In Brasile 33 milioni di persone soffrono la fame e oltre 110 milioni (sei famiglie su dieci) si trovano in una situazione di insicurezza alimentare, cioè non hanno pieno e costante accesso al cibo. Nello stesso tempo metà della popolazione è in sovrappeso e quasi un quarto soffre di obesità, a causa del cibo spazzatura. Negli ultimi anni, del resto, c’è stato un crollo verticale del consumo di alimenti tradizionali come i fagioli, la farina di manioca, il mais e il riso e un aumento progressivo e quotidiano di prodotti industriali, a cominciare dagli spaghetti istantanei. Intanto, la Commissione Tecnica Nazionale per la Biosicurezza nei giorni scorsi ha approvato il grano transgenico HB4 dell’impresa argentina Bioceres, di cui la Monsanto è azionista. Per questo sono in tanti a sperare nelle nuove lotte per la soia organica e contro il dilagare di quella Ogm, promosse dal Movimento dei Sem Terra.
Il Brasile, con la sua ricchezza di terra e acqua, potrebbe essere l’Eden sotto molti punti di vista, invece le sue contraddizioni sono paurose. È grande 27 volte l’Italia, ha “solo” 215 milioni di abitanti, nella stragrande maggioranza ammassati nelle città (l’urbanizzazione è all’86%!), di cui 13 milioni nelle sue tremende e violente favelas, la gran parte neri e meticci. Tutto ciò è il frutto della sua storia coloniale, con l’espulsione continua dei contadini dalla terra per usarla nelle monoculture intensive di materie prime da export: all’inizio del colonialismo la canna da zucchero, il caffè ecc. e negli ultimi decenni il mais e soprattutto la soia, che è seminata nel 46% degli 88 milioni totali di ettari coltivati. Per oltre il 95% la soia prodotta è OGM, lo stesso avviene in Argentina (pdf).
La Rete brasiliana di ricerca sulla sovranità e sicurezza alimentare e nutrizionale ha di recente confermato che 33,1 milioni (il 15,5% della popolazione brasiliana) soffre la fame e che oltre 110 milioni di abitanti, sei famiglie su dieci, si trovano in una situazione di insicurezza alimentare, ovvero non hanno pieno e permanente accesso al cibo. Altri dati sembrano contraddirli: nel 2021 quasi sei brasiliani su 10 ( il 57,3%) erano in sovrappeso, la percentuale maggiore fra gli uomini, mentre l’obesità era al 22,4%, la maggiore fra le donne. Ma non c’è contraddizione, il concetto di fame va rimodulato rispetto al termine antico, la fame oggi è l’ultimo stadio dell’insicurezza alimentare, uno stato in cui la persona non è per forza magra, come lo stereotipo della foto del bambino africano, ma è costretta a mangiare cibo spazzatura (junk food in inglese), cioè i cibi industriali ultraprocessati dell’agrobusiness, con tanti grassi e pochi nutrienti, ma a basso prezzo.
Questa correlazione tra fame, insicurezza alimentare e obesità è stata ben esplicitata pochi giorni fa dalla professoressa all’Università di San Paolo Adriana Salay (l’intervista completa è nel sito del MST), secondo la quale “in Brasile il consumo alimentare si sta uniformando, in relazione all’urbanizzazione, industrializzazione e mancanza di tempo per cucinare, con una diminuzione del consumo di alimenti tradizionali, come la farina di manioca e mais, i fagioli e il riso, e un aumento progressivo e quotidiano di prodotti industriali ultraprocessati. E questo ha determinato un aumento dei casi di sovrappeso, obesità, diabete e malattie croniche”.
Il 4 dicembre 2022, in un dibattito a San Paulo, durante il festival della Riforma Agraria del Movimento Sem Terra, Tereza Campello, economista, ricercatrice ed ex-ministra dello Sviluppo Sociale e Lotta alla Fame (2011-2016, quando ha coordinato il Piano Brasile senza Miseria), ha invitato il nuovo governo a “piantare sementi strategiche per trasformare il paese”, specificando che “i Sistemi alimentari devono guidare il cambio di traiettoria del Brasile e dare un volto progressista al nuovo governo”, denunciando che “il popolo deve cambiare l’alimentazione, sostituire gli spaghetti istantanei (vedi foto) e la salsiccia, cioè alcuni dei cibi ultraprocessati, con alimenti veri, sani, a cominciare dall’infanzia e nelle mense scolastiche”.
