E’ stato presentato qualche giorno fa il Rapporto tematico del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale sul regime speciale ex articolo 41-bis dell’Ordinamento penitenziario. Un Rapporto che quest’anno ha una valenza particolare, in quanto oltre a fornire alla pubblica opinione informazioni sui reparti destinati al 41-bis, facendo scoprire come funzionano, offre anche agli “addetti ai lavori” materiali di approfondimento per cercare di superare quelle semplificazioni alle quali troppo spesso l’attualità del caso Cospito sta costringendo di questi tempi un po’ tutti, per ricondurre il dibattito sul 41-bis ad una corretta impostazione giuridica e politica.
Partiamo dall’attuale situazione: al 27 febbraio 2023 le persone detenute sottoposte al regime speciale ex articolo 41-bis co. 2 o.p sono 740; di esse 12 sono donne. Queste persone sono distribuite in 60 reparti all’interno di 12 Istituti. I reparti predisposti sono attualmente 63, anche se tre di essi non sono ancora operativi. All’interno delle 740 posizioni giuridiche, si evidenziano 613 posizioni di definitività (di cui 159 in situazione mista, ma con almeno una condanna definitiva); le rimanenti sono in misura cautelare (alcune delle quali in più procedimenti). Scontano la condanna all’ergastolo 204 persone detenute in regime speciale; mentre 6 sono internate in misura di sicurezza all’interno di una struttura definita come “Casa di lavoro” e sono sottoposte anch’esse a tale regime. Tra le persone sottoposte a tale regime speciale, ve ne sono 26 ricoverate nelle apposite aree all’interno dei Servizi integrati di assistenza intensiva (Sai), 8 delle quali nelle aree per persone con disabilità. Inoltre, 2 persone sono ricoverate in ospedale. “Le persone sottoposte al regime speciale – si legge nel Rapporto- trascorrono le limitate ore all’aperto o in una stanza cosiddetta “di socialità” in gruppi composti al più di quattro persone. Le persone componenti il singolo gruppo sono stabilite dall’Amministrazione penitenziaria in base a criteri di sicurezza e di interruzione di comunicazione tra organizzazioni criminali, così come previsto dalla lettera f) del comma 2-quater dell’articolo 41-bis o.p. e attuato attraverso l’articolo 3.1 della più recente circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria sul regime speciale che stabilisce che nella determinazione dei gruppi di socialità il direttore dell’Istituto preveda la limitazione degli incontri tra i vertici delle medesime famiglie, di gruppi alleati o di gruppi contrapposti; tenga conto altresì delle emergenze investigative e processuali, delle situazioni della criminalità organizzata e dell’assetto unitario dei diversi gruppi criminali; eviti di ammettere alla socialità in comune detenuti o internati che abbiano già avuto periodi di permanenza in comune; eviti contatti tra nuovi entrati nel circuito e detenuti o internati da più tempo sottoposti al regime; eviti contatti tra i personaggi di spicco. Inoltre, la corrispondenza (includente tutti servizi delle Poste italiane) in entrata e in uscita è sottoposta a visto di censura8 , salvo quella con i membri del Parlamento o con Autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia; i colloqui con i familiari sono limitati a uno al mese, sono videoregistrati e avvengono con un vetro di separazione per evitare il passaggio di oggetti o messaggi. Fanno eccezione a tale separazione i figli o i nipoti di età inferiore a 12 anni. In alternativa al colloquio, è autorizzata una telefonata al mese, anch’essa sottoposta a registrazione. I colloqui visivi con i difensori sono effettuati senza vetro divisorio e, analogamente alle telefonate, non sono soggetti a registrazione o a controllo uditivo e non hanno limiti di durata e di frequenza”.
