La strategia utilizzata dall’UE e dagli Usa in risposta all’inaccettabile invasione dell’Ucraina da parte della Russia non sta fermando né la guerra né i massacri, ma sta mettendo in un angolo ogni iniziativa diplomatica e di dialogo.
All’inizio di questi 12 mesi c’era stato detto che armare l’Ucraina sarebbe stato fondamentale per costringere Putin al tavolo del negoziato, ma questa previsione è stata smentita dai fatti. Secondo il generale Mark Milley, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate statunitensi, è impossibile che Russia e Ucraina vincano la guerra, eppure i nostri politici fingono di non sentire queste parole e continuano ad essere prigionieri della loro propaganda.
Un Ponte Per lo ha ripetuto fin dall’inizio: non c’è soluzione militare a questo conflitto. L’unico modo per farlo finire è adottare un nuovo concetto di sicurezza comune, non più basato sul riarmo e i patti militari. Noi chiediamo di combattere i nazionalismi e non assecondarli per far sì che i confini invece di essere blindati e militarizzati diventino più tenui, dando finalmente vita nel nostro continente alla casa comune europea.
Prospettare per l’avvenire nuove cortine di ferro e nuove guerre fredde bruciando centinaia di miliardi di euro nelle spese militari uccide la stessa idea di Europa e ci avvicina pericolosamente alla catastrofe nucleare.
Un Ponte Per non ha mai chiesto la resa dell’Ucraina, che ha il diritto di resistere all’invasore; ha invece chiesto ai governanti di leggere per intero l’art.51 della Carta delle Nazioni Unite. In quell’articolo si parla certamente del diritto di autodifesa di un Paese sovrano aggredito, ma si aggiunge subito dopo “fintantoché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionali”.
È quel “fintantoché” che non abbiamo visto fino ad oggi e che invece, in tante piazze d’Europa, il popolo della pace esige e richiede.
Da parte nostra continueremo a dare aiuto e solidarietà alle vittime delle guerre, non solo quella in Ucraina, ma anche tutte quelle che sono parte della “guerra mondiale a pezzi”. Lo facciamo anche sostenendo chi si rifiuta d’imbracciare il fucile per sparare “a chi indossa la divisa di un altro colore”.
Siamo con gli obiettori di coscienza russi, ucraini e bielorussi, perché ci sembra che in questo tempo di “sonno della ragione” il loro esempio rappresenti un’enorme speranza per l’umanità. Per questo Un Ponte Per continua a portare avanti la propria campagna di sostegno agli obiettori, Costruttori e Costruttrici di Pace.