Quando finirà la guerra in Ucraina? Cosa pensato gli italiani del conflitto? Qual è l’approccio migliore, quello militare o quello diplomatico? Muovendosi trasversalmente fra vari temi e attingendo dalla sua lunga esperienza di inviato di guerra, Nico Piro riflette sulla situazione attuale in Ucraina e sulle possibili vie d’uscita da un conflitto la cui fine sembra sempre più lontana.

«Volete semplificare quello che sta accadendo in Ucraina? Volete cancellare la storia? Vogliamo ridurre tutto alla dicotomia aggredito e aggressore? Va bene, però adesso chiedo: dobbiamo passare alla fase due, ma come possiamo fare in modo che la gente smetta di morire e l’Ucraina smetta di essere distrutta?».

Sono queste le parole con cui Nico Piro – giornalista, scrittore e documentarista con una lunga esperienza sul campo, in particolare in Afghanistan – fa il punto, in maniera diretta e concisa, sul conflitto ucraino. Per fornire alcune chiavi di lettura della situazione attuale Nico Piro spazia dall’accoglienza dei rifugiati alla storia moderna, dall’obiezione di coscienza e dal pacifismo fino all’analisi della posizione dell’elettorato italiano e delle indicazioni che le urne hanno fornito su cosa pensa la gente della guerra. «Credo che gli italiani stiano accusando sin dalle prime battute del conflitto il peso della guerra. Soprattutto da quando sono arrivati gli aumenti del gas, la fine del turismo russo e delle importazioni, i danni per l’economia, l’inflazione e così via», osserva il Piro in proposito.

Un tema delicato che aleggia dall’inizio delle ostilità è quello dell’accoglienza dei profughi, in particolare rispetto alle politiche migratorie intese in senso più ampio. A tal proposito, anche Nico Piro nota che c’è qualche incongruenza: «Spero che tutti i Paesi imparino da questa vicenda, la gente che fugge dalle guerre va accolta. Mi auguro che non cessi la solidarietà verso i profughi ucraini , ma anche verso i profughi delle altre guerre. Il problema è che per non cessare deve cominciare. E Crotone ci insegna che ciò non è avvenuto, eccezion fatta per alcuni episodi».

Secondo il reporter, le guerre sono cose complesse, ma si reggono su un principio molto semplice: l’adattamento. «Io colpisco te e tu colpisci me. Io mi adatto al tuo colpo affinché non sia un colpo letale e tu fai lo stesso. Finché questo equilibrio resta in piedi le guerre vanno avanti. Le guerre lampo esistono solamente nelle speranze dei generali e dei dittatori; si veda il caso dell’Afghanistan, che è l’archetipo dei conflitti contemporanei che cominciano ma non finiscono».

Quando finirà dunque la guerra in Ucraina? «Non me la sento di fare previsioni – risponde Nico Piro – perché quando viene aperto il vaso di Pandora della guerra i demoni che ne escono fuori hanno una loro autonomia. Sono però convinto di una cosa: dire “l’unica strada è la guerra” è come prendere una pallina e buttarla nella roulette. Ma nella roulette ci sono due colori, il rosso e il nero, e non è detto che la pallina si fermi su quello che noi preferiamo. Dall’Afghanistan alla Prima Guerra Mondiale, la storia ce lo insegna».

Il giornalista campano ritiene dunque impossibile prevedere quando finirà la guerra, ma ha un’idea sul come: «Questo conflitto non ha una soluzione militare. Ha solo una soluzione diplomatica e prima si arriverà a definirla e attuarla, prima le persone smetteranno di morire. Purtroppo però questo mi sembra un tema di cui nessuno si sta facendo carico; si continua ad agire come se fosse una partita a Risiko senza ricordarsi che in mezzo esiste gente che muore».

Avviandosi verso la conclusione, Nico Piro prova a mettere a nudo alcuni aspetti di Russia e Ucraina che contribuiscono a mettere in luce dettagli di questi due Paesi che spesso vengono dimenticati o ignorati, alimentando immagini distorte che sicuramente non aiutano nel processo di pacificazione. Per esempio il movimento pacifista russo e il fenomeno dell’obiezione di coscienza «diffusosi recentemente, soprattutto dopo la costrizione al servizio militare straordinaria di settembre. Ma gli obiettori di coscienza, i cosiddetti renitenti alle armi, ci sono anche in Ucraina».

«Non è giusto verso l’Ucraina dipingerla come un Paese in armi. Ucraina significa “terra di confine”, è un Paese di una complessità notevole con diverse anime, da quella russa a quella polacca», conclude Nico Piro. «Quella semplificata è una narrazione funzionale al pensiero bellicista. A mio avviso non è giusto definirla come un Paese che non si vuole arrendere, dove il popolo vuole combattere fino alla fine. Io credo che il popolo voglia cose più semplici: pace, pane e magari anche corrente elettrica e gas».

 

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