Nel capoluogo regionale lombardo il prossimo 4 marzo si terrà il seminario curato dal Collettivo Effimera presso la “Casa della Cultura” di via Borgogna, 3. Una giornata di studio sul futuro della metropoli meneghina che vedrà impegnati operatori socio-culturali e studiosi del mondo accademico
A Milano è stato approvato dalla maggioranza il Piano di Governo del Territorio (PGT), il 14 ottobre 2019, ma l’avviso che lo rende definitivo porta la data 5 febbraio 2020. I nove municipi vengono suddivisi in ben 88 quartieri, investiti dal piano complessivo che ha per scadenza l’assetto metropolitano nel 2030. In concomitanza con la pubblicazione dell’avviso di approvazione è scoppiata, inattesa, la pandemia; a seguire è arrivata la guerra. Entrambi gli eventi hanno comportato, ovviamente, ricadute di non poco momento, eppure sia la maggioranza politica sia l’opposizione politica non hanno ritenuto necessaria alcuna correzione, come se non fosse accaduto nulla: le uniche questioni che sembrano interessare gli organi di rappresentanza sembrano essere la costruzione del nuovo stadio e le Olimpiadi invernali.
Eppure, il progetto che emerge dal PGT milanese riguarda l’intera esistenza dei soggetti che abitano, che intendono abitare e che abiteranno il territorio metropolitano; ed è un progetto che presenta tutte le caratteristiche di un neoliberismo aggressivo, violento, indifferente ad ogni reale emergenza ecologica, pronto a piegare l’ambiente al profitto, deciso a privatizzare i servizi pubblici e ad allargare la forbice del reddito, concentrando la ricchezza in poche mani ed allargando la fascia di povertà (relativa e assoluta). Quel che si prepara nell’area metropolitana di Milano consente di cogliere la tendenza e di comprendere appieno le conseguenze del neoliberismo finanziarizzato; un neoliberismo che, lungi dal voler elaborare piani decennali, mira piuttosto a predisporre linee guida che facilitino microprogrammi (trimestrali o semestrali) di appropriazione dei frutti della cooperazione sociale, di pesca intensiva a strascico delle risorse disponibili: i danni alla salute e alle condizioni di vita delle persone generati da questo modello e la distruzione dell’ambiente sono solo danni collaterali. Per questo il preteso e presunto PGT milanese rimane impermeabile alla pandemia o alla guerra, ritenute anch’esse rilevanti solo e soltanto quali occasioni di profitto; qui si radicano la necessità di resistere e quella di riaprire il conflitto sociale, come uniche concrete e realistiche possibilità di liberazione e di emancipazione.
Affrontare il tema del futuro che attende la metropoli in ognuno dei suoi 88 quartieri significa elaborare un punto di vista davvero contrapposto a quello neoliberista, coinvolgendo appieno i vari aspetti dell’esistenza che attende l’insieme delle soggettività nel 2030: una Milano capace di tornare ad essere capitale delle lotte (perché le lotte sono un presupposto indispensabile di uno sviluppo accettabile, cooperante, solidale) oppure un territorio conquistato dai pirati della finanziarizzazione (dunque saccheggiato e abitato da assoggettati non da soggettività) o ancora lasciato in balia della guerra, dell’inquinamento, della mancanza di cura, dell’ansia (quella che viene, con suggestiva espressione, definita la tanatopolitica del neoliberismo dispotico). Il PGT, in quanto tale, è certamente un documento di voluta genericità, ma è anche l’occasione per criticarne i presupposti teorici e operativi, contrapponendo un diverso, antagonista, PGT del precariato.
Sono in programma dieci relazioni, cinque alla mattina e cinque al pomeriggio, così da lasciare spazio alla discussione. Confidiamo che i corpi presenti in sala la rendano vivace, piena di diversità e anche di contraddizioni. Baihua yundong: davvero abbiamo bisogno che cento fiori fioriscano e che cento scuole di pensiero gareggino. L’unica via ci pare questa: una coalizione vitale fra cuori ribelli per uscire dalle mortifere secche presenti.