Nel Documento di Economia e Finanza (DEF) approvato l’11 aprile scorso dal Consiglio dei Ministri ci sono alcune interessanti tabelle con dati e grafici, soprattutto per le proiezioni fino all’anno 2070. Il confronto tra i dati attuali e quelli previsti nei prossimi 50 anni, rivela qual è la prospettiva e la visione dell’Italia che verrà.
Anzitutto è previsto che fino al 2070 le spese pubbliche saranno superiori alle entrate pubbliche. Il che significa che il bilancio dello stato italiano continuerà a chiudere in rosso ogni anno.
Nel 2020 le spese sono state il 57% del Prodotto Interno Lordo (PIL), mentre le entrate sono arrivate soltanto al 47,3%. Nel 2045 si prevede una spesa del 55% ed entrate pari al 47,6%. Nel 2070 le spese scenderanno al 51,5%, mentre le entrate resteranno al 47,6%. Ci sarà comunque ogni anno un deficit.
Di conseguenza non stupisce la previsione del costo per gli interessi sul debito pubblico. Nel 2020 è stata del 3,5% del PIL, nel 2045 arriverà al 7,1% (il doppio!) e nel 2070 scenderà al 6,4%. La media della spesa per interessi tra il 2020 e il 2070 sarà superiore al 6% annuo rispetto al PIL. In 50 anni significa che l’Italia sborserà oltre il 300% del PIL per rimborsare gli interessi sul debito accumulato, cioè l’intero PIL ogni 16 anni!
Entrando più in dettaglio rispetto alla tipologia di spese, per la sanità nel 2020 si è speso il 7,4% del PIL. Nel 2025 si prevede di scendere al 6,2%, per poi risalire lentamente fino al 7,2% del 2050 e 2070. La drastica riduzione di 1,2 punti di PIL prevista tra il 2020 e il 2025 (cioè oltre 20 miliardi di euro di differenza) è impressionate. A quanto pare la pandemia non ha insegnato nulla.
La spesa socio-assistenziale salirà dall’1,1% del 2020 all’1,4% del 2050 e 2070. Un aumento probabilmente insufficiente se si considera che in Italia la popolazione anziana (over 65 anni) era del 23,2% nel 2020 e sarà al 33% nel 2070.
La spesa per le pensioni è stata del 16,9% del PIL nel 2020 e si prevede che scenda al 15,8% nel 2050 e al 13,8% nel 2070. Il dato sembra in contraddizione con il notevole incremento dell’indice di dipendenza degli anziani (cioè il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi), che dal 36,4% del 2020 arriverà sopra il 60% già nel 2045 e rimarrà sostanzialmente stabile fino al 2070. Dato che il numero di pensionati in percentuale è destinato ad aumentare, se ne deduce che la media del valore delle pensioni tenderà ad abbassarsi.
Uno dei pochi dati che si possono considerare positivi è la partecipazione delle donne al lavoro. Nel 2020 è stata del 54,1%, nel 2030 dovrebbe raggiungere il 60% e si prevede al 62,6% nel 2070.
La spesa per l’istruzione è stata del 4% del PIL nel 2020. Si prevede che scenda al 3,4% nel 2035 e fino al 2070. La diminuzione viene giustificata con il calo degli studenti indotto dalle dinamiche demografiche, ma probabilmente senza tenere conto della evidente necessità di aumentare il tempo dell’obbligo scolastico e l’investimento per l’istruzione.
Il debito pubblico, che nel 2020 è stato del 155% rispetto al PIL, dovrebbe toccare il punto più basso (circa il 140%) nel 2026, raggiungere il record assoluto (circa il 180%) nel 2055, per poi ridiscendere (a circa il 165%) nel 2070. I dati sono assai preoccupanti, poiché l’Italia non è mai stata così indebitata.
Molto interessante l’influsso delle politiche migratorie rispetto allo sviluppo del debito pubblico previsto nel DEF: “Si osserva un impatto particolarmente rilevante, in quanto, data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro. Il rapporto debito/PIL nei due scenari alternativi a fine periodo arriva a variare rispetto allo scenario di riferimento di oltre 30 punti percentuali”.
Secondo i calcoli del DEF se gli immigrati aumentassero del 33% rispetto al ritmo attuale, nel 2070 il debito pubblico sarebbe più basso di almeno 30 punti rispetto al PIL (cioè circa 135% anziché 165%). Se invece il flusso degli immigrati calasse del 33%, nel 2070 il debito aumenterebbe di oltre 30 punti sul PIL (cioè dal 165% a circa il 200%). Dati e scenari che dovrebbero far riflettere.