La reiterazione del regime speciale. L’applicazione reiterata e continua del regime di detenzione speciale è il dato di fatto che connota più di ogni altro lo stato attuale dell’istituto previsto dall’articolo 41-bis co.2 o.p.. L’analisi condotta sugli anni compresi tra il 2012 e il 2022 attesta, infatti, una media di 731 persone detenute nel regime speciale e scarse variazioni tra il numero minimo di 699, registrato nel 2012, e le punte massime di 753 e 756, raggiunte rispettivamente nel 2019 e nel 2020. Il dato dell’ultimo anno (2022) riporta 28 nuove applicazioni del regime speciale e 13 riapplicazioni del regime stesso; simmetricamente le declassificazioni sono state 12 (di cui due per collaborazione con la giustizia). “Nel corso delle proprie visite, si legge nel Rapporto, il Garante nazionale ha riscontrato un considerevole numero casi di persone soggette costantemente al regime dell’articolo 41-bis comma 2 o.p. da oltre 20 anni, a volte dall’inizio della detenzione”. Una situazione questa che “indica frequentemente, quale fonte della cristallizzazione, l’apparato motivazionale riportato nei provvedimenti ministeriali che ne determinano la proroga nei confronti della singola persona. Un apparato motivazionale che, come riscontrato nel corso delle visite, si risolve correntemente nell’affermazione della «assenza di ogni elemento in senso contrario» alla capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva, in adesione letterale alla formula della norma che su questo parametro fonda la reiterabilità del regime”.
Le pene temporanee. Connessa alla questione della reiterazione del regime speciale è quella della sua applicazione per tutto il corso di pene temporanee, fino al termine dell’esecuzione della condanna, in forza di decreti di proroga che vengono emessi anche quando il loro termine di durata supera la data di fine pena. Una situazione paradossale: quella che si determina con la permanenza di misure che escludono ogni contatto con il mondo esterno fino al giorno in cui la persona che vi è soggetta rientra nel mondo esterno con la disponibilità piena delle libertà di movimento e di contatto. Una situazione che segna un punto di crisi della ratio della reiterazione dei decreti applicativi del regime detentivo speciale, non soltanto in relazione alla sua specifica finalità ma anche e soprattutto in considerazione del previsto e necessario reinserimento della persona nel contesto civile. “Il fenomeno è tutt’altro che marginale nel quadro dell’adozione dell’istituto del 41-bis comma 2 o.p.: alla data attuale, si certifica nel Rapporto, su 740 persone sottoposte al regime speciale, 454 sono in posizione definitiva, senza ulteriori titoli di detenzione non definitiva. Di queste 454 persone, 204 sono condannate all’ergastolo: 250, quindi, sono persone che stanno eseguendo una condanna a una pena temporanea. Nello scorso anno (2022) 28 persone detenute sono state scarcerate direttamente dal regime speciale ex articolo 41-bis o.p. 44. Nell’anno in corso, tra aprile e dicembre, almeno 9 di queste 250 persone usciranno dal carcere, dalla sezione del 41-bis o.p., per il termine dell’esecuzione della pena inflitta”.
Le condizioni detentive. Il Garante nazionale denuncia in questo caso di aver riscontrato “condizioni materiali e scelte edilizie che per la loro configurazione possono comportare una ricaduta sulle capacità psico-fisiche delle persone ristrette, rischiando di assumere di fatto una connotazione di ‘pena corporale’, non consentita dal nostro ordinamento, anche come implicita conseguenza del comma 4 dell’articolo 13 della Costituzione”. Evidenziando che: “la miseria di molti cortili, la presenza ossessiva di grate a copertura degli stessi e le mancate soluzioni, anche di facile adozione, per dare maggiore aria naturale alle stanze riscontrate in taluni Istituti, lasciano realmente perplessi e stridono con analoghe situazioni riscontrate in altri, pur sempre nelle sezioni a regime speciale”.
Nelle note conclusive del Rapporto e nelle numerose raccomandazioni espresse il Garante auspica che ci si interroghi sulle modalità applicative del regime speciale, dopo tre decenni della sua applicazione e che la riflessione venga guidata dal criterio di mantenere tale regime nei confini definiti dalla Corte costituzionale, assicurando il rispetto delle Raccomandazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa. Una riflessione che deve coinvolge sia l’ambito legislativo, sia quello amministrativo sia, infine, le prassi che ne determinano la concreta attuazione.
Qui il Rapporto del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale sul 41-bis: https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/81392cecb9caabacb60ff014573ca074.pdf.