“Al fianco di Alfredo e di Vincenzo / La lotta non finisce” diceva il volantino di convocazione del presidio che si è tenuto stamattina di fronte al Tribunale di Milano. Erano infatti ben due gli importanti pronunciamenti di giustizia attesi nella stessa data di oggi, 24 marzo.
Il primo riguardava la sorte di Vincenzo Vecchi, ed era stato annunciato già un mesetto fa, in concomitanza con quell’udienza al tribunale di Lione che aveva visto l’incontro, anzi collettivo abbraccio, di un folto gruppo di compagni italiani (in bus notturno da Milano, via Val Susa, fino a destinazione) festosamente accolti da un numeroso Comitè de Justice pour Vincenzo Vecchi. (“Incredibile, vogliono persino rimborsarci le spese di viaggio!” era stato il whatsapp che mi era arrivato da un compagno valsusino…)
E la sorprendente Bella Notizia arrivata stamattina è che per quei fatti che risalgono al 2001, durante gli scontri per il G8 a Genova (il capo d’accusa sarebbe “devastazione e saccheggio” in base al Regio Decreto del 19 ottobre 1930, n. 1398, e la pena prevista 12 anni di prigione), la Corte d’Appello di Lione “… visti gli articoli 695-11 e 695-39 e seguenti del Codice di Procedura Penale, Visto l’Art 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, NON acconsente all’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso il 6 giugno 2016 dalla Procura Generale della Corte d’Appello di Genova ecc ecc”. E dunque Vincenzo Vecchi resta in Francia e vivaDDio da Uomo Libero!
Per il secondo pronunciamento, che riguarda la vicenda di Alfredo Cospito e la possibilità di scontare il resto della pena presso la sorella per gravi motivi di salute, bisognerà aspettare invece CINQUE giorni. E le condizioni di salute di Cospito sono ormai così deteriorate, dopo 156 giorni di sciopero della fame che nelle ultime ore hanno registrato il semi-collasso e fanno temere la paralisi per quel che sarà (se mai ci sarà) il resto della vita – da motivare lo spostamento dell’Udienza del Tribunale del Riesame direttamente all’interno dell’Ospedale San Paolo, dove il pericoloso detenuto è ricoverato.
“All’Ospedale San Paolo, nel 2004 è stato costruito un reparto penitenziario: 20 posti letto per detenuti ‘ordinari’, 2 in funzione dal 2011 per chi è recluso in 41bis,” abbiamo avuto modo di apprendere al Presidio odierno di fronte al Tribunale di Milano. “E’ situato al piano terra, Alfredo Cospito è ricoverato lì per la seconda volta, dopo un via vai dal Centro Clinico del Carcere di Opera non certo adatto alle sue condizioni! L’autorizzazione a una visita specialistica di parte, gli è stata negata ‘per non pregiudicare la ratio del provvedimento’! Lecito chiedersi come una visita specialistica possa inficiare il regime del 41bis. Né è stato consentito al medico di Alfredo di comunicare con i medici del reparto penitenziario… “ eccetera: situazione di perseguita, ricercata, distillata disumanità che giorno dopo giorno ci viene dispiegata nei più minuti dettagli.
Ce la farà a reggere ancora cinque giorni Alfredo Cospito? Oppure dobbiamo dare per scontato che il verdetto non potrà che essere negativo, per cui tanto vale sperare che la smetta di soffrire una volta per tutte, magari dicendoci fra di noi che “ha già vinto la sua battaglia… perché è grazie a lui che il 41bis è uscito dal silenzio, è grazie a lui che almeno se ne parla, è grazie a lui, al suo sacrificio non solo per sé ma per i 750 nelle sue stesse condizioni, che finalmente si osa riparlarne in termini di abolizione …”.
Precisamente in questi termini se ne è riparlato infatti un paio di sere fa a Milano, nell’ambito di un incontro alla Casa della Cultura intitolato proprio Morire di Pena: per l’abolizione di ergastolo e 41 bis. Incontro per niente isolato, perché prima di Milano c’erano già state le tappe di Napoli, Pisa, Torino, e altre ne seguiranno per diffondere un documento che ha raccolto più di cinquecento adesioni individuali e quasi trecento sottoscrizioni tra gruppi, associazioni e collettivi impegnati nella tutela dei diritti, in particolare all’interno dell’universo penitenziario (tutte le adesioni e maggiori informazioni qui).
Erano presenti gli avvocati Edoardo Rossi e la preparatissima Valeria Verdolini, per l’Ass.ne Antigone ha parlato la presidente Gaia Tessitore, e c’era anche Gad Lerner e particolarmente coinvolgente è stata la testimonianza di Daria Bignardi che oltre ad essere una brava giornalista è spesso impegnata come volontaria presso il Carcere di San Vittore di Milano (“sebbene a volte devo mettermi in pausa: difficile reggere la pena, anzi assurdità della condizione carceraria senza risentirne… ammiro chi ce la fa…” ha ammesso con commozione a un certo punto).
Incontro importante e riuscitissimo, accessibile per chi volesse rivederlo su You Tube : istruttivo anche per chi (come me) ritiene magari di saperne abbastanza, circa il significato della battaglia che Alfredo Cospito sta portando avanti mettendo in gioco la sua stessa vita – pur di denunciare la condanna a morte a fuoco lento che in effetti è il 41bis.
