“La direttiva UE sulla due diligence per la sostenibilità delle imprese deve coprire pienamente il settore delle armi”, è la richiesta di oltre 40 organizzazioni della società civile internazionale (tra cui Rete Italiana Pace Disarmo)
Quattro Stati membri dell’UE sono tra i primi dieci esportatori di armi al mondo: Francia (3°), Germania (5°), Italia (6°) e Spagna (9°). Insieme, nel periodo 2017-2021, sono stati responsabili di oltre il 21% delle esportazioni globali di armi. Come sottolineato dal Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e da diverse organizzazioni della società civile, non ci sono esempi noti di aziende produttrici di armi che conducano un’adeguata due diligence sui diritti umani (HRDD) in relazione alla produzione, ai trasferimenti e ai servizi connessi alle armi, nonostante il potenziale grave impatto di questa industria.
La proposta di Direttiva sulla due diligence per la sostenibilità delle imprese (la “CSDDD” o la “direttiva”) può contribuire a colmare importanti lacune per quanto riguarda la responsabilità delle imprese europee produttrici di armi, che per troppo tempo hanno eluso il controllo e la responsabilità, nascondendosi dietro i processi di autorizzazione degli Stati.
Occorre considerate l’ambito della catena di valore del settore delle armi
Le organizzazioni firmatarie di questa presa di posizione sono quindi preoccupate per l’attuale posizione del Consiglio dell’UE che esclude dalla definizione di “catena di attività” la distribuzione, il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento di prodotti a duplice uso e di armi, nonché l’esportazione di armi, munizioni o materiali bellici dopo che è stata concessa una licenza di esportazione, così come l’uso di tutti questi prodotti. Chiediamo con urgenza agli Stati membri e al Parlamento europeo di affrontare i gravi rischi per i diritti umani e i rischi di violazione del diritto internazionale umanitario (DIU) posti dal settore delle armi e dei beni a duplice uso, assicurando che tutte le attività in questi ambiti siano pienamente coperte dalla Direttiva, come proposto dalla Commissione.
Il settore delle armi e l’intera catena di valore degli attori legati alle sue operazioni non dovrebbero essere parzialmente o totalmente esentati dalla Direttiva sulla base del fatto che sono già soggetti ai controlli nazionali sulle esportazioni di armi. La distribuzione, il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento delle armi e dei prodotti a duplice uso comportano importanti rischi per i diritti umani, tra cui, ma non solo, il rischio di violazioni del diritto umanitario internazionale, la diversione delle armi, l’inquinamento ambientale e il degrado derivante dallo smaltimento delle armi, per citare solo le preoccupazioni più urgenti. Negli ultimi decenni abbiamo visto questi rischi concretizzarsi ripetutamente. I regimi statali di controllo delle esportazioni di armi in molti casi non riescono a prevenire anche questi rischi.
Escludere le attività a valle dall’ambito di applicazione dell’obbligo di due diligence perché sono già soggette a controlli statali sulle esportazioni non è conforme agli obiettivi della Direttiva. Inoltre, non coglie il punto fondamentale degli standard internazionali, in particolare i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP) e le Linee guida dell’OCSE, che affermano chiaramente che le imprese hanno la responsabilità individuale di rispettare i diritti umani e di prevenire, porre fine e rimediare agli impatti negativi. Queste responsabilità esistono al di fuori e indipendentemente dagli obblighi degli Stati in materia di diritti umani e dalla loro capacità e volontà di rispettarli. I controlli sulle esportazioni da parte degli Stati non possono quindi, per definizione, sostituire la responsabilità aziendale di condurre una due diligence sui diritti umani.
Le aziende produttrici di armi possiedono già i mezzi necessari per svolgere tale azione. Contano su fonti di informazione specifiche, sulla presenza nei Paesi di destinazione delle esportazioni e, a volte, su relazioni commerciali continuative con i loro clienti che consentono loro di effettuare una valutazione informata. Inoltre, l’obbligo di riferire pubblicamente sulle loro valutazioni del rischio e sulle misure adottate per evitare violazioni e abusi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale può contribuire a garantire un maggiore controllo pubblico sulle decisioni di esportazione di armi.
Il settore degli armamenti deve essere inserito nell’elenco dei settori ad alto rischio e soggetto a obblighi di diligenza rafforzati in materia di diritti umani.
