Dopo il tavolo tecnico svolto ieri a Palazzo Chigi è imminente la nomina di un commissario straordinario preposto alla gestione dell’acqua, come annunciato dal Ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto che ha dichiarato: serve un ragionamento immediato che significherà anche razionamenti sulla distribuzione della risorsa.
La situazione di emergenza climatica, la siccità e il fenomeno della desertificazione (che già interessa il 20% del territorio italiano) saranno, quindi, utilizzati per giustificare misure di razionamento dell’acqua, sospensioni programmate dell’erogazione, divieti e limitazioni all’utilizzo dell’acqua.
Non è bastato, quindi, disapplicare il Referendum del 2011, oggi ci troviamo anche di fronte ad una nuova restrizione di democrazia che sottrarrà ai territori anche il controllo della propria acqua, sottoponendo i cittadini a centellinare questa risorsa vitale, pagata come oro ai vari gestori che, a fronte di lauti profitti e dividendi, hanno ridotto le reti a colabrodi. Mentre con ogni probabilità sarà impossible irrigare anche il piccolo orto di casa, fiumi di acqua si disperdono dalle condutture nel sottosuolo.
La stessa Relazione annuale ARERA 2020, dichiara che in media il 43,7% dell’acqua viene dispersa dalle tubature. In Sicilia si sale al 49%, in Sardegna al 59% e in Molise e nel Lazio addirittura oltre il 60% . A Latina e a Frosinone siamo ad oltre il 70% da ciò che registrano i Comitati. Ma poi l’obbiettivo di efficienza fissato da ARERA stessa si limita al 25% delle perdite totali. E agli acquedotti meno virtuosi concede decenni per adeguarsi.
Se negli ultimi venti anni fossero statai effettuati gli investimenti necessari non servirebbero fondi straordinari come quelli del PNRR per la manutenzione delle reti e degli acquedotti (visto che sulla bolletta sono caricati anche quei costi) e tantomeno servirebbero grandi opere, a parte quella di capire che fine fanno i soldi quando escono dalle tasche dei cittadini.
Come movimento per l’acqua abbiamo denunciato come il “Recovery Plan” punti a realizzare una vera e propria “riforma” nel settore idrico fondata sull’allargamento del territorio di competenza di alcune grandi aziende multiservizio quotate in Borsa che gestiscono i fondamentali servizi pubblici a rete (acqua, rifiuti, luce e gas) la quale si sostanzierebbe in una vera e propria strategia di rilancio dei processi di privatizzazione.
A nostro avviso si tratta di mettere in campo un grande Piano nazionale per la ristrutturazione delle reti idriche, il quale andrebbe assunto come un tema fondamentale per il futuro della risorsa acqua e della stessa idea di sviluppo sociale del Paese. Proponiamo un piano che nell’arco dei prossimi 5 anni costruisca investimenti pubblici nella seguente misura:
- 2 mld di € per la ripubblicizzazione del servizio idrico, da utilizzare nel primo anno di intervento;
- 7,5 mld. di € (cui aggiungere risorse provenienti dai soggetti gestori per circa ulteriori 2,5 mld) per la ristrutturazione delle reti idriche;
- 26 mld. di € (di cui 50% provenienti dal Recovery Plan e il restante 50% da ulteriori fonti di entrata) per il riassetto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio.
La storia la conosciamo bene: cavalcare l’ennesima emergenza italiana è utile solo a dare campo libero e privo di regole, all’ennesimo Commissario–Superman con pieni poteri, libero da ogni vincolo normativo.
Ma, a parte razionare acqua ai cittadini, quale sarà il suo mandato?
Completare il lavoro iniziato dai precedenti governi per dare in mano ciò che resta del nostro servizio idrico ai fondi di investimento e alle multinazionali estere?
Ci spieghi cosa intende fare con la nostra acqua, questo governo. Se anche in questo caso intende seguire la strada sin qui tracciata dai suoi predecessori o se intende voltare pagina.
La crisi idrica che stiamo attraversando va affrontata con responsabilità rendendo partecipi delle scelte intraprese i cittadini e le comunità.
Attribuire all’acqua un valore di mercato come fosse una qualsisasi merce farebbe inevitabilmente lievitare i prezzi.
Se siamo coscienti che i cambiamenti climatici, la desertificazione, l’inquinamento delle fonti, impatteranno sulla popolazione in modo discriminatorio, a maggior ragione dovremmo essere consapevoli che l’acqua deve stare fuori dalle dinamiche del profitto e della privatizzazione.
L‘acqua è un bene universale da cui dipende la vita delle persone e del pianeta, che va salvaguardato e non buttato in pasto alla speculazione.
Il governo chiarisca quale strada vuole intraprendere.
Roma, 2 Marzo 2023.