L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dato luogo a numerosi crimini di guerra, ha generato una crisi energetica globale e ha favorito un’ulteriore frattura di un sistema multilaterale già indebolito, oltre ad evidenziare l’ipocrisia degli stati occidentali, che hanno reagito con forza all’aggressione russa ma hanno condonato, o ne sono stati complici, gravi violazioni dei diritti umani altrove.
E’ quanto si legge nel Rapporto 2022-2023 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo (con 156 Paesi analizzati, il più grande lavoro di ricerca sulla situazione dei diritti umani nel mondo) presentato qualche giorno fa, che ha evidenziato come i doppi standard e le risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani nel mondo abbiano alimentato impunità e instabilità, come nel caso dell’assordante silenzio sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, della mancanza d’azione rispetto a quella dell’Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid israeliano nei confronti dei palestinesi.
Il Rapporto segnala anche l’uso di pesanti tattiche da parte della Cina per impedire l’azione internazionale sui crimini contro l’umanità che ha commesso, così come il fallimento delle istituzioni regionali e internazionali, favorito dagli interessi egoisti degli stati membri, di fronte alle migliaia di uccisioni in Etiopia, Myanmar e Yemen.
Per i palestinesi della Cisgiordania occupata il 2022- documenta il Rapporto- è stato uno degli anni più mortali da quando, nel 2006, le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare i numeri delle vittime: lo scorso anno sono stati 151 i palestinesi uccisi, tra i quali decine di minorenni, dalle forze israeliane. Queste hanno anche continuato a espellere i palestinesi dalle loro case. Il governo israeliano ha in programma una grande espansione degli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Invece di chiedere la fine del sistema israeliano di apartheid, molti stati occidentali hanno scelto di attaccare i promotori di tale richiesta.
Per quanto riguarda gli Usa, Amnesty International sottolinea come essi abbiano condannato ad alta voce le violazioni dei diritti umani russe in Ucraina e accolto decine di migliaia di ucraine e ucraini in fuga dalla guerra, pur continuando però con le loro politiche e prassi razziste contro i neri che hanno causato l’espulsione, tra il settembre 2021 e il maggio 2022, di oltre 25.000 persone fuggite da Haiti, sottoponendo molte di esse a torture e ad altri maltrattamenti.
Gli stessi stati dell’Unione europea hanno aperto le frontiere alle persone in fuga dall’Ucraina dimostrando di essere, in quanto uno dei raggruppamenti più ricchi al mondo, più che in grado di ricevere grandi numeri di persone in cerca di salvezza e di dar loro l’accesso alla salute, all’educazione e all’alloggio, ma molti di quegli stati europei hanno chiuso le porte a chi fuggiva dalla guerra e dalla repressione in Siria, Afghanistan e Libia. Si tratta degli inaccettabili doppi standard dell’Occidente che hanno, tra l’altro, rafforzato stati come la Cina e consentito a Egitto e Arabia Saudita di evadere, ignorare o respingere le critiche sulla loro situazione dei diritti umani.
Nonostante le massicce violazioni dei diritti umani, equivalenti a crimini contro l’umanità, nei confronti degli uiguri e di altre minoranze musulmane, Pechino è riuscita a eludere le condanne, a livello internazionale, da parte dell’Assemblea generale, del Consiglio di sicurezza e del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.
In Russia, come documenta il Rapporto, i dissidenti sono stati portati in tribunale e organi d’informazione sono stati chiusi solo per aver menzionato la guerra in Ucraina.
Giornalisti che sono stati imprigionati anche in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Bielorussia e in decine di altri stati del mondo dove erano divampati conflitti.
In Australia, India, Indonesia e Regno Unito le autorità hanno invece introdotto nuove leggi per limitare le manifestazioni, mentre lo Sri Lanka ha fatto ricorso ai poteri dello stato d’emergenza per stroncare le proteste di massa contro la crescente crisi economica.
Le norme entrate in vigore nel Regno Unito hanno invece dato alle forze di polizia poteri molto ampi, compreso quello di vietare “proteste rumorose”, compromettendo così la libertà di espressione e di protesta pacifica. E la tecnologia è stata utilizzata come arma per diffondere disinformazione o per ridurre al silenzio o impedire le proteste.