La proposta di Direttiva della Commissione include un elenco di settori ad alto impatto che evidenzia le aree prioritarie per l’azione internazionale volta ad affrontare gli impatti negativi sulle persone e sull’ambiente. I gravi impatti documentati sui diritti umani e sull’ambiente causati dal settore degli armamenti giustificano l’inclusione di questo settore nell’elenco di quelli ad alto impatto. Inoltre, a causa dei maggiori rischi insiti nella fornitura di armi a zone colpite da conflitti e ad alto rischio per i diritti umani, la Direttiva dovrebbe rendere esplicito che le aziende che operano in (compresa la vendita o l’esportazione in) zone colpite da conflitti e ad alto rischio dovrebbero condurre una due diligence sui diritti umani più intensa e sensibile ai conflitti.
Ciò sarebbe in linea con quanto richiesto dai Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP) e dalle linee guida dell’OCSE alle aziende che operano in aree ad alto rischio e colpite da conflitti, nonché con le raccomandazioni del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, che ha raccomandato alle aziende produttrici di armi di: “Garantire che i processi due diligence HRDD siano rafforzati in situazioni di maggior rischio, come conflitti armati o sconvolgimenti interni”.
Se l’Unione Europea è seriamente impegnata ad affrontare gli impatti dannosi sui diritti umani delle imprese europee, nonché a promuovere la pace e il disarmo a livello globale, non può esentare parzialmente o totalmente una delle industrie più a rischio dai suoi obblighi in materia di diritti umani, a prescindere dalla sua importanza strategica o dai profitti che ne derivano.
Ambito dei diritti umani da proteggere
Infine, per quanto riguarda l’ambito materiale dei diritti che devono essere coperti dal processo di due diligence, tale azione deve riguardare tutti i diritti umani riconosciuti a livello internazionale, invece di definire l’impatto sui diritti umani solo sulla base degli elenchi selettivi e incompleti di diritti attualmente presenti nelle bozze degli allegati. Pertanto, la definizione di diritti umani deve essere una definizione aperta. L’Allegato 2 dovrebbe includere tutti gli strumenti internazionali e regionali pertinenti in materia di diritti umani e, come osservato dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani e da altri, la CSDDD dovrebbe fare riferimento anche al diritto internazionale umanitario come standard di cui le imprese devono tenere conto. Le quattro Convenzioni di Ginevra e i loro Protocolli aggiuntivi dovrebbero quindi essere aggiunti all’allegato.
Le organizzazioni internazionale della società civile sottoscritte invitano pertanto i membri del Parlamento Europeo e gli Stati membri a garantire che:
- L’intera catena del valore del settore degli armamenti (attività a monte e a valle, prodotti e relazioni commerciali) sia inclusa negli obblighi di due diligencestabiliti dalla Direttiva, indipendentemente dal fatto che tali attività, prodotti o relazioni commerciali siano soggetti a controlli nazionali sulle esportazioni negli Stati membri dell’UE.
- I settori delle armi e del doppio uso siano inclusi nell’ambito di applicazione della Direttiva come settori ad alto impatto.
- Le aziende che operano o hanno rapporti commerciali in aree colpite da conflitti e ad alto rischio siano soggette a un obbligo di due diligence
- L’elenco dei diritti umani coperti dall’ambito di applicazione della Direttiva comprenda tutti i diritti umani, compreso il diritto umanitario internazionale.
FIRMATARI
ACT Alliance EU
Amnesty International
ARCORES Augustinian Recollect International Solidarity Network
Center for Constitutional Rights
CIDSE – international family of Catholic social justice organisations
Comisión General Justicia y Paz
Conflict and Environment Observatory
Control Arms
DKA Austria
European Center for Constitutional and Human Rights
European Coalition for Corporate Justice
Fair Finance International
FIDH
FISC
Fundación Proclade
Gabriele Koehler
Global Responsibility – Austrian Platform for Development and Humanitarian Aid
Hans-Joerg Hosch
International Alert
International Service for Human Rights
International Women’s Rights Action Watch Asia Pacific (IWRAW AP)
IPPNW Germany
Italian Federation of Christian organisations for international volunteer service FOCSIV
León Castellanos-Jankiewicz
Misiones Salesianas
Oxfam
PAX
Peperusha Binti
Plataforma por Empresas Responsables
Polish Institute for Human Rights and Business
Project on Organizing, Development, Education, and Research (PODER)
Red de Entidades para el Desarrollo Solidario-REDES
Rete Italiana Pace e Disarmo
Saferworld
Shadow World Investigations
SOLIDARIDAD CON AMERICA LATINA
Solsoc
Swedish Peace and Arbitration Society
Swedwatch
The Fair Trade Advocacy Office
Transnational Institute (TNI)
Vredesactie
Wecf
Women’s International League for Peace and Freedom