“Alfredo Cospito, trascorsi 180 giorni di digiuno e dopo aver esposto a rischio la propria vita, essere dimagrito 50 chilogrammi e aver ormai irrimediabilmente compromesso la propria funziona deambulatoria dovuta allo scadimento irreversibile del sistema nervoso periferico, il 19 aprile 2023 ha deciso di porre fine allo sciopero della fame.
Ciò facendo, il medesimo, ringrazia tutti e tutte coloro che hanno reso possibile questa tenace quanto inusuale forma di protesta”
Si conclude così il comunicato stampa dell’avvocato Flavio Rossi Albertini a 6 mesi dall’inizio dello sciopero della fame di Alfredo Cospito.
La lunghissima lotta a seguito di 180 giorni di digiuno è giunta ad una prima tappa.
Martedì 18 aprile la Consulta si è pronunciata sull’incostituzionalità della mancanza di riconoscimento delle circostanze attenuanti nel processo di Scripta Manent.
Una questione, come tutte quelle riguardanti questa vicenda, molto specifica rispetto agli articoli del codice penale.
In sintesi ciò che era stato richiesto dalla difesa durante l’udienza in corte d’appello torinese è stato accolto dalla Corte Costituzionale: per il reato grave di strage politica è illegittimo non poter considerare le circostanze attenuanti in presenza di un reato per cui la pena fissa è l’ergastolo. In questo modo dal fine pena mai fisso si può invece considerare una pena a termine che rimane nonostante tutto elevata (da 20 a 24 anni).
Questo pronunciamento è un segnale positivo all’interno di questa vicenda che ha assunto un carattere evidentemente politico che va oltre alle questioni giuridiche.
Come già commentato ampiamente negli articoli precedenti, l’intero processo, la modalità di ricondurre le persone imputate ai fatti, l’applicazione di uno degli articoli del codice penale che riguarda uno dei fatti più gravi puniti con la pena massima, la prima applicazione in campo politico per un detenuto anarchico del regime del 41 bis, ha costituito un percorso inedito. All’interno di esso abbiamo visto la costruzione di un muro che si è via via consolidato nei gradi di giudizio e nei provvedimenti che hanno riguardato la forma di detenzione di Alfredo. Con l’ultima pronuncia ci troviamo di fronte ad una prima piccola breccia.
Questo spiraglio sottolinea che il fatto contestato ormai è riconosciuto giuridicamente di lieve entità (seppur all’interno della gravità del reato di strage politica). Un aspetto che mostra chiaramente le torsioni che sono state da più parti denunciate.
A seguito dello sciopero della fame di Alfredo l’opinione pubblica ha finalmente iniziato a riflettere e ad avere elementi concreti per conoscere la realtà del 41 bis.
Nel comunicato stampa citato viene sottolineato un ulteriore aspetto importante rispetto ai dubbi di legittimità del 41 bis
la dichiarazione di ricevibilità e conseguente registrazione del ricorso proposto dall’avv. Antonella Mascia di Strasburgo e dallo scrivente alla Corte europea dei diritti dell’uomo, avente proprio ad oggetto il regime penitenziario differenziato previsto dall’articolo 41-bis
O.P. Il ricorso, nel quale sono state lamentate gravi violazioni della Convenzione EDU, verrà valutato nel merito nel termine di due o tre anni (tali sono i tempi di una pronuncia) e potrebbe rappresentare il grimaldello giuridico che bandirà lo strumento inumano del 41 bis, così come avvenuto nel caso dell’ergastolo ostativo.
I tempi giuridici, soprattutto degli organismi sovranazionali, sono lunghi, ciò che rimane invece urgente e attuale è una riflessione seria sulle condizioni di detenzione. Non soltanto dei detenuti e detenute al regime 41 bis, ma di tutte le persone che si trovano nelle diverse sezioni delle carceri. Per citare un caso che entra anch’esso nelle cronache giudiziarie attuali le violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, altri processi e denunce provenienti dalle carceri di tutta Italia da parte dei detenuti e delle detenute, le proteste, le richieste e rivendicazioni dei diritti delle persone “dall’altra parte” delle sbarre che sono sparse in tutto il nostro territorio.
La lotta di Cospito ha squarciato un velo che teneva nascosta una delle forme più degradanti di detenzione, i prossimi sviluppi saranno lunghi nei tempi, come finora si sono sviluppate le vicende riguardanti i vari ricorsi. Le motivazioni della Consulta riporteranno nei prossimi mesi alla corte d’appello torinese la decisione rispetto al ricalcolo delle condanne per Scripta Manent.
Lo spiraglio riguardante il 41 bis, che non è direttamente collegato a questo passaggio giudiziario, è costituito dal sostenere una misura così afflittiva per un detenuto accusato di un fatto grave, ma di lieve entità.