Riprendiamo dal comunicato che promuove l’assemblea:
“La legge sul reddito di cittadinanza è stata cancellata! Nascono i Comitati in difesa del Reddito di Cittadinanza: confronto, informazione, organizzazione e lotta.
La legge di bilancio 2022 approvata a dicembre ha sancito che dal 2024 lo strumento a tutela dei redditi più bassi non esisterà più. Oggi, con nuove e durature crisi economiche come scenario, tagliare la legge sul Reddito rappresenta la scelta folle di una destra cieca e autoritaria. Un sostegno al reddito in una fase del genere è una necessità, la sua estensione una prospettiva minima di lotta. Già dal 1° gennaio 2023 si annuncia la riduzione del periodo di fruizione: non più 18 ma massimo 7 mesi per tutti tranne disabili, anziani e nuclei con minori.
Da subito diventa inoltre obbligatorio frequentare per 6 mesi un corso di formazione o di riqualificazione e si introduce l’obbligo di iscrizione ai corsi di istruzione per gli adulti per i giovani tra i 18 e 29 anni che non abbiano terminato gli studi. Non li chiamano più Neet ma sempre si pensa alle giovani generazioni come fannulloni incalliti.
Si decade inoltre dal diritto alla prestazione se si rifiuta un’offerta di lavoro. Non un’offerta congrua ma una qualsiasi offerta. Se si accettano lavoretti al di sotto dei 3000 euro annui gli stessi non saranno, bontà loro, decurtati dall’importo mensile spettante. La quota di reddito destinata all’affitto, infine, sarà pagata direttamente al proprietario di casa, non sia mai che si spendano per campare! Con la lungimiranza di una governance illuminata, prima si taglia lo strumento esistente, da sempre avversato come fonte di ogni male del Paese, poi si promette che un altro strumento verrà introdotto nel 2024. Anche i risparmi derivanti dagli attuali tagli verranno “accantonati” per i pochi selezionati che accederanno alla nuova misura. Questa, infatti, sarà meno “di cittadinanza”, meno universale, perché nel frattempo saranno ideate e realizzate quelle riforme che finalmente faranno funzionare il mercato del lavoro in tutta Italia: faranno funzionare l’incontro tra domanda e offerta, elimineranno la piaga del lavoro nero, sottopagato e sfruttato, i divari di genere, di cittadinanza, di aerea di provenienza.
La precarietà e il caro vita saranno cancellati e tutti saremo in grado di farcela anche senza il sostegno al reddito. Persino il sistema di istruzione e formazione pubblica sempre più malconcio dopo decenni di tagli riaccoglierà chi è stato espulso e ne farà un cittadino e un lavoratore migliore.
Questo promette il Ministero del Lavoro ed in particolare il sottosegretario leghista Durigon che si è impegnato a pubblicare il decreto con il dettaglio delle nuove misure entro fine mese.
Aspettiamo con ansia di essere smentiti ma intanto ci permettiamo di non credere alle promesse che ricordano quel “milione di posti di lavoro” mai visti.
Il RdC non è stata la migliore delle leggi: non ha aiutato le donne ad uscire dalle storie violente, non ha aiutato gli studenti a perseguire i propri progetti invece di farsi sfruttare nei ristoranti o con le consegne a domicilio, non ha aiutato i e le migranti a uscire dalla situazione super-precaria e discriminatoria che vivono nel nostro Paese. È stata però fondamentale per sopravvivere alla crisi pandemica molto più e molto meglio di quanto non abbiano fatto gli svariati bonus di 600 euro che ogni volta lasciavano fuori qualcuno.
Per questo, come realtà sociali, associazioni, movimenti per il diritto all’abitare, collettivi, singoli percettori, sindacati di base decidiamo di dare vita ai Comitati in difesa del Reddito di Cittadinanza e proponiamo a tutti di partecipare a questo processo.
Per poter progettare e costruire insieme strumenti per rivendicare reddito per tutte e tutti.
E molto più del reddito!
Perché la dignità delle persone e delle loro storie non si concilia con gli obblighi sempre più stringenti di uno Stato che si immedesima nel buon padre padrone di famiglia. Perché la redistribuzione delle ricchezze è una necessità di giustizia sociale a fronte degli extraprofitti di pochi e della crescente povertà dei più.
Perché la sfida di ripensare completamente l’economia e le attività produttive nel senso della tutela dell’ambiente non può essere intrapresa senza garanzie di sostegno al reddito.