In omaggio a questa sua battaglia si è riunita ieri sera (23 marzo) anche la Banda degli Ottoni a Scoppio. E la location non poteva essere più giusta: la piazzetta dedicata a Cesare Beccaria nel pieno centro di Milano, un’ora buona di fragoroso soffiar di trombe e sax e fiati vari, che si sentiva fin da Corso Europa, fin da Piazza Missori, e forse fin dal Tribunale, dove stamattina era previsto il presidio, e che bello sarebbe stato rivedere anche gli Ottoni.
“Filosofo illuminista, Cesare Beccaria affermava l’idea di uno stato di diritto contro l’arbitrio autoritario” recitava il volantino distribuito ieri sera tra i passanti, mentre i fiati musicavano ai piedi della statua. “Oggi, 259 anni dopo, sembrerebbe inaccettabile il dominio di un potere privo di vincoli, eppure assistiamo al continuo massacro dei diritti e delle persone (…) e a quella ‘inutile crudeltà strumento del furore e del fanatismo o dei deboli tiranni’, come scrisse Beccaria. In che regime ci troviamo?”
Già: in che regime stiamo precipitando, o già ci troviamo, senza essercene accorti? Nel controluce della vicenda-Cospito – e non solo, nello spettacolo della sempre più gratuita, usuale, disumanità cui sempre più spesso ci troviamo ad assistere, sulla spiaggia di Cutro come nei CPR, nella violenza degli sfratti, del lavoro povero o proprio azzerato, delle sempre più oscene disparità sociali – non possiamo non rifletterci in questa domanda.
E vale la pena riportare almeno qualche brano della dichiarazione che lo stesso Alfredo Cospito aveva rilasciato all’udienza precedente a quella odierna, collegato in videoconferenza dal Carcere di Opera, una decina di giorni fa.
“Non avrei mai pensato di arrivare fino a questo punto, ho sempre trovato ridicolo il melodramma, amo di più la commedia, ma così è andata. (…). Però se ci penso qualcosa di ironico c’è: sono l’unico coglione che muore nel progredito Occidente democratico poiché gli viene impedito di leggere e studiare quello che vuole, giornali anarchici, libri anarchici, riviste storiche e scientifiche, senza trascurare gli amati fumetti.
(…) non riesco a vivere in questo modo, proprio non ce la faccio, spero che chi mi ama lo capisca. Non ce la faccio ad arrendermi a questa non-vita, è più forte di me (…). Non sono certo un martire, i martiri mi fanno un certo ribrezzo. Sì, sono un terrorista, ho sparato ad un uomo e ho rivendicato con orgoglio quel gesto anche se, lasciatemelo dire, la definizione fa un po’ ridere in bocca a rappresentanti di Stati che hanno sulla coscienza guerre e milioni di morti e che a volte, come uno dei nostri ministri, si arricchisce col commercio di armi. (…)
Detto questo, volevo spiegare il senso del mio accanimento contro il regime del 41 bis. Qualche giurista credo l’abbia capito, ma in pochissimi hanno compreso: il 41 bis è una metastasi che di fatto sta minando il vostro cosiddetto stato di diritto, un cancro che in una democrazia un tantino più totalitaria – e con il governo della Meloni ci siamo quasi – potrà essere usato per reprimere, zittire col terrore qualunque dissidenza politica, qualunque sorta di ipotetico estremismo. Il tribunale che decide la condanna alla mordacchia medievale del 41 bis è del tutto simile a quello speciale fascista, le dinamiche sono le stesse: io potrò uscire da questo girone dantesco solo se rinnegherò il mio credo politico, il mio anarchismo, solo se mi venderò qualche compagno o compagna. Si inizia sempre dagli zingari, dai comunisti, dagli antagonisti, teppisti, sovversivi e poi le sinistre più o meno rivoluzionarie.
(…) Per concludere, come disse se ricordo bene l’anarchico Henry prima che gli tagliassero la testa: quando lo spettacolo non mi aggrada avrò pure diritto ad abbandonarlo, uscendo e sbattendo rumorosamente la porta. Questo farò nei prossimi giorni, spero con dignità e serenità, per quanto possibile.
Un forte abbraccio a Domenico che al 41 bis di Sassari ha iniziato lo sciopero della fame con la speranza di poter riabbracciare i propri figli e i propri cari, nella mia forte speranza che altri dannati al 41 bis spezzino la rassegnazione e si uniscano alla lotta contro questo regime che fa della costituzione e del cosiddetto – per quanto vale – stato di diritto carta straccia. (…)
Grazie fratelli e sorelle per tutto quello che avete fatto, vi amo e perdonate questa mia illogica caparbietà. Mai piegato, sempre per l’anarchia.
Viva la vita, abbasso la morte, Alfredo Cospito
(testo integrale qui)
Mentre chiudo queste note le agenzie informano che la Procura ha chiesto che Cospito rimanga collocato “stabilmente” nel reparto di medicina penitenziaria del San Paolo. In linea di principio resta invariato il parere negativo circa i domiciliari, sulla base del fatto che la gravità della sua condizione è “autoindotta” ma sapremo qualcosa di preciso non prima di lunedì. Il legale di Cospito Flavio Rossi Albertini ha peraltro riferito che il suo assistito sarebbe “disposto a recedere dallo sciopero della fame purché il Tribunale di Sorveglianza liberasse altri detenuti attualmente sottoposti al 41 bis, persone anziane o malate che vogliono soltanto tornare a casa dopo 30 anni di 41 bis”.
In che regime ci troviamo?