori alla Casa di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Verona, Padova, Parma, Lodi e Bergamo, che al termine del workshop “Un’alleanza municipalista per una politica nazionale sulla casa”, organizzato di recente a Bologna, hanno chiesto al governo: una legge quadro sull’edilizia pubblica e sociale; la restituzione gratuita ai Comuni degli immobili statali inutilizzati per utilizzo abitativo; il rifinanziamento dei fondi Locazione e Morosi Incolpevoli; una legge di regolamentazione per governare gli impatti degli affitti brevi turistici; una misura nazionale che riconosca strutturalmente l’emergenza abitativa e come fragilità cui dedicare interventi e risorse.
Nel manifesto di proposte gli Assessori si sono purtroppo dimenticati di inserire anche le misure per dire immediatamente “STOP al Consumo di Suolo!”.https://www.anci.it/gli-assessori-alla-casa-delle-citta-ecco-le-nostre-cinque-proposte-per-invertire-la-tendenza/.
La questione abitativa non può essere affrontata come questione di ordine pubblico. Gli affitti brevi per uso turistico, che stanno progressivamente impattando sull’intero sistema abitativo, i problemi degli studenti fuori sede ai quali viene negato il diritto all’istruzione perché i costi dell’abitare sono insostenibili, la paradossale e troppo lunga vicenda degli immobili dismessi di proprietà di enti statali o parastatali, diventati autentici buchi neri nelle città, le esigenze dei cittadini migranti o che usufruiscono di protezione internazionale, l’insensato ed incessante consumo di suolo, le crescenti povertà, tra cui quella abitativa, non si possono nascondere dietro il patetico scudo del codice penale.