L’appello di Arianna Martini, presidente della ONG, Support and Sustain Children.
Il terremoto che ha colpito il sud della Turchia e il nord della Siria ha ulteriormente aggravato, se non addirittura raddoppiato, l’emergenza umanitaria in quest’ultimo paese, già devastato dalla guerra e sottoposto, dal 2011, alle misure restrittive dell’embargo imposto da vari governi internazionali tra cui l’Europa. Dal 2020, questa serie di sanzioni è stata ulteriormente inasprita con il Cesar Act, legge promulgata dall’ex presidente D. TRUMP.
Infatti, diversi gruppi hanno approfittato di questo nuovo contesto per rilanciare nelle ultime settimane ai vari capi di governo ,l’appello a cessare l’embargo.
Speriamo che anche per la Siria le emergenze umanitarie prevalgano questa volta su quelle politiche ed economiche.
Nel frattempo, possiamo fare appello alla sensibilità umana che risiede in ognuno di noi e, in quanto singoli, sostenere economicamente, secondo le nostre possibilità, le ONG che già da tempo aiutano la popolazione siriana, ma che sono chiamate a rafforzare il loro impegno in queste ultime settimane.
Molti lo hanno già fatto. Altri esitano ancora. Chi, come me, si rifiuta sistematicamente di inviare denaro alle ONG che operano in Paesi lontani, si chiede: « Dove vanno a finire i miei soldi e chi aiutano davvero? »
Credo che sia legittimo porsi questa domanda e preferire di seguire un principio di precauzione secondo il quale: è meglio aiutare chi si trova in un’area più circoscritta e familiare come puo’ essere il proprio quartiere, la propria città, il proprio Paese.
Tuttavia, di recente ho scoperto Support and Sustain Children, una piccola ONG che opera in Siria (AZAZ). È composta da un team di sole 10 persone che gestiscono un campo profughi e aiutano 900 famiglie di rifugiati!
Ho voluto saperne di più e parlare direttamente con la sua presidente e fondatrice Arianna Martini.
Il risultato della nostra conversazione informale ha superato di gran lunga le mie aspettative. In Arianna Martini, la presidente, ho scoperto anche una personalità molto pragmatica. Quella di una cittadina comune, una madre che, a un certo punto della sua vita, ha semplicemente seguito il suo cuore e il suo desiderio di aiutare degli esseri umani.
Nel 2013 si è recata in Siria con i propri mezzi per portare aiuti direttamente alla popolazione. Poco dopo ha fondato l’associazione SSCH.
Qui di seguito l’intervista, riportata nei passaggi più salienti:
Salve Arianna, una breve presentazione
Direi molto semplicemente questo: sono una persona dopo due anni dall’inizio della guerra in Siria, ha deciso di non restare più solo a guardare cosa accadeva. Così un giorno mi sono recata sul posto, a mie spese e grazie al contributo economico di un gruppo di amici che hanno voluto sostenermi. Perché l’intera operazione era ovviamente costosa per me da sola.
Sono andata lì per aiutare i rifugiati che in quel momento fuggivano da ogni parte. A quell’epoca non c’era ancora quel poco che è stato fatto per loro in seguito, come ad esempio la costruzione di campi di accoglienza.
All’inizio ho iniziato a prestare i primi soccorsi come meglio potevo. Un po’, devo dire, come un flipper. Cercavo le persone per strada e le aiutavo. Trovavo malati, feriti, bambini e li aiutavo. Non avevo ancora una struttura organizzata, solo il desiderio personale di aiutare.
Tornato in Italia dopo quel primo viaggio, ho iniziato a sfogarmi sui social media, soprattutto su Facebook. Postavo alcune foto scattate direttamente da me sui siti, riferivo ciò che avevo visto ed esprimevo la mia perplessità e delusione. Sempre più persone hanno iniziato a reagire ai miei post in rete scrivendomi che volevano aiutarmi. Non ero organizzata, anzi non eravamo organizzati. Perché anche se all’inizio ero io che partivo, avevo ed ho tuttora un gruppo di amici in sostegno. Quando abbiamo ricevuto tante offerte di aiuto, abbiamo deciso di organizzarci.
