Erano decenni che non si parlava di terrorismo prima di un’affermazione di Molinari, direttore di Repubblica, contro i NoTav in diretta nazionale il 10 ottobre 2021: “quanto resta del terrorismo italiano degli anni ’70”
I fatti suggeriscono che quell’affermazione sia stata tutt’altro che casuale. La PM Pedrotta di Torino un anno dopo costruì un teorema accusatorio contro alcuni esponenti del movimento NoTav basato sull’Art. 270 del codice penale: associazione sovversiva. Quell’accusa fu tuttavia derubricata del GIP.
Chi ha vissuto gli anni ’70 e le stragi degli anni ’90 sa bene cosa sia il terrorismo e come si manifesta.
Dopo la dichiarazione di Molinari e i falliti tentativi, almeno per ora, di assimilare al terrorismo un conflitto sociale che peraltro dura da 32 anni in Valsusa, ecco che salta alle cronache il caso Cospito.
Cospito gambizzò a Genova nel 2012 – e questa è cronaca – Adinolfi, AD di Ansaldo Nucleare, attentato che ha rivendicato. Ma allora nessuno inneggiò all’emergenza terrorismo in Italia. Ora si è accusato Cospito di un attentato con degli esplosivi di cui lui nega la responsabilità, i fatti ci dicono che l’attentato ad Adinolfi riuscì nonostante l’uso di una vecchia Tokarev, pistola militare russa in caduta in disuso da 50 anni, e che venne realizzato in prima persona. Il goffo – per fortuna – e malriuscito tentativo dinamitardo, avvenuto a Fossano nel 2006 e che gli è stato attribuito, appare di ben altra “caratura”.
Improvvisamente Cospito diventa il simbolo del pericolo terroristico in Italia: ma quanti attentati riusciti e realmente pericolosi sono stati effettuati dopo il 2012? La cronaca ci dice che fortunatamente nessun avvenimento di rilievo di matrice politica è successo o è stato sventato.
Ha sempre detto, che da anarchico, quello che ha fatto lo ha rivendicato, ha proprio dichiarato – e anche questa è cronaca – che l’attentato di Fossano se lo avesse fatto lo avrebbe rivendicato. Davvero si può pensare, senza l’insorgenza del dubbio, che una persona che ha già rivendicato un attentato e che si sta lasciando morire di fame in carcere non avrebbe rivendicato un’ulteriore azione qualora l’avesse commessa?
Come non pensare che la storia c’insegna, con Pinelli e Valpreda, che le accuse non sempre sono veritiere, che taluni teoremi appaiono costruiti ad arte, e che gli anarchici siano stati un bersaglio utile alla strumentalizzazione di un depistaggio degli avvenimenti?
Arriviamo poi all’attentato ai danni della sorella di Elly Schlein in Grecia, anche qui un goffo – sempre per fortuna – tentativo malriuscito. Di questo attentato si attribuisce la responsabilità a Cospito in quanto “capo ispiratore”, il senso delle accuse ventilate è stato quello. Anche qui la questione non regge, gli anarchici non hanno “capi” e questo è un fatto. Ma allora perché assimilare a Cospito la responsabilità di un attentato in Grecia ai danni della Schlein? Perché continuare ad agitare il pericolo terrorismo in Italia quando appare di tutta evidenza che non ci siano episodi di terrorismo politico?
Chi il terrorismo lo ha vissuto ben sa che l’Italia è patria di depistaggi, che quando si delinea il pericolo del conflitto sociale il terrorismo è un ottimo argomento per “serrare le fila”, per “patti di unità nazionale”, insomma per comprimere e/o eludere diritti con lo scopo di disinnescare la “bomba” sociale, ovvero un ribaltamento dei rapporti di forza in cui la maggioranza rivendica dei diritti nei confronti di una minoranza, un establishment economico di potere.
Stiamo assistendo ad una progressiva criminalizzazione delle proteste, ad un’assimilazione delle manifestazioni a “terrorismo di piazza”, un totem sempre più palesato sotto diverse forme e in modo sempre più esplicito. I motivi del conflitto sociale sono chiari: il malcontento per il disinteresse e la lontananza dei Governi, il progressivo impoverimento, l’aumento della forbice sociale, la sempre maggiore negazione di cura degli ammalati e dei non autosufficienti.
Le mobilitazioni, al contrario della Francia, in Italia non avvengono se non in minima misura, ma non è un buon segnale, il malcontento cova, l’astensione è un sintomo preciso. La storia tuttavia c’insegna che quando il malcontento esplode è inarrestabile, non solo: viene innescato da motivazioni spesso imprevedibili. Questo forse preoccupa un establishment che non ha alcuna intenzione di risolvere i gravi problemi sociali che stiamo attraversando – cosa che disinnescherebbe il conflitto – e ritiene che l’unica soluzione sia la repressione.
Come vogliamo chiamare questo establishment? Fascisti? Post-fascisti? Neoliberisti? Capitalisti? Mafiosi? Massoni deviati? I mercati? Il nome in realtà conta poco, contano gli scopi deleteri per la collettività e l’influenza (evidente?) sulla politica dei Governi. Ma se leggiamo la Costituzione: non è proprio questo costante impoverimento sociale, certificato da molti studi, il vero e proprio disegno eversivo?
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese“: la Costituzione non è il pilastro sul quale si fonda lo Stato italiano?
Già: perché continuare ad agitare il pericolo terrorismo in Italia quando appare di tutta evidenza che non ci siano episodi di terrorismo? Forse perché si sta preparando il terreno ad una nuova strategia della tensione in cui regnerà il caos? In cui assisteremo a depistaggi, al “mai chiarimento” su chi saranno i mandanti? A trattative “Stato – chissà chi” per cercare di mantenere l’ordine, dato che un colpo di stato vero e proprio – l’ultimo fu sventato nel ’70, proprio negli anni citati da Molinari – attualmente appare per fortuna piuttosto irrealizzabile?
E’ quindi forse arrivato di nuovo il momento di “allacciare le cinture”?