Ci diverte vedere come la maggior parte degli scienziati siano impegnati, alle prese, con la novità della nostra epoca, la fisica quantistica. Come tutti siano appassionati nel cercare le origini della vita perché ritengono che, finalmente, la meccanica quantistica renda possibile la spiegazione dell’origine dell’mRNA dal famoso brodo primordiale. Con la fisica classica il modello faceva acqua da tutte le parti ma ora, secondo questi scienziati si potrà, finalmente e ragionevolmente spiegare come sia nata la vita.
In molti ritengono di essere ad un passo dall’afferrare l’atto creativo.
Presi dai loro calcoli non si accorgono di confondere la spiegazione fisica di un avvenimento, magari anche fin dalle sue origini, con l’atto creativo proprio, con l’impulso vitale che lo genera.
Insomma, l’idea di questi uomini non è una idea nuova ma è sempre quella vecchia meccanicistica. Per loro, per quanto sofisticata la vita sia, non è altro che una “macchina” che va spiegata con leggi “sofisticate”. Nulla di più. E loro si sentono i designati, coloro che hanno il compito di scoprirle.
Il “lume” della ragione di illuministica memoria, che avrebbe dovuto, appunto, illuminare il nostro percorso terreno per farci diventare uomini e donne liberi e migliori, nella nostra immanenza, è divenuto, via via nel tempo, divinità da adorare. Una sorta di “addomesticamento” della trascendenza.
Nel libro di fisica quantistica che abbiamo letto (poco importa sapere quale), gli autori si svelano e si rivelano, nella loro intima essenza, alla fine dell’opera facendo le loro considerazioni riguardo alla natura. Secondo la loro opinione la natura ha compiuto degli errori evolutivi come quello, ad esempio, di non essere riuscita a far evolvere i cereali in modo che, come le leguminose, potessero assorbire l’azoto dalle loro radici e quindi la mano sapiente dell’uomo ora provvederà, tramite la manipolazione genetica, a correggere questo “errore”.
E via dicendo.
Citiamo solo questo passaggio esemplificativo e profondamente esplicativo di come non esista più, nelle menti di questi scienziati, lo spazio per potersi sintonizzare con la vita.
Cercano la vita perché vogliono riprodurla senza ricordarsi che loro stessi sono stati originati dalla vita, che sono immersi nella vita, che la vita non sta da un’altra parte. Non possono accorgersi che la vita sta attorno a loro per essere percepita, vissuta, sostenuta, onorata nel suo divenire perché si sentono gravati dal compito di divenire loro stessi creatori di vita.
Quale è la diretta conseguenza di questo atteggiamento?
Che la vita, così come è stata vissuta e conosciuta dall’uomo da almeno 30.000 anni a questa parte diviene un avversario da controllare e, infine, da combattere.
Sembra una esagerazione la nostra affermazione. Ma se guardate tutti i comportamenti e le decisioni istituzionali dei governi della civiltà attuale vi apparirà chiaro che la vera guerra in atto, nella nostra epoca, è quella dichiarata alla vita stessa.
Guerra mimetizzata da finti buoni propositi di salute per tutti, di cibo per tutti, di sicurezza per tutti, salute, cibo, sicurezza gestiti da una élite economica e da una élite scientifica che ritengono che la vita, come essa è oggi e come è sempre stata sia qualcosa che non è più funzionale allo sviluppo dell’umanità. Cioè allo sviluppo che loro stessi hanno progettato per l’umanità. Che vada cambiata. Anzi, che vada ricostruita su nuove basi.
Chi non la pensa così è considerato un sovversivo o un nostalgico o, nella migliore delle ipotesi, un romantico.
Noi, appartenenti a IppocrateOrg, non siamo né sovversivi, né nostalgici, né romantici.
Riteniamo semplicemente che i piani di pochi ricchi con la loro pletora di politici e scienziati e giornalisti, rimangano semplicemente piani di pochi ricchi potenti.
Se la scienza afferma che la natura, nel corso della sua evoluzione, si è sbagliata e va modificata, noi ci sentiamo liberi di non riconoscere quel tipo di scienza.
Perché non si tratta di scienza, non è la scienza che stabilisce questo. La decisione etica e politica stanno sempre a monte dell’operato dello scienziato.
La visione delle cose sta nella dimensione filosofica ed etica. La decisione nella dimensione politica. Non è allo scienziato che tocca il compito di decidere se un feto sia o non sia un essere vivente.
L’obiezione diviene etica e politica.
Come obiettare eticamente e politicamente?
Costruendo un Ecosistema che mostri che la vita funziona meglio – ed è al servizio di tutti e di ognuno – se accompagnata e valorizzata piuttosto che modificata e corretta.
Un Ecosistema che, alla base dei suoi valori e principi ispiratori, accetti il dissidio tra vita e morte, unione e separazione, forza e fragilità e lo rivolga alla moltitudine dei soggetti abitanti quale fondamento logico, comprensibile, ragionevole perché tra due parti in netta opposizione nasce l’armonia. Il moto, il ciclo continuo che fa parte della nostra natura, del nostro mondo, della nostra vita si comprende con l’accettazione perché accettando il dissidio esso diventa salvifico.
Una accettazione che richiede amore. Non l’amore romantico ma l’amore politico – proprio della tradizione ebraico cristiana – che origina moltitudini di Io Individuali. Se amiamo veramente il nostro prossimo esattamente come amiamo noi stessi, se sentiamo che io sono l’altro e l’altro è me allora il gioco è fatto: si genera un orizzonte di gioia in cui cresce una moltitudine di Io Individuali, un Ecosistema abitato da una nuova umanità.
Allora tutto, in questo Ecosistema, viene illuminato da luce nuova: le cura medica reintegra la relazione spezzata tra terapeuta e paziente, la formazione delle nuove generazioni diviene, innanzitutto, crescita emozionale in un ambiente in cui si coltiva la tenerezza al posto della passione, il mercato e lo scambio divengono etici perché non vi può essere prevaricazione o ipocrisia del produttore o del commerciante sul consumatore finale.
Ci troviamo a vivere in un’epoca in cui chi ci governa ha tracciato definitivamente un percorso. Non ci dobbiamo aspettare da questi un ripensamento. Dobbiamo prendere in mano il nostro destino e costruire, senza infingimenti, il futuro che desideriamo.
Mauro Rango, Irina Boutourline