Roger Waters può giustamente affermare di essere la mente dei Pink Floyd. Ha ideato e scritto tutti i testi del capolavoro “The Dark Side of the Moon”. Ha scritto anche gli album “Animals”, “The Wall” e “The Final Cut”. Nel suo attuale tour “This Is Not A Drill”, che arriverà in Germania a maggio, vuole quindi esprimere in larga misura quell’eredità e suonare canzoni della fase classica dei Pink Floyd. Il problema: a causa delle sue controverse dichiarazioni sulla guerra in Ucraina e sulla politica dello Stato di Israele, uno dei suoi concerti in Polonia è già stato cancellato e in Germania organizzazioni ebraiche e cristiane chiedono di fare lo stesso. Vogliamo parlare con il musicista settantanovenne per chiedergli: cosa intende dire con tutto questo? È stato semplicemente frainteso? I suoi concerti dovrebbero essere cancellati? È giustificato escluderlo dalla discussione? O la società manifesta qualche problema impedendo a dissidenti come Waters di partecipare alla discussione?
Il musicista ci accoglie nella sua residenza nel sud dell’Inghilterra; è cordiale, aperto, senza pretese ma determinato, e lo rimarrà per tutta la conversazione. Prima, però, vuole mostrarci qualcosa di speciale: nel suo studio di registrazione suona tre brani di una nuova versione di “The Dark Side of the Moon”, che a marzo compirà cinquant’anni. “Il nuovo concept ha lo scopo di riflettere sul significato di questa opera, di far emergere – dice – il cuore e l’anima dell’album, sia musicalmente che spiritualmente. Canto da solo le mie canzoni in queste nuove registrazioni e non ci sono assoli di chitarra rock and roll”. Le parole, sovrapposte a brani strumentali come “On The Run” o “The Great Gig in the Sky” e “Speak To Me”, “Brain Damage”, “Any Colour You Like and Money”, intendono chiarire il suo “mantra”, il messaggio che considera centrale in tutto il suo lavoro: “Si tratta della voce della ragione”. E aggiunge: “Ciò che è importante non è il potere dei nostri re e dei nostri leader o la loro presunta connessione con Dio. Ciò che è veramente importante è la connessione tra noi esseri umani, tra l’intera comunità umana. Siamo sparsi in tutto il mondo, ma siamo tutti imparentati, perché veniamo tutti dall’Africa. Siamo tutti fratelli e sorelle, o perlomeno lontani cugini, ma il modo in cui ci trattiamo l’un l’altro sta distruggendo la nostra casa, il pianeta Terra, più velocemente di quanto possiamo immaginare. Per esempio, proprio ora, nel 2023 eccoci coinvolti all’improvviso in una guerra che dura già da un anno con la Russia in Ucraina. Perché? Ok, un po’ di storia: nel 2004 il presidente russo Vladimir Putin ha teso la mano all’Occidente nel tentativo di costruire un’architettura di pace in Europa. È tutto lì, nei verbali. Putin ha spiegato che i piani occidentali per invitare l’Ucraina nella Nato, dopo il colpo di stato di Maidan, rappresentavano una minaccia esistenziale del tutto inaccettabile per la Russia e il superamento di una linea rossa che avrebbe portato a una guerra e ha invitato tutti a sedersi attorno a un tavolo per negoziare un futuro di pace. Le sue proposte sono state respinte dagli Stati Uniti e dagli alleati della NATO. Da allora, Putin ha sistematicamente mantenuto la sua posizione, mentre la NATO ha mantenuto la propria: “Andate tutti a farvi fottere!”. Ed eccoci qui.
Roger, tu parli della voce della ragione, del legame profondo di tutti i popoli. Ma quando si tratta della guerra in Ucraina, parli molto degli errori degli Stati Uniti e dell’Occidente, non della guerra e dell’aggressione russa. Perché non protesti contro gli atti commessi dalla Russia? So che hai sostenuto le Pussy Riot e altre organizzazioni per i diritti umani in Russia. Perché non attacchi Putin?
Prima di tutto, se leggi la mia lettera a Putin e i miei scritti all’inizio della guerra a febbraio ….
…L’hai chiamato “gangster”…
…esatto, sì. Ma potrei aver cambiato un po’ idea nell’ultimo anno. C’è un podcast di Cipro, che si chiama “The Duran”. I suoi conduttori parlano russo e possono leggere i discorsi di Putin in originale. I loro commenti al riguardo mi sembrano sensati. La ragione più importante per la fornitura di armi all’Ucraina è senza dubbio il profitto dell’industria bellica. E mi chiedo: Putin è un gangster più grande di Joe Biden e di tutti i responsabili della politica statunitense dalla Seconda Guerra Mondiale in poi? Non ne sono così sicuro. Putin non ha invaso il Vietnam o l’Iraq. L’ha fatto lui?
La ragione più importante per la fornitura di armi è la seguente: è sostenere l’Ucraina, vincere la guerra e fermare l’aggressione della Russia. Sembra che tu veda le cose in modo diverso.
Sì, forse non dovrei, ma ora sono più aperto ad ascoltare ciò che Putin effettivamente dice. Secondo voci indipendenti, sta governando con attenzione e prendendo decisioni basate sul consenso nel governo della Federazione Russa. Anche in Russia ci sono intellettuali critici che si battono fin dagli anni Cinquanta contro l’imperialismo statunitense. E una frase centrale è sempre stata: l’Ucraina è una linea rossa. Deve rimanere uno Stato cuscinetto neutrale. Se smette di esserlo, non sappiamo dove questo ci porterà. Non lo sappiamo ancora, ma potrebbe condurci a una terza guerra mondiale.
Nel febbraio dell’anno scorso è stato Putin a decidere di attaccare.
Ha lanciato quella che ancora oggi egli chiama “operazione militare speciale”. L’ha lanciata sulla base di ragioni che, se ho capito bene, sono: 1. Vogliamo fermare il potenziale genocidio della popolazione russofona del Donbass. 2. Vogliamo combattere il nazismo in Ucraina. C’è un’adolescente ucraina, Alina, con la quale ho scambiato lunghe lettere: “Ti ascolto, capisco il tuo dolore”. Mi ha risposto, mi ha ringraziato, ma ha sottolineato: “Sono sicura che ti sbagli su una cosa: sono sicura al 200% che non ci sono nazisti in Ucraina”. Le ho risposto: “Mi dispiace, Alina, ma ti sbagli. Come puoi vivere in Ucraina e non saperlo?”.
Non ci sono prove che ci sia stato un genocidio in Ucraina. Allo stesso tempo, Putin ha ripetutamente sottolineato di voler riportare l’Ucraina nel suo impero. Putin ha detto all’ex cancelliera tedesca Angela Merkel che il giorno più triste della sua vita è stato nel 1989, quando l’Unione Sovietica è crollata.
L’origine del nome Ucraina non è forse la parola russa “terra di frontiera”? Per molto tempo, l’Ucraina ha fatto parte della Russia e dell’Unione Sovietica. È una storia difficile. Durante la Seconda guerra mondiale, credo che gran parte della popolazione dell’Ucraina occidentale abbia deciso di collaborare con i nazisti. Hanno ucciso ebrei, rom, comunisti e chiunque il Terzo Reich volesse morto. Oggi c’è un conflitto tra l’Ucraina occidentale (con o senza nazisti, Alina), l’Ucraina orientale (il Donbass) e l’Ucraina meridionale (la Crimea) e ci sono molti ucraini di lingua russa, perché l’Ucraina ha fatto parte della Russia per centinaia di anni. Come si risolve un problema del genere? Né il governo di Kiev né i russi potranno porvi fine, pur vincendo. Putin ha sempre ribadito di non avere alcun interesse a conquistare l’Ucraina occidentale né a invadere la Polonia o qualsiasi altro Paese oltre i suoi confini. Quello che sta dicendo è che vuole proteggere le popolazioni russofone in quelle regioni dell’Ucraina in cui i russofoni si sentono minacciati dall’estrema destra che influenza i governi di Kiev dopo il colpo di stato di Maidan. Un colpo di Stato che si ritiene orchestrato dagli Stati Uniti.
Abbiamo parlato con molti ucraini che possono dimostrare il contrario. Gli Stati Uniti potrebbero aver contribuito a sostenere le proteste del 2014, ma nel complesso fonti credibili e testimoni oculari dicono che le proteste sono nate all’interno, per volontà del popolo ucraino.
Mi chiedo con quali ucraini tu abbia parlato. Posso immaginare che alcuni lo affermino. Il rovescio della medaglia è che una grande maggioranza di ucraini in Crimea e nel Donbass ha votato nel referendum per rientrare nella Federazione Russa.
A febbraio ti sei sorpreso che Putin abbia attaccato l’Ucraina. Come puoi essere così sicuro che non andrà oltre? La tua fiducia nella Russia non sembra essersi incrinata, nonostante la sanguinosa guerra di aggressione della Russia.
Come posso essere sicuro che gli Stati Uniti non si avventureranno a scatenare una guerra nucleare con la Cina? Stanno già provocando i cinesi interferendo a Taiwan. Vorrebbero prima distruggere la Russia. È una cosa che chiunque abbia un QI superiore alla temperatura ambiente capisce leggendo le notizie, e gli americani lo ammettono.
Irriti molte persone perché sembra sempre che tu stia difendendo Putin.
Rispetto a Biden, sì. Le provocazioni degli Stati Uniti e della NATO prima del febbraio 2022 sono state estreme e molto dannose per gli interessi di tutti i cittadini europei.
Non boicotteresti la Russia?
Penso che sia controproducente. Tu vivi in Europa, sai quanto fanno pagare gli Stati Uniti per la fornitura di gas? Cinque volte tanto quello che pagano invece gli americani. In Gran Bretagna, oggi si dice che bisogna “mangiare o riscaldarsi”, perché le fasce più povere della popolazione possono permettersi a stento di riscaldare le proprie case. I governi occidentali dovrebbero rendersi conto che siamo tutti fratelli. Nella Seconda Guerra Mondiale si è visto cosa succede quando si cerca di fare guerra alla Russia. Si uniranno e combatteranno fino all’ultimo rublo e all’ultimo metro quadrato di terra per difendere la loro patria. Come farebbe chiunque. Penso che se gli Stati Uniti riescono a convincere i propri cittadini, te e molte altre persone che la Russia è il vero nemico e che Putin è il nuovo Hitler per loro sarà più facile rubare ai poveri per dare ai ricchi e anche iniziare e promuovere nuove guerre, come questa guerra per procura in Ucraina. La mia può sembrarti una posizione politica estrema, ma forse la storia che leggo e le notizie che raccolgo sono diverse dalle tue. Non puoi credere a tutto ciò che vedi in TV o leggi sui giornali. Tutto quello che cerco di ottenere con le mie nuove registrazioni, le mie dichiarazioni e le mie esibizioni è che i nostri fratelli e le nostre sorelle al potere mettano fine alla guerra e che la gente capisca che i nostri fratelli e le nostre sorelle in Russia non vivono sotto una dittatura repressiva, non più che in Germania o negli Stati Uniti. Voglio dire, sceglieremmo di continuare a massacrare giovani ucraini e russi se avessimo il potere di fermare tutto questo?
Possiamo fare quest’intervista, in Russia non sarebbe tanto facile… Ma torniamo all’Ucraina: quale sarebbe la tua controproposta politica per una significativa politica ucraina da parte dell’Occidente?
Dobbiamo riunire tutti i nostri leader attorno a un tavolo e costringerli a dire: “Basta con la guerra!”. È a questo punto che il dialogo può iniziare.
Potresti immaginare di vivere in Russia?
Sì, certo, perché no? Sarebbe come con i miei vicini qui, nel sud dell’Inghilterra. Potremmo andare al bar e parlare apertamente, purché non entrino in guerra e non uccidano statunitensi o ucraini, ok? Finché potremo commerciare tra di noi, venderci il gas, assicurarci di stare al caldo in inverno, staremo bene. I russi non sono diversi da te e da me: ci sono brave persone e idioti, come ovunque.
Allora perché non fai concerti in Russia?
Non per motivi ideologici. Al momento non è possibile. Non ho alcuna intenzione di boicottare la Russia, sarebbe ridicolo. Faccio 38 concerti negli Stati Uniti. Se dovessi boicottare un Paese per motivi politici, lo farei con gli Stati Uniti. Sono loro il principale aggressore.
Se uno osserva il conflitto in modo neutrale, vede che Putin è l’aggressore. Pensi che ci abbiano fatto il lavaggio del cervello?
Sì, senza alcun dubbio. Lavaggio del cervello, lo hai detto tu.
Perché consumiamo i media occidentali?
Esattamente. Quello che viene raccontato a tutti in Occidente è la narrazione dell’invasione non provocata. Eh? Chiunque abbia un minimo di cervello può capire che il conflitto in Ucraina è stato provocato oltre ogni misura. È con ogni probabilità l’invasione più provocata della storia.
Quando il tuo concerto in Polonia è stato annullato a causa delle tue dichiarazioni sulla guerra in Ucraina, ti sei sentito frainteso?
Sì, questo è un grande passo indietro. È un’espressione di russofobia. Ovviamente, le persone in Polonia sono altrettanto suscettibili alla propaganda occidentale. Vorrei dire loro: siete fratelli e sorelle, fate in modo che i vostri leader fermino la guerra, così che ci si possa fermare un istante e chiedersi: “Che cos’è questa guerra?”. Si tratta di rendere i ricchi dei Paesi occidentali ancora più ricchi e i poveri di tutto il mondo ancora più poveri. Il contrario di Robin Hood. Jeff Bezos ha una fortuna di circa duecento miliardi di dollari, mentre migliaia di persone solo a Washington D.C. vivono per strada in scatole di cartone.
Gli ucraini difendono il loro Paese. La maggior parte delle persone in Germania la vede così, ecco perché le tue dichiarazioni provocano sgomento e persino rabbia. Le tue opinioni su Israele incontrano qui critiche simili. Anche per questo ora si discute se i tuoi concerti in Germania debbