Martedì l’amministrazione democratica del presidente americano Joe Biden ha presentato una proposta di legge che prevede misure restrittive in materia di immigrazione e che è considerata molto simile alle modalità di gestione del fenomeno migratorio messe in atto dalla precedente amministrazione Trump. Durante la campagna elettorale, Biden aveva promesso di promuovere leggi sull’immigrazione attente ai diritti dei migranti e alla tutela dei diritti umani: per questo, la recente proposta di legge ha suscitato profondo malcontento tra le stesse fila del partito democratico che accusano il capo della Casa Bianca di non avere mai attuato un reale cambiamento rispetto alla linea del suo predecessore.
Nello specifico, la legge – che è stata pubblicata in via preliminare sul Registro federale – prevede il divieto di ingresso negli Stati Uniti sia in caso di attraversamento illegale del confine meridionale, sia nel caso in cui i richiedenti asilo non abbiano prima richiesto accoglienza in uno dei Paesi attraversati per raggiungere gli Stati Uniti. Ciò significa che l’accesso via terra viene reso nei fatti possibile solo ai messicani, mentre per tutti gli altri diventa estremamente difficile se non impossibile. Un modo per poter entrare legalmente negli Stati Uniti promosso dal governo Biden è quello di prendere un appuntamento presso gli uffici preposti tramite un’applicazione chiamata CBP One: iniziativa che suona come una beffa se si considera che molti richiedenti asilo non hanno le risorse né le capacità di usare un’applicazione in una lingua straniera o di aspettare settimane o mesi in pericolo per l’appuntamento. Inoltre, secondo alcune testimonianze, l’applicazione in molti casi è risultata impossibile da usare a causa dei ripetuti messaggi di errore.
La nuova norma dovrebbe entrare in vigore dopo la scadenza, il prossimo 11 maggio, del Titolo 42 introdotto da Trump: una misura emessa durante la pandemia di Covid 19 che vietava tutti i viaggi non necessari per limitare il rischio di contagio e che limitava, dunque, fortemente anche gli ingressi al confine con il Messico. La legge proposta dall’amministrazione Biden ha suscitato la contrarietà oltre che degli stessi esponenti del Partito democratico, anche delle associazioni per i diritti umani e dei migranti: Jane Bentrott, consulente del Justice Action Center, un’organizzazione non profit per i diritti dei migranti, ha detto al New York Times che tale iniziativa causerebbe nuovi e massicci respingimenti di persone al confine con gli Stati Uniti, comportando un aumento dei rischi per la vita dei migranti e la possibilità di separazioni di nuclei familiari.
L’organizzazione non governativa American Civil Liberties Union (ACLU) ha condannato la scelta dell’amministrazione Biden, dichiarando che «Queste politiche sono dannose e illegali. L’amministrazione deve immediatamente cambiare rotta e mantenere l’impegno di garantire ai più vulnerabili l’accesso ai rifugi». Ha inoltre aggiunto che «Le modifiche proposte da Biden ai divieti di asilo di Trump sono mere vetrine, progettate per cercare di nascondere le sofferenze inutili che il piano infliggerà alle persone disperate che devono fare il viaggio verso la salvezza come possono». Lee Gelernt, vicedirettore del progetto per i diritti degli immigrati dell’ACLU e avvocato capo nelle cause legali relative al titolo 42, ha detto al quotidiano statunitense Politico di essere pronto a intraprendere un’azione legale.
Sempre secondo Politico, «la nuova proposta – che i sostenitori degli immigrati chiamano “divieto di transito” o “divieto di asilo” – è la misura di controllo delle frontiere più restrittiva della Casa Bianca fino ad oggi e servirà essenzialmente come soluzione politica alla tanto attesa fine del titolo 42». I funzionari dell’amministrazione Biden si sono difesi dalle accuse di introdurre leggi uguali a quelle di Donald Trump, sostenendo che le misure non hanno lo scopo di impedire alle persone di chiedere asilo, ma di aiutare a garantire l’ordine al confine meridionale. Hanno quindi affermato che la nuova norma aiuterà l’amministrazione a gestire un sistema di frontiere e di asilo «impantanato».
Di tutt’altro avviso è, invece, l’ex funzionario della Casa Bianca, Andrea Flores, ora consigliere capo del senatore Bob Menendez. Flores ha condannato l’amministrazione per aver rispolverato una politica che «normalizza la convinzione nazionalista bianca secondo cui i richiedenti asilo di alcuni paesi meritano meno protezioni umanitarie».
La questione dell’immigrazione è diventata un problema di ordine pubblico sempre più impellente per la Casa Bianca in quanto è avvertito da una buona parte di americani come un elemento fondamentale ai fini della sicurezza e dell’ordine interno. Per compensare il malcontento crescente dell’opinione pubblica statunitense sul fronte della politica estera – dove aumenta la contrarietà all’invio di armi e aiuti all’Ucraina – Biden non può non tenere conto del sentimento generale della popolazione rispetto a un tema di politica interna, quello migratorio, particolarmente importante per i cittadini americani.
Il governo si è visto, dunque, costretto ad attuare politiche contrarie a quanto dichiarato in campagna elettorale e al proprio orientamento politico, in mancanza di alternative valide per mantenere l’ordine ai confini: per questo, alcuni funzionari di governo hanno criticato il Congresso sostenendo di dover colmare il vuoto lasciato dall’inazione del Campidoglio. Un alto funzionario dell’amministrazione ha, infatti, affermato che «questa non era la nostra prima preferenza e nemmeno la nostra seconda. Fin dal primo giorno, il presidente Biden ha esortato il Congresso ad approvare una riforma completa dell’immigrazione e misure di sicurezza delle frontiere per garantire un trattamento ordinato, sicuro e umano dei migranti al nostro confine».