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8 MARZO SCIOPERO OVUNQUE: dentro e fuori casa, dai ruoli di genere e da tutti i ruoli che ci vengono imposti e dai consumi indotti. La marea sale sempre più! Ci riprendiamo le strade, le piazze, il tempo, i desideri, contro la violenza maschile sulle donne, di genere e dei generi, contro la repressione, contro il razzismo
Palermo, Piazza Bellini ore 17:00
Lo sciopero transfemminista è di tuttə e per tuttə le soggettività oppresse da questo sistema: lavoratorə precarə, disoccupatə, studentə delle scuole e università, soggettività migranti, soggettività strettə e ingabbiatə nel lavoro di cura, comunità lgbtqia+. La violenza di genere, la pandemia, la guerra, il disastro ecologico, l’inflazione: viviamo in un mondo di crisi continue che non sono emergenze ma segnali evidenti di un sistema che si sta sgretolando, un sistema che ci costringe a vivere vite insostenibili e che vorrebbe chiuderci nell’isolamento e nell’impotenza. Ma con lo sciopero, possiamo costruire una potenza comune contro il sistema patriarcale, capitalista, coloniale e razzista. Ci appropriamo di uno strumento tradizionale di lotta per superarlo, reinventarlo insieme sulla base delle nostre necessità e farlo esplodere in tutti gli ambiti delle nostre vite. Facciamo di questa pratica una forza e una potenza collettiva. Ci fermiamo un giorno per imparare insieme a fermarci e a scioperare contro la violenza tutti i giorni dell’anno. Lo sciopero è il processo di liberazione per tuttә, è la rivoluzione dentro e fuori di noi, è urlare tuttә insieme che se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo.
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7 marzo del 1947 – Anniversario della Strage di Messina: il primo episodio sanguinoso dell’Italia post-bellica che ebbe come protagonisti i lavoratori e le forze dell’ordine, in uno scontro maturato in un contesto carico di forti tensioni sociali
Quel giorno la città mostrava un volto inusuale: negozi chiusi e poche persone per strada. Soltanto da via S. Cecilia si udiva provenire un rumore sempre crescente. E’ lì, infatti, che si erano dati appuntamento i lavoratori, che già dalle otto continuavano ad affluire senza interruzione. Alle dieci e trenta il corteo cominciò a scivolare giù verso il Viale S. Martino e poi, sempre più ingrossandosi, verso l’altra grande arteria cittadina, la via Garibaldi. Alle undici, quarantamila lavoratori (secondo le stime del Pci) avevano invaso con le loro bandiere rosse la piazza della Prefettura. Sulla statua del Nettuno, che guarda fiera la magia dello Stretto, qualcuno aveva eretto simbolicamente una forca, mentre una delegazione mista di lavoratori e sindacalisti cercava di farsi ricevere dal Prefetto, che peraltro si era dichiarato indisponibile a qualsiasi incontro. Quando da uno dei balconi si affacciò il viceprefetto Castrogiovanni, i dimostranti, secondo quanto riferisce la stampa, iniziarono “una fitta sassaiola”, e da questo momento in poi gli eventi precipitarono drammaticamente. Un primo tentativo di forzare il cordone della polizia che cingeva l’ingresso della prefettura veniva respinto violentemente dalla “celere” della polizia, che quel giorno era armata di mitra e moschetti. Gli agenti spararono anche alcuni colpi a scopo intimidatorio. Un secondo tentativo veniva nuovamente respinto verso le dodici e un quarto. Questa volta gli spari furono più intensi e minacciosi. Nessuno riusciva più a riportare la calma. I lavoratori, esasperati, si muovevano come un flusso nervoso di marea. Di fronte a loro, nel panico più totale, le forze dell’ordine avevano completamente perso il controllo della situazione, e fu a questo punto che un capitano dei carabinieri diede l’ordine di aprire il fuoco sui manifestanti ad altezza d’uomo: uno scontro che, secondo alcuni testimoni, fu affrontato dalle forze dell’ordine al grido di “Avanti Savoia”. Lunedì 10 marzo fu il giorno dei funerali. In piazza Cairoli, cuore della città, ottantamila messinesi aspettarono in silenzio il passaggio dei feretri di Giuseppe Maiorana e Biagio Pellegrino, mentre Giuseppe Lo Vecchio era agonizzante in una corsia dell’ospedale “Regina Margherita”. Le bare sfilarono avvolte nel tricolore e nelle bandiere rosse. Su quella di Biagio Pellegrino qualcuno depose il pezzetto di pane che gli era stato trovato in tasca il giorno dell’eccidio.