Che fine hanno fatto i fagioli?
Il Brasile ha un’estensione e una diversità di latitudini tali, per cui è relativo parlare di piatto nazionale, ma di certo riso e fagioli era un piatto diffuso e prevalente in tutto il paese. La ricercatrice e nutrizionista dell’Università Federale del Minas Gerais, Fernanda Serra ha raccolto dati che mostrano un calo della frequenza settimanale di consumo di fagioli, in tutti i sessi, nelle fasce di età superiori ai dodici anni e nei livelli di scolarità, e ha osservato una sostituzione di alimentazione naturale con alimenti ultra-trasformati, prodotti con poco o nessun valore nutritivo. Di questo passo, entro il 2025, i fagioli non faranno più parte della dieta regolare di quasi la metà della popolazione brasiliana.
“Questa tendenza al cambiamento delle diete è preoccupante per la salute e per la cultura alimentare in Brasile. I fagioli hanno un ottimo profilo nutrizionale, ricco, con un adeguato apporto di proteine, sali minerali come il ferro, oltre a fibre e varie vitamine, sono alimenti sani, che favoriscono la salute della popolazione. La diminuzione del consumo di fagioli è associata all’aumento di peso e a uno stato nutrizionale insoddisfacente. Coloro che non consumavano il prodotto avevano il 20% in più di rischio di obesità e il 10% in più di possibilità di sviluppare sovrappeso».
Inoltre, come altri alimenti naturali, i fagioli hanno una grande fluttuazione di prezzo e sempre meno spazio in agricoltura. I grandi proprietari terrieri scelgono di piantare cibo destinato alle coomodity, che hanno richiesta internazionale. “Se c’è una minore quantità prodotta di fagioli a fronte di una domanda ancora alta nel nostro Paese, questo fa salire il prezzo e diventano inaccessibili alla popolazione con meno potere d’acquisto, che finisce per dover optare per alimenti ultra-trasformati più economici, come spaghetti istantanei (macarrao) e salsiccia. È importante che la popolazione prenda coscienza di quello che c’è dietro a tutto questo“.
Il tempo del grano transgenico
Pochi giorni fa è arrivata la notizia di una decisione orribile: il 2 marzo, la Commissione Tecnica Nazionale per la Biosicurezza (CTNBio) del Brasile ha approvato il grano transgenico HB4 dell’impresa argentina Bioceres, di cui la Monsanto è azionista, un argomento non all’ordine del giorno della riunione e senza un precedente dibattito con i principali stati produttori di grano. La biotecnologia del grano HB4 è stata sviluppata in Argentina, ma dipendeva dall’approvazione del Brasile, in quanto principale acquirente del grano.
Nel novembre 2021, la CTNBio aveva concesso una approvazione condizionata, ma solo per l’importazione di farina. Da allora, aperta la strada, altri sei paesi hanno già autorizzato l’importazione di grano HB4: Colombia, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Nigeria e Sudafrica. Dal 2021 la discussione sull’HB4 si era affievolita, come evidenziato dall’avvocata socio-ambientale della ONG Terra de Direitos, Naiara Bittencourt: “Proprio perché la CTNBio aveva dichiarato categoricamente nelle note ufficiali che tale approvazione era limitata alla farina di frumento [HB4] importata dall’Argentina”. L’inaspettata approvazione è stata probabilmente affrettata dal fatto che lo staff tecnico, ancora quello nominato dal governo Bolsonaro, temeva che una nuova composizione dello staff avrebbe potuto avere un diverso indirizzo.