In Iran le autorità hanno risposto con la forza illegale a una sollevazione senza precedenti contro decenni di repressione, ricorrendo a proiettili veri, pallottole di metallo, gas lacrimogeni e pestaggi: sono state uccise centinaia di persone, tra cui decine di minorenni.
Anche le forze di sicurezza del Perú, a dicembre, hanno usato la forza illegale, in particolare contro nativi e campesinos, per stroncare le proteste seguite alla crisi politica scaturita dalla deposizione dell’ex presidente Castillo.
Giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici hanno subito repressione anche in altri stati, tra i quali Zimbabwe e Mozambico.
Di fronte alle crescenti minacce al diritto di protesta, nel 2022 Amnesty International ha lanciato una campagna per contrastare gli sforzi intrapresi in modo sempre più intenso dagli stati per erodere il diritto fondamentale di protesta pacifica, chiedendo l’adozione di un Trattato per un commercio libero dalla tortura che vieti la produzione e il commercio di equipaggiamenti per le forze di sicurezza intrinsecamente atti a commettere violazioni dei diritti umani e che sottoponga a controlli quelli spesso usati per compiere torture o altri maltrattamenti.
Il Rapporto dedica ampio risalto ai diritti delle donne, evidenziando come la Corte suprema degli Usa abbia annullato una duratura garanzia costituzionale sul diritto d’aborto e messo a rischio altri diritti umani di milioni di persone che potrebbero avere una gravidanza, quali quelli alla vita, alla salute, alla riservatezza, alla sicurezza e alla non discriminazione. Alla fine del 2022, diversi stati degli Usa avevano approvato leggi per vietare o limitare l’accesso all’aborto. In Polonia, invece, attiviste sono finite sotto processo per aver aiutato donne ad avere accesso a pillole abortive.
Le donne native hanno continuato a subire, in modo sproporzionato, alti livelli di stupro e di altre forme di violenza sessuale. In Pakistan ci sono stati diversi omicidi di donne da parte dei familiari ma il parlamento non ha approvato la legge sulla violenza domestica di cui stava discutendo sin dal 2021. In India, sono rimasti impuniti sia casi di violenza contro le donne dalit e adivasi che ulteriori crimini di odio contro le caste.
In Afghanistan, a seguito di una serie di editti emessi dai talebani, c’è stato un grave arretramento dei diritti delle donne e delle ragazze all’autonomia personale, all’istruzione, al lavoro e all’accesso agli spazi pubblici. In Iran la “polizia morale” ha arrestato Mahsa (Zina) Amini poiché aveva una ciocca di capelli fuori dal velo: alcuni giorni dopo è morta a seguito di tortura. La sua morte ha dato vita a proteste nazionali in cui molte altre donne e ragazze sono state arrestate, ferite e uccise.
Il Rapporto 2022-2023 di Amnesty International considera inoltre le conseguenze della pandemia da Covid-19, dei cambiamenti climatici e delle condizioni meteorologiche estreme, dei conflitti e degli shock economici, dell’acuta insicurezza alimentare, che hanno avuto un impatto catastrofico sulla vita e sui beni di sussistenza delle popolazioni, arrivando a concludere che di fronte a questo scenario, gli Stati non hanno agito nell’interesse dell’umanità né hanno risolto la dipendenza dai combustibili fossili, il principale responsabile della più grande minaccia contemporanea alla vita.
È fondamentale -sottolinea Amnesty International- che le istituzioni e i sistemi internazionali che dovrebbero proteggere i nostri diritti siano rafforzati piuttosto che indeboliti, incominciando a finanziare appieno i meccanismi sui diritti umani delle Nazioni Unite in modo che le indagini e l’accertamento delle responsabilità proseguano e si arrivi alla giustizia, riformando inoltre il massimo organo decisionale delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza, in modo che possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate, soprattutto nel Sud globale.

https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2022-2023/;
https://www.youtube.com/watch?v=uCVAzD1J5U4.