nota storica integrale su Infoaut.org
Forum civico Catania: emergenza abitativa e disagio sociale, un tema del quale le istituzioni si occupano troppo poco. si continua a costruire e cementificare nonostante oltre 50mila unità immobiliari disponibili
A Catania, nonostante il 74% di abitanti abbia una casa di proprietà, esiste un disagio abitativo molto alto, perché sono molte le persone con reddito basso o senza reddito che non riescono a trovare un alloggio. Così ha esordito nella sua relazione introduttiva Giusi Milazzo, segretaria regionale del Sunia, citando numeri importanti come quello delle famiglie in attesa di una casa popolare (circa seimila in una graduatoria che scorre in modo estremamente lento), degli sfratti annuali (3000), delle richieste di contributo per l’affitto (2000), senza dimenticare i molti pensionati anziani soli che non riescono neanche a mantenere la casa di proprietà. Una situazione grave, complicata da altri elementi, come le coabitazioni forzate a causa della impossibilità per i giovani di pagare affitti troppo alti o di offrire, non avendo attività stabili, le garanzie richieste dai locatori… Milazzo non si è limitata a portare al tavolo analisi e dati, ha avanzato anche alcune proposte, ad esempio la richiesta che vengano creati un assessorato comunale alla casa e un osservatorio provinciale che, oltre al monitoraggio del fabbisogno, preveda una programmazione pluriennale degli interventi. Tra gli interventi da prevedere, l’offerta di alloggi sociali gestiti da un soggetto pubblico con canoni accessibili, nuova edilizia sociale da realizzare riqualificando immobili pubblici dismessi o acquisendo da privati immobili degradati da riqualificare e assegnare per un periodo a famiglie in disagio sociale… Nel complesso, comunque, ribadisce Milazzo, va realizzata nuova edilizia sociale ma non di tipo tradizionale. Basta con i brutti palazzoni nelle periferie ghettizzate e prive di servizi, gli alloggi sociali vanno realizzati in centro in modo da favorire l’inserimento sociale delle famiglie disagiate e recuperare, nel contempo, strutture dismesse come le scuole e gli ospedali. L’aumento dell’offerta di abitazioni servirà anche a calmierare gli affitti.
articolo integrale su argo catania
Bari, 6 studenti dell’Università di Bari, attivisti di Cambiare Rotta denunciati per uno striscione contro la guerra davanti al Politecnico e contro gli accordi tra l’ateneo e le industrie belliche
La manifestazione si svolgeva in collegamento con quella nazionale chiamata dai lavoratori portuali a Genova che ha visto nello stesso giorno scendere in piazza oltre diecimila persone in opposizione alla guerra e dove, come studenti e universitari, ci siamo mobilitati a fianco della lotta per bloccare il transito delle armi nei porti. In una nota Cambiare rotta nel portare a conoscenza la repressione in atto afferma che: “ Vogliamo subito mettere in chiaro che non indietreggeremo minimamente davanti a queste intimidazioni, siamo convinti delle ragioni della nostra protesta e del fatto che dentro le nostre università debba esserci garantito spazio di agibilità politica e democratica”. Cambiare rotta da tempo è impegnata nel portare allo scoperto il tema delle numerose relazioni tra industria bellica e mondo accademico. Non solo il Politecnico ma anche l’Uniba sono, infatti, al centro di una massiccia operazione che vede schierati in prima fila industrie belliche e il Ministero della Difesa in ottica di rafforzamento militare del quadrante Mediterraneo.
comunicato su.Osservatorio Repressione
Blitz della polizia al Majorana-Cascino di Piazza Armerina, USB denuncia la repressione crescente nelle scuole italiane
Nel corso dello svolgimento di un’assemblea studentesca autorizzata dalla dirigente scolastica sul tema della legalizzazione della cannabis, si è verificato un blitz della polizia. La dirigente scolastica, Lidia Di Gangi, che al momento era fuori sede, ha spiegato attraverso la stampa di essere stata contattata al telefono da un ispettore di polizia, che le chiedeva se l’assemblea fosse autorizzata, avendo loro ricevuto una segnalazione dalla Questura di Enna. Ma nonostante la dirigente scolastica avesse comunicato che l’assemblea studentesca fosse stata autorizzata, dopo la telefonata le studentesse e gli studenti organizzatori dell’assemblea sono stati identificati. Tutto ciò non fa che accrescere la condanna di un blitz che si configura come un vero e proprio atto intimidatorio nei confronti di tutta la scuola, non solo delle studentesse e degli studenti, considerato oltretutto che il tema della legalizzazione della cannabis è all’ordine del giorno nel dibattito pubblico e istituzionale, e non risultano invece blitz della polizia nelle aule parlamentari. Quindi, è gravissimo che non se ne possa liberamente discutere dentro una scuola pubblica statale durante una assemblea studentesca di istituto. Ci chiediamo cosa o chi abbia sollecitato la Questura di Enna ad effettuare questo blitz nella scuola di Piazza Armerina. E nello stesso tempo denunciamo il chiaro e incessante aumento dell’attacco contro la libertà di scelta delle studentesse e degli studenti, attacco che si concretizza anche attraverso i PCTO, ex Alternanza Scuola Lavoro, che in Sicilia vengono effettuati anche nelle caserme e presso la base NATO di Sigonella, e la crescente repressione delle lotte studentesche.
nota sindacale sicilia.usb.it
Calabria: l’energia sporca. Transizione ecologica o transizione energetica? Appello del movimento ambientalista: “Le ragioni della nostra opposizione all’eolico selvaggio”.
Come mai ci sono persone che si oppongono alle pale eoliche, laddove avanzano a scapito di ettari di bosco e di suolo libero dal cemento? E come mai allora esistono tante altre persone favorevoli alla realizzazione di centrali eoliche anche nei luoghi in cui il bilancio ecologico dell’operazione risulta nettamente negativo, come accade nelle Serre calabresi?
Sotto le insegne del cambiamento queste persone, in altri termini, sono alla ricerca di espedienti per continuare a fare quello che stavano già facendo, intendono munirsi di strumenti all’avanguardia per segare meglio il ramo su cui siamo seduti, e con sguardo svelto e fiducioso colgono nel dramma dell’uomo contemporaneo un risvolto positivo: il loro punto di vista è sintetizzato da Massimo Beccarello della Confindustria, il quale considera l’ambiente un grande driver della crescita delle aziende. L’imperversante isteria da approvvigionamento energetico è in sostanza un gran polverone che punta a eludere la necessaria messa in discussione degli attuali assetti economici e sociali, e in questo quadro noi esponenti della società civile calabrese, mentre salutiamo con soddisfazione la ragionevole e confortante bocciatura da parte del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente regionale del progettato impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica denominato Carbonaio che voleva abbattersi su un’area forestale del comune di Monterosso Calabro (fa il paio, si noti bene, con il diniego ministeriale al progetto Primus di qualche anno fa), e mentre ringraziamo il delegato per la Calabria del WWF Angelo Calzone per il suo impegno sul fronte legale, sottoponiamo all’opinione pubblica alcune semplici domande. In una regione come la Calabria, martoriata dal dissesto idrogeologico e al contempo già super produttrice di energia, con un’eccedenza addirittura del 180%, è sensato dedicarsi alla ulteriore produzione energetica passando per le stragi di alberi e suoli che generano ulteriore dissesto idrogeologico? È cosa buona e giusta per le tartassate tasche dei cittadini? Oppure forse è solo un beneficio per le capaci tasche di chi realizza gli impianti?
leggi documento integrale dei firmatari su SALVIAMO IL PAESAGGIO
“Stop ai traffici d’armi nei porti”, “Stop Armi”, “porti chiusi alle armi”. Dibattito politico-culturale dopo la manifestazione del Collettivo autonomo Lavoratori portuali (CALP di Genova) il 25 del mese scorso
Palermo, venerdì 10 ore 18,15 – presso Casa del Popolo “P. Impastato” (via Isidoro la Lumia 56)
Vogliamo, prendendo spunto da questi contenuti, discutere su un tema estremamente serio e difficile, e cioè come allargare al mondo del lavoro ed al suo specifico ambiente, la movimentazione contro la guerra ed i suoi strumenti specifici, le armi. Come conciliare l’esigenza legittima di garantire la sicurezza del lavoro, in una fase non certo facile di crisi, con la necessità di opporci alla trasformazione di sempre più ampie aree del nostro sistema produttivo e delle nostre infrastrutture, pensiamo ai nostri porti ed aeroporti, in luoghi in via di crescente militarizzazione e di conversione in aziende a prevalenza di produzioni belliche ed in infrastrutture piegate a fini militari. Partecipano: Antonio Mazzeo, Serafino Biondo, Elio Teresi e Francesco Lo Cascio.
informazione su Casa del Popolo “Peppino Impastato”
Manifestazione nazionale a Steccato di Cutro – Crotone. NESSUNA PERSONA È ILLEGALE ! MAI PIÙ NAUFRAGI ! Basta stragi: “Porti aperti all’accoglienza e chiusi alla guerra”
Venerdì 10, ore 16,00 presidio al porto di Catania (varco 04) \ Sabato 11, ore 14,00 a Cutro
A cento metri dalle nostre coste, si è consumata l’ennesima strage di migranti, fuggiti da guerre, miseria e repressione. Il Mediterraneo è diventato, nell’indifferenza di tutti i governi dell’Unione Europea (Italia in testa), un enorme cimitero. Con il governo Meloni è stata portata alle estreme drammatiche conseguenze la politica dei respingimenti, ma anche con i governi precedenti troppe navi sono rimaste per giorni e giorni in attesa di un approdo e si sono stretti accordi che hanno permesso la costruzione dei lager libici e garantito al dittatore turco Erdogan enormi guadagni sulla pelle dei migranti. Miliardi di euro spesi per finanziare la guerra (senza promuovere nessuna trattativa di pace), mentre i nostri porti, come nel caso dell’esercitazione Dynamic Manta 2023, continuano a essere utilizzati per scopi militari, con la presenza anche di mezzi a propulsione nucleare. Su questa strage vogliamo conoscere la verità, sapere chi e perché ha deciso di non organizzare soccorsi adeguati. I ministri coinvolti (Piantedosi e Salvini) devono dimettersi per avere scelto di non vedere, prima ancora che per le vergognose dichiarazioni di questi giorni. Di fronte a questa ennesima tragedia, siamo nauseate/i dalle ipocrisie e dalla propaganda. Chiediamo con ancora più forza che siano aperti canali legali e sicuri di ingresso in Europa, che i campi di detenzione in Turchia come in Libia siano evacuati, che l’Italia e l’Europa mettano in mare un’adeguata missione di soccorso istituzionale, che le navi della Flotta Civile siano messe in condizione di operare senza ostacoli e criminalizzazione.