All’inizio abbiamo creato un comitato, in seguito l’associazione. Una Onlus non molto grande, ma attraverso la quale portiamo avanti progetti molto efficaci. Possiamo aiutare ogni bambino, ogni persona.
Oggi gestiamo un campo profughi spontaneo, cioè non monitorato da nessuna organizzazione, e 900 famiglie, che sono sostenute esclusivamente da noi e da nessun altro. Quindi c’è molto da gestire!
Cosa l’ha spinta a dare priorità all’aiuto al popolo siriano?
Non c’è un vero motivo. Forse sono stati i social network a influenzare la mia scelta in quel momento. Perché hanno trasmesso immediatamente molte informazioni e immagini, anche se non tutte vere, su questa guerra. Si vedeva davvero tutto, quindi non ho potuto fare a meno di reagire. Ma non è una scelta del popolo siriano piuttosto che un’ altro.
Volevo aiutare, i miei figli erano già un po’ cresciuti, potevo finalmente farlo. Ora siamo attivi lì, c’è tanto bisogno, quindi continuiamo lì. Ma c’è bisogno di aiuto ovunque nel mondo.
Come è organizzata la vostra associazione, quanti operatori ha?
Siamo una decina di persone in tutto, tra personale operativo e d’ufficio: due fotografi, un medico e io sul posto. C’è anche Fabio Geda, uno scrittore che è entrato nell’associazione e che ci aiuta sia a livello operativo (è venuto in tre missioni) sia per la comunicazione.
Per quanto riguarda le pratiche d’ufficio dell’associazione, sono sempre io in prima linea, aiutata da cinque volontari. Mi occupo personalmente di tutte le pratiche amministrative, della gestione e della stesura dei progetti, della partecipazione ai bandi e della gestione dei contatti con le persone sul campo.
Ci Racconti una giornata tipo nel campo profughi
Andiamo in Siria circa ogni due mesi. Alloggiamo in un piccolo albergo molto modesto, che ormai è diventato una seconda casa per noi. Si trova a circa un’ora di distanza dal campo profughi. Infatti, ogni volta noleggiamo un’auto per arrivarci.
Ci alziamo la mattina non troppo presto. Mangiamo lì prima di partire perché sappiamo che non avremo un pasto adeguato fino a tarda sera. Entriamo in modalità fachiro per tutto il giorno. Una volta arrivati al campo, c’è un gruppo di bambini che ci aspetta e ci corre incontro. Li troviamo cresciuti e li contiamo. Poi iniziamo le diverse distribuzioni di aiuti alimentari, coperte, scarpe, ecc. Ho già organizzato tutto in anticipo. Dall’Italia ho acquistato la merce, ho pagato i fornitori locali e il trasporto, e infine, una volta che tutto è arrivato sul posto, lo distribuisco nell’arco di diversi giorni.
I bambini fanno a gara per aiutarci a distribuire alle diverse famiglie.
C’è gioia e gratitudine.
Tre o quattro volte all’anno, la dottoressa Anna Mendini visita tutti gratuitamente: I bambini, gli adulti, gli anziani. Sotto una tenda quando fa freddo, o su una stuoia quando fa caldo. In queste occasioni, distribuiamo medicinali acquistati in anticipo. Quando ci sono casi gravi, li seguiamo da vicino. Seguirli significa mandarli in ospedale e (poi) pagare le cure. Altrimenti, non sono presi a carico dall’ospedale.
Nel campo abbiamo anche una piccola tenda scuola dove passiamo molto tempo, la gran parte. Seguiamo attività educative, ridiamo, giochiamo, facciamo merenda insieme. Attualmente siamo in gemellggio con una scuola elementare di Torino.
Comunichiamo attraverso delle videochiamate con i bambini della classe in Italia e con i nostri della tenda scuola. Abbiamo anche uno scambio tra gli insegnanti.
