Di fronte al bombardamento mediatico di sostegno all’Ucraina e alle certezze inossidabili dei nostri parlamentari sull’invio di armi, molti si domandano: “Anche l’Italia potrebbe entrare in guerra?”.
“Una domanda ingenua di molti e ipocrita di molti altri”, risponde il Generale Fabio Mini, già capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, nel suo ultimo libro “L’Europa in guerra”. “La risposta è sì, il nostro Paese è già coinvolto nella guerra tra Ucraina e Russia e si sta apprestando a entrare nella guerra tra NATO/USA e la Russia. Potrebbe sembrare il risultato di una serie di equivalenze: gli Stati Uniti, la Nato e l’Unione Europea stanno partecipando alla guerra in Ucraina contro la Russia quindi, in quanto membri della Nato, siamo già coinvolti nella guerra presente e saremo obbligati alla guerra futura su scala regionale e globale. Ma non è così – sostiene Mini – il Trattato atlantico impegna alla difesa collettiva in caso di aggressione militare a uno dei suoi membri. E questo non è il caso. La partecipazione alla difesa comune è un obbligo, ma la misura e il tipo di partecipazione è scelto da ciascun Stato membro. Il trattato non obbliga i membri all’uso della forza, ma lo comprende tra le misure ritenute necessarie da ogni singolo governo”.
Ma allora, vista questa opzione, perché l’Italia continua ad armare l’Ucraina invece di cercare una soluzione negoziata che scongiuri un possibile conflitto nucleare?
“Il nostro coinvolgimento diretto in questa guerra, come nelle altre – continua Mini – è dovuto al fatto che l’Italia non ha mai considerato di esercitare la discrezionalità ammessa dalla Nato riguardo alle misure non militari da adottare al posto o a sostegno della guerra; non ha mai subordinato la propria partecipazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ‘per ripristinare la pace’ e ha sempre aderito alla conduzione di operazioni militari richieste dagli Stati Uniti in via bilaterale, dall’Unione Europea o dalla Nato. Inoltre l’Italia in sede Nato non si è mai opposta ad alcuna decisione e anzi proprio per non dover decidere o costringere governo e Parlamento a una decisione ha preferito affidarsi al silenzio-assenso introdotto dalla burocrazia NATO proprio per non imbarazzare i governi o rischiare di avere una sola risposta negativa sufficiente a bloccare qualunque progetto”.
Siamo già in guerra, questa la conclusione del Generale Mini, e il nostro Paese non sta facendo niente per impedire l’escalation militare. È “una terza guerra mondiale che stiamo combattendo con e per gli americani”.
Tuttavia, nonostante il bombardamento mediatico e l’amplissimo sostegno parlamentare alla guerra, la maggior parte degli italiani e degli altri popoli europei è contraria all’invio delle armi e alla guerra.
La nostra voce è però intenzionalmente oscurata.
Ecco perché il 2 aprile vogliamo far sì che la nostra intenzione di porre fine a questo vergognoso conflitto si senta con forza, convergendo in uno stesso giorno in una miriade di attività diverse che promuovano la pace e la nonviolenza, in Europa e magari in tutto il mondo. Spegneremo anche le tv e i social media, come protesta nonviolenta verso la propaganda di guerra.
Spegniamo la guerra e accendiamo la pace!