Da alcuni giorni si parla di ciò che sta succedendo all’interno della cosiddetta “Comunità Shalom” di Palazzolo sull’Oglio, grazie alla documentatissima inchiesta di Fanpage. Secondo l’inchiesta e i video agghiaccianti, nella comunità di “recupero” di tossicodipendenti guidata da Rosalina Ravasio («suor Rosalina» come viene chiamata da tutti nonostante non appartenga ad alcun ordine religioso), gli ospiti sarebbero sottoposti a violenze ed abusi di ogni genere.
Si tratta di abusi, di situazioni, di contesti, di irregolarità che si conoscevano da decenni, che sono stati denunciati più e più volte. Suor Rosalina ha una lunga storie di denunce e processi che, nonostante le molteplici testimonianze, l’hanno vista sempre immune ad ogni accusa.
L’ultima, in ordine cronologico, è stata la grossa inchiesta della Procura di Brescia per sequestro di persona e violenza sugli ospiti della struttura, avvenuta qualche anno fa. L’inchiesta prese il via nel 2012 quando alcuni familiari denunciarono ai carabinieri presunte irregolarità nei trattamenti con gli ospiti della comunità. Iniziarono gli accertamenti, i militari cominciarono a sentire alcuni ospiti seguiti per dipendenze di vario tipo, ma anche per problemi psicologici e comportamentali. Tra gli ospiti sentiti anche il figlio dell’ex-procuratore della Procura di Brescia Tommaso Buonanno, indicato nelle indagini tra le 36 parti offese. É proprio dal figlio del magistrato che piovono accuse nei confronti della comunità e del padre, che faceva parte del comitato etico della comunità. Il ragazzo denuncio’ ai carabinieri il padre per sequestro di persona, sostenendo di essere stato portato in comunità contro la sua volontà e trattenuto sempre senza il suo consenso. Anche l’ex-procuratore della Repubblica di Brescia Tommaso Buonanno figurava tra gli indagati per il «caso Shalom».
Il Dott. Buonanno in seguito a ciò si sospese.
L’inchiesta contestava comportamenti violenti a 43 persone, tra cui la «suora», gli altri organizzatori della comunità e i «vecchi», gli ex assistiti trasformatisi improvvisamente in educatori.
Anche in questo caso, tutto è stato archiviato e anche lo scandalo mediatico non ha portato a nulla se non a dipingere agli occhi della gente Suor Rosalina una “vittima di persecuzione giudiziaria per l’ennesima volta”.
Si è sempre parlato dei metodi un po’ “particolari” della suora che ha messo in piedi un impero facendo girare milioni di euro.
Ecco finalmente un serio documento sulla Comunità Shalom che ha fatto emergere tutto ciò che si sapeva: situazioni anti-educative spacciate per “metodi correttivi”, situazioni di coercizione spacciate per “castighi” e reclusioni spacciate per “punizioni” necessarie (metodo della carriola, del bastone e della carota, urlare tutta notte “Io ce la posso fare!”, violenza dei più “vecchi” sui nuovi ospiti, sgranare le guarnizioni per un giorno intero pregando).
Dall’inchiesta emerge il “piano terapeutico ed educativo” della Comunità Shalom, ovvero quella che la Suora da anni chiama “cristoterapia”, cioè il ruolo centrale della preghiera e della “provvidenza divina” nella risoluzione dei problemi: “Dio vede, Dio provvede, avvicinati a lui”.
Il problema della “cristoterapia” è che si concretizza in metodi inumani ben lontani dall’insegnamento di Cristo, fondati sulla colpevolizzazione dei ragazzi e delle ragazze, ammettendo violenza fisica e verbale, coercizione, punizioni insensate e assolutamente fuori ogni logica di riabilitazione.
La situazione di disagio che vivono gli ospiti viene vista come una loro esclusiva colpa individuale da espiare con qualunque mezzo: l’origine della violenza dei metodi diseducativi della Shalom. Insomma qualcosa di ben diverso dai metodi umanistici nonviolenti.
I punti critici che gli esperti interpellati hanno elencato sono i seguenti:
– Cristo non può e non deve essere un sistema fondamentale di cura
– i dati sull’efficacia dei metodi pedagogici usati dalla Comunità Shalom provengono esclusivamente dalla Comunità stessa e non sono riscontrabili da alcun ente esterno in quanto ne alcun organo statale e regionale può mettervi piede;
– una comunità dovrebbe avere un tempo preciso di cura, ovvero 2 o massimo 3 anni, mentre alla Shalom la gente sta anche vent’anni senza alcun successo, creando un’evidente dipendenza dalla struttura;
– una comunità dovrebbe avere massimo 20/25 ospiti, mentre la Shalom ne ospita 250;
– una comunità terapeutica dovrebbe essere costituita da personale sanitario ed personale educativo competente e non da una gerarchia nonnista fatta da ex-ospiti riabilitati e da volontari senza competenze.
– vi è la tendenza a far passare la riabilitazione dei tossicodipendenti come una “missione vocazionale” per cui basta il “buon cuore”, quando in realtà lavorare nel sociale significa circondarai di personale ed operatori competenti;
– metodi correttivi e coercitivi non hanno mai avuto valenza educativa provata, anzi spesso sono l’origine del contrario, ovvero che la privazione forzata e portare il corpo allo sfinimento sono proprio il motivo per cui si ricade nella dipendenza una volta uscita dalla struttura;
– farmaci, psicofarmaci e antidepressivi dovrebbero essere somministrati e dosati da infermieri/e professioniste/i a causa dei loro effetti pesanti sui pazienti e non dovrebbero essere somministrati agli ospiti da altri ospiti;
– proprio perché riconosciuta come “comunità terapeutica”, dovrebbe essere sottoposta ai controlli dell’ATS, statali e regionali e non esentata da qualunque controllo, soprattutto laddove si lavora con la salute dei cittadini.
– non vi è un chiaro intento riabilitativo e non vi è alcun progetto di cura con obiettivi precisi per gli ospiti presenti, poiché tutto è affidato alla “provvidenza divina” che decide i tempi di riabilitazione;
– sembra che i periodi indefiniti in cui vengono trattenuti gli ospiti abbiamo come unico motivo la garanzia delle entrate economiche costanti alla Comunità;
– per quanto la Shalom sia da sempre dichiarata come comunità contro le tossicodipendenze, non si capisce per quale motivo ospiti anche depressi, malati psichiatrici, pazienti con disturbi alimentari e comportamentali. Pazienti con necessità diverse che non hanno nulla a che fare tra loro e che non dovrebbero stare nella stessa struttura.
Suor Rosalina, attraverso un post lunghissimo pubblicato su Facebook, ha risposto a tutte le accuse, parlando di falsità e annunciando denunce “a difesa della comunità e a tutela contro tutti coloro che hanno favorito la menzogna di questa costruzione”. Nel testo si usano parole fortissime, come “puttanata”, “schifo”, “sporco” e “giornalismo degli orrori”, ribaltando il punto di vista rispetto a quello dell’inchiesta di FanPage.
Inchiesta di Fanpage:
Parere degli esperti:
https://www.youtube.com/watch?v=XOQ2ru3EOoU
Parere del Dottor Mendolicchio: https://www.youtube.com/watch?v=HnI156ii4X4