Racconto tutto questo in una volta sola, in realtà ci vogliono diversi giorni per fare tutte queste cose. Le famiglie del campo fanno a gara per invitarci a prendere il tè con loro, per passare un po’ di tempo insieme a noi.
A fine giornata ripartiamo sempre stanchi e tardi la sera. Quando fa caldo, rientriamo devastati dal calore e dalla polvere. In inverno, come adesso, siamo devastati dal freddo e dal fango.
Ci lasciamo l’ultimo giorno per trattare i diversi casi disperati, ascoltarli tutti e vedere come intervenire. Infatti abbiamo tanti casi, che seguiamo capillarmente, singolarmente…
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Può raccontare un aneddoto positivo, nonostante le circostanze?
Sì, un aneddoto che è accaduto nel campo oggi (9/02/2023), anche se io non sono lì al momento.
Qualche giorno fa, prima di tornare in Italia, abbiamo distribuito coperte per il freddo. Stamane mi hanno chiamato e mi hanno detto :
« vi chiediamo il permesso di redistribuire alcune delle coperte che ci avete fornito, alle persone che si trovano in città perché da diversi giorni vivono fuori al freddo e non hanno coperte”.
Questa è la cosa migliore che potesse capitarmi! Rimangono senza, mentre hanno davvero bisogno di coperte. Vogliono distribuirle ai loro fratelli, che siano siriani o turchi, è lo stesso.
Ecco questa é la cosa più bella che mi potesse capitare! Se ne privano, malgrado ne hanno veramente bisogno. Vanno e li distribuiscono ai loro fratelli, che siano essi siriani o turchi é uguale. Secondo me questo é anche il risultato di aver seminato dieci anni di solidarietà.
Hanno ricevuto e sono in grado di dare anche loro adesso.
Questa cosa mi ha veramente fatto bene oggi.
Ho sentito dire che è difficile far entrare in Siria beni di soccorso e aiuti umanitari a causa dell’embargo. Cosa può dirci in merito?
In parte è vero, perché prima gli accordi venivano rinnovati ogni anno, forse anche ogni due anni. Non ricordo bene. Ora gli accordi vengono rinnovati ogni sei mesi. Ad ogni scadenza c’è un clima di incertezza. La prossima sarà in aprile. Quando questo accordo deve essere rinnovato, ci sono sicuramente settimane in cui non succede nulla.
Questo è in parte vero anche perché diciamo che il governo siriano non è simpatico agli altri governi. Quindi il Paese è stato sottoposto all’embargo. Ma è la gente che subisce queste restrizioni. Le cose non vanno come dovrebbero, non ci sono abbastanza aiuti.
Ma la Siria non è chiusa, non è completamente impossibile attraversarla. Se hai i permessi, se sei un’associazione, il passaggio è aperto.
Dal lato dove passo io, ho visto più volte camion di merci in coda in attesa di attraversare il confine.
Ho visto personalmente dei filmati che mostrano lo stato deplorevole in cui versano gli ospedali in Siria, la mancanza di scorte di medicinali. È così difficile farsi curare in un ospedale laggiù?
Per curarsi non c’é molto in Siria. Per quanto ho detto poco prima, mi riferivo al fatto che noi li li ospedalizziamo in Turchia. Dove tutto é a pagamento, ma esiste.
Molti siriani passano il confine a posta per farsi curare, non domandarmi come ma qualcuno riesce a passare.
Cosa significa per lei “la pace” e cosa pensa si possa fare davvero per raggiungerla tra i popoli?
Che cos’è la pace? Mhh… La pace sta diventando quasi un concetto astratto!
La pace per me é vivere in libertà. Il ché puo’ nascere solo da una forma di rispetto profonda tra le persone e che per me viene prima dell’amore.
Si puo’ rispettare qualcuno anche se non lo si ama.Il rispetto reciproco e delle reciproche differenze fa si che si viva in pace.
La pace permette di avere pari opportunità. Vedo bambini che, per il semplice fatto che non vivono in tempo e in terra di pace, non sanno leggere e non sanno scrivere.
Ho visto purtroppo la « non pace », il sorpruso, la guerra.
Cosa pensa dell’embargo come misura punitiva?
Se si tratta di dare una lezione ai membri di un governo di un Paese, non mi esprimo.
Ma la verità è che le conseguenze di un embargo finiscono, a cascata, per ricadere sulla popolazione, sugli innocenti, sui bambini.
Quindi non la trovo una misura risolutiva, né democratica e né che porti la pace giustamente. E’ una misura che affama e non solo di cibo. Non é un metodo che percorrerei se fossi un politico.
Se potesse, cosa direbbe ai nostri leader a questo proposito, soprattutto in questo momento in cui all’emergenza causata dal terremoto si aggiunge quella causata dall’embargo in Siria?
Direi loro di venire una volta con me a vedere con i loro occhi cosa comportano realmente le loro azioni politiche. Non avrebbero più il coraggio di guardarsi allo specchio. Almeno lo spero.
Un appello urgente a favore dell’ associazione.
Queste persone vivono oramai da piu di 10 anni tra le macerie, quelli che sono scappati e vivono in condizioni dove noi non terremmo neanche i nostri animali.
Pochi li aiutano. Quante altre macerie devono vedere queste persone ? Questa nuova emergenza dovuta al terremoto li porta nuovamente a scavare con le loro mani, come hanno scavato sotto le bombe a suo tempo, ma questa volta in una maniera ancora piu’ estesa perché ci sono città completamente rase al suolo. Morti dappertutto. Chi non era morto in guerra é morto adesso per il terremoto. A questa gente serve tutto, proprio tutto.
Nell’immediato soldi per poter comperare medicine, cibo e coperte per gli sfollati.
Questo é il mio appello :
NON LI DIMENTICHIAMO !
In quanto cittadina come lei, se mi mobilitassi, ad esempio, per raccogliere coperte e fargliele recapitare alla sua associazione, invece di dare un contributo finanziario, sarebbe possibile?
Non é logisticamente possibile. Avremmo bisogno di almeno di 10.000 coperte. Lo stoccaggio, il trasprorto sarebbe troppo oneroso. Noi siamo una struttura troppo piccola, non siamo l’UNICEF. Conviene comprare direttamente in Siria come già faccio. Tra l’altro fa bene alla loro economia. Sono migliaia le cose che dobbiamo comperare.
Comprate anche prodotti in Turchia?
Stavolta compreremo solo in Siria e nelle zone dove ci sono attività produttive ancora in piedi perché il sisma é stato più clemente. Poi da li le trasporteremo dove serve. Anche perché é l’unico modo per farglieli avere alla gente. Non posso adesso pensare di attraversare la frontiera dalla Turchia alla Siria con tutto i disordini causati deall’emergenz anche li. Non passerei.
Poi, in Siria ho una rete di persone che conosco da dieci anni che vivono li, alcuni sono al confine altri all’interno del paese. Con loro riusciremo sicuramente a farlo.
In seguito all’ intervista, ho avuto modo di parlare anche con Marcella Losco, una delle più strette collaboratrici di Arianna Martini, che ha avviato il nostro contatto. Ha condiviso con me una sua riflessione che riporto qui integralmente:
« Arianna mi ha insegnato che Diritti Umani significa riportare le persone alla Vita.
Perché stentiamo a vedere queste persone in difficoltà come esseri umani con vite, esperienze che un destino crudele ha condannato alla sofferenza. »
L’associazione umanitaria di Support and Sustain Children, fondata su iniziativa di una cittadina italiana, per quanto piccola sia porta avanti diverse azioni umanitaire concrete in Siria. Va sottolineato in particolare il fatto che:
Dieci persone aiutato ben novecento famiglie e da oramai dieci anni!
Questa proporzione ci rende tangibile e misurabile quanto sia possibile aiutare.
Inoltre, date le piccole dimensioni di questa ONG, le sue azione di sostegno sul campo sono facili da seguire anche a distanza. Video e foto vengono sistematicamente pubblicati sul loro canale YouTube e sulla pagina FB per offrire un avanzamento aggiornato ai donatori.
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