“Se é verosimile che solo il linguaggio ci può salvare, se solo l’altro può salvarti da te, può trattenerti al di qua, l’altro può forse anche spingerti di là o lasciarti, abbandonato e naufragato, irrelato. Solo di questo é utile parlare. Molto altro non so.”
Parole di Franco Rotelli, psichiatra italiano. È stato uno dei protagonisti della Riforma Psichiatrica in Italia e uno dei principali collaboratori di Franco Basaglia, recentemente scomparso.
Ebbi l’opportunità di conoscerlo un sabato prepasquale del 2008, nei miei primi viaggi verso Trieste. Avevo sentito parlare di un roseto al Parco San Giovanni. Gli scrissi ma non mi aspettavo di avere la possibilità di un incontro così ravvicinato. Ci accumunava la passione per la cultura del verde. Entrambi si credeva nella Natura come fonte di ispirazione e di pace. Allora lui era il Direttore Generale dell’Azienda dei Servizi Sanitari di Trieste. Timidamente arrivai nel suo ufficio. Mi salutò sorridendomi, con lui ad aspettarmi Giancarlo Carena, allora responsabile dell’agricola Monte San Pantaleone che si occupava (si occupa) del Parco San Giovanni. Rotelli iniziò con illustrarmi come sarebbe rinato quel luogo che conobbe tante sofferenze. Una storia lunga e speciale, iniziata quando la città era ancora sotto il dominio dell’impero austro-ungarico. Un programma medico di fine Ottocento, infatti, prevedeva a Trieste la creazione di una moderna “cittadella” di cura per le persone affette da disturbi psichiatrici, con casette residenziali, laboratori, la falegnameria, un teatro, una chiesa e un grande parco.
Il progetto affidato all’architetto Ludovico Braidotti (1865-1939) vede la luce e il manicomio svolte le sue funzioni anche dopo la Prima guerra mondiale e il passaggio di Trieste all’Italia. Nel 1971 Franco Basaglia, lo psichiatra chiamato a dirigerlo, si trovò difronte a un luogo desolato, dove i ricoverati vivevano oltre i limiti della dignità.
Iniziò li un’opera di di cambiamento che rivoluzionò non solo il manicomio triestino ma l’intera visione della psichiatria mondiale. Due anni dopo la città venne indicata come zona pilota per la ricerca relativa alla salute mentale e diventa punto di riferimento per la cura di queste malattie. L’azione riformatrice di Basaglia e dei suoi collaboratori, tra cui Rotelli, porta, nel 1977 alla chiusura degli ospedali psichiatrici e l’anno dopo il Parlamento approvò la legge 180 (detta anche legge Basaglia) che portò alla riorganizzazione delle cure dei malati mentali sul territorio italiano. Da quel momento il Parco San Giovanni e gli edifici al suo interno passano un periodo di inevitabile abbandono.
Negli anni Novanta del Novecento la Fondazione Benetton Studi e Ricerche organizza un laboratorio durato un anno alla possibilità di trasformare l’ex ospedale in un grande parco pubblico. Il progetto prende forma proprio sotto la direzione Rotelli. Mi ricordo ancora con emozione il giro che feci con lui alla guida della sua Smart rossa in giro per il Parco e il suo “Abbiamo deciso di creare un grande roseto diffuso con la collaborazione di Vladimir Vremec. Si estende per oltre 22 ettari. Le rose sono distribuite in tante zone sia all’interno delle aiuole sia sugli archi lungo i muri che cingono il parco. Nella parte bassa del parco ci saranno le rose antiche, mentre in quella più alta ci saranno le moderne, tra cui una collezione di varietà ottenute nel periodo Liberty (1888-1925)”. Nel nostro andare con la macchina mi indicava “qui, li” dove non c’era nulla. Già nel 2012 ben 5.000 esemplari di rose crescevano in quel luogo. E ancora sempre là dove ci fu tanta sofferenza, segno della rinascita nella rinascita da oltre dieci anni crescere nel Parco San Giovanni un Hibakujumoku di Nagasaki, figli di quel kako che è sopravvissuto all’attacco atomico del 9 agosto 1945.
Nel suo “ L’istituzione inventata” (Edizione Alpha Beta Verlag, 2016) scrive “La rosa che non c’è. Mancano cinquemila rose perché altrettante ne abbiamo messe ma altrettante ne avevamo, in più, promesse. Sono quelle che non ci sono ancora. Se alla sera d’estate nel parco nessuno ci fosse più la vita vera, promessa al posto dell’orribile cosa che era li, non verrà ancora davvero prodotta. Mancano troppo suoni risa e canti della notte, rumore eros delle discoteche in estate, rumore corporeo dei falò e delle feste di fine anno che passarle ballando con i matti sembrava bello e giusto o forse anche di loro si approfittava, innocenti, per intessere amori. Ma se delle cose non si approfitta per intessere amori perché dovrebbero interessarti? Quelle (le rose) che ci raccontano dell’amore che, sorprendendo il mondo, ha consentito tante a tante, tante persone di cui tengo il ricordo, di immaginare che avesse un senso stare lì, giorno dopo giorno a cambiare il mondo (no, solo quel mondo li). Le rose che mancano narrano di qualcosa che si è fermato, e che nessuno sa se riprenderà un proprio cammino. Ognuno di quelle che stan lì ne chiama un’altra che non c’è, non ci sarà?” Franco Rotelli è “partito” il 16 marzo 2023 ma ciò che è stato rimane nei cuori e nelle menti, e quelle altre cinquemila rose cresceranno in quel magico Parco. Lui ci ha insegnato che nulla è impossibile. Tutti hanno diritto alla libertà e alla dignità.