La decisione minaccia le specie non geneticamente modificate: una specie di grano non transgenica può essere impollinata dal grano OGM, influenzando e modificando la sua composizione genetica. Oltre a questo esiste la già nota preoccupazione per i pesticidi che, attraverso l’aria, contaminano i campi vicini, alterando con la loro tossicità i cicli del suolo e delle specie in esso presenti. Nel caso del grano HB4, il pacchetto contiene il pesticida glufosinato di ammonio, ancora più tossico del glifosato e proibito nella UE dal 2018, un pesticida usato insieme al Dicamba per la soia OGM brasiliana, che è ormai resistente al glifosato.
Nessun dibattito
Leonardo Melgarejo, agronomo ed ex rappresentante del ministero dello Sviluppo Agrario nella CTNBio tra il 2008 e il 2014, sottolinea che, secondo il protocollo, CTNBio avrebbe dovuto aprire un dibattito pubblico in caso di OGM senza precedenti nel Paese, oltre a promuovere studi di impatto sui terreni. “Si tratta quindi di una elusione della legge sulla biosicurezza. E questo grano è un fenomeno senza precedenti, così come lo erano all’epoca la soia e il mais. Nel Cono Sud, dove l’inverno è molto marcato, c’è una specie di blocco sull’uso di alcuni pesticidi durante l’inverno, perché le piante transgeniche dominanti – mais, soia, cotone – sono raccolti estivi, per cui, in inverno, abbiamo una sorta di ristoro per l’ambiente e per la società perché non c’erano piante transgeniche coltivate. Con il grano, invece, si sospende questo blocco, essendo una coltura invernale che riceve fitofarmaci e, quindi, con una minore possibilità di recupero da parte degli ecosistemi. Avremo quindi un carico permanente di veleni sparsi sul terreno, che scorrerà nelle falde acquifere, il che significa l’avvelenamento di tutto”.
Melgarejo ha inoltre sottolineato che “il glufosinato di ammonio è anche genotossico, una caratteristica che provoca deformazioni nel processo di divisione cellulare e che, quindi, può colpire i bambini; è neurotossico, cioè colpisce il sistema nervoso centrale – con la possibilità di processi degenerativi negli adulti, come l’Alzheimer. È un problema dal punto di vista della vita nel suo insieme, per tutte le fasce di età, e che sarà presente, per la prima volta nella storia, in una dieta umana di base, perché i cambiamenti di questo tipo operati nella soia o nel mais erano destinati soprattutto all’alimentazione degli animali”.
Intanto, è cominciata la protesta di molti contadini e del MST, principalmente negli stati produttori, il Paraná, Rio Grande do Sul e Santa Catarina, responsabili del 90% della produzione di grano. Ma il comparto produttivo brasiliano, che inizialmente lo aveva rifiutato, potrebbe aver pesantemente supportato l’approvazione della coltivazione di grano HB4 nel paese. Forse il cambio di atteggiamento del settore ha avuto luogo dopo un sondaggio commissionato da Abimapi (Associazione brasiliana delle industrie del Biscotto, Pasta e Pane & Dolci industriali), dal quale risultava che il 70% della popolazione brasiliana era disposta a consumare grano transgenico. I rappresentanti della società civile interpelleranno sull’approvazione del grano HB4 sia la Procura della Repubblica, perché consideri “l’impatto sull’ambiente, sulla biodiversità e sulle altre colture di grano convenzionali, creole o locali in Brasile”, che il Consiglio Nazionale per la Biosicurezza, composto da undici ministri, che può rivalutare e prendere decisioni in ultima e definitiva istanza, in merito a qualsiasi decisione presa da CTNBio, valutando anche gli interessi nazionali, sia economici che di sovranità nazionale.
Le nuove lotte del MST
Di certo in Brasile, sconfitto Bolsonaro anche con la grande mobilitazione dei contadini e del MST, è iniziato un bel movimento degli agricoltori familiari e organici, per superare lo strapotere dell’agrobusiness, a partire dalla lotta per una transizione verso la soia organica, contro il dilagare della soia Ogm. Un esempio lo si è visto il 25 febbraio 2023 nella 1°Festa della Raccolta di Soia Libera dal Transgenico organizzata dal MST in Paranà, a cui sono intervenuti, in appoggio all’iniziativa, il ministro dell’Agricoltura, Carlos Fávaro, e quello dello Sviluppo Agrario, Paulo Teixeira.
MaLula e Marina Silva, attuale ministra per l’ambiente, interverranno direttamente per bloccare il pane quotidiano Ogm in Brasile? Ricordiamoci cosa è successo in Brasile negli ultimi vent’anni. Nel 2003 a Ponta Grossa, in Paranà, la Monsanto piantò illegalmente una coltura con semi OGM: subito 150 contadini Senza Terra del MST occuparono questa fazenda e distrussero la piantagione. Ma nell’ottobre 2004, una misura provvisoria del governo Lula (con Marina Silva ministra dell’Ambiente, poi dimessa nel 2008) liberalizzò la coltivazione e la commercializzazione della soia OGM: è stato l’inizio di un’epidemia, che è poi dilagata in Brasile. Negli anni successivi, fino al Governo di Dilma Roussef del 2015, numerose altre leggi hanno autorizzato coltivazioni OGM. Oggi in Brasile si coltivano soia, cotone, canna da zucchero, eucalipto, fagioli e mais OGM. Insomma, bloccare l’autorizzazione a coltivare grano OGM, secondo i movimenti dei contadini, dovrebbe essere il minimo che Lula e Marina Silva devono fare, per non aggravare quanto permesso in passato.
E in Argentina?
L’Argentina, l’altra regina della Soia OGM in America latina, non va meglio. È grande nove volte l’Italia, ha 47 milioni di abitanti, di cui 17 milioni sono ammassati nel comprensorio di Buenos Aires, il Governo del peronista Fernandez, in carica dal 2019, continua la politica dell’estrattivismo minerario e agricolo per export (soia e residui dell’industria alimentare sono al 1° posto): propone come uscita dalla crisi più megaminiere, più agrobusiness, più estrazione di petrolio (con la costruzione di un gasdotto che arriva in Brasile) ed estrazione di litio. La nazionale di calcio avrà pure vinto i Campionati mondiali in Qatar, ma l’inflazione è al 95%, circa metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, quasi 6,5 milioni vivono in miseria e mangiano a malapena una volta al giorno, sovente avanzi di cibo, mentre quasi un quarto della popolazione adulta soffre di obesità, per scarso consumo di verdure e frutta e alto consumo di bevande zuccherate.
In questo scenario desolante, come membro da vent’anni degli Amigos dei Sem Terra italiani, vedo con piacere una ripresa di mobilitazione del MST, che dopo aver contribuito a nutrire la popolazione delle megalopoli durante la pandemia, sta rilanciando la produzione di riso e soia organica, nonostante anche i contadini brasiliani non siano risparmiati dalla crisi climatica, soprattutto nel Sud, da eventi estremi, aumento di Temperatura, piogge scarse e siccità. In un articolo del 13 marzo sul sito del MST, ho trovato un titolo molto significativo “L’umanità si comporta come una cavalletta, un animale che mangia e vive solo per mangiare e morire” e insieme un’analisi esemplare “Ci sono due ragioni per il cambiamento climatico: il fatto che la nostra fonte di energia sono i combustibili fossili e il cattivo uso del suolo”. Sconfitto Bolsonaro (non i bolsonaristi) i Sem Terra ricominciano a fare analisi complessive, a rilanciare produzioni sostenibili e sane e a lottare contro l’agrobusiness.
E in Italia cosa facciamo? Continuiamo, ipocriti, a mangiare alimenti di origine animale prodotti con mangimi brasiliani OGM (soia e mais); il governo attuale vota per continuare a usare il glifosato mentre il parlamento italiano e le associazioni dell’agroindustria si preparano a sdoganare entro il prossimo autunno la sperimentazione in campo aperto dei nuovi OGM, sostenendo che non sono OGM (come ci informa la Coalizione Italia Libera da OGM).
Antonio Lupo, medico, fa parte del Comitato Amigos Sem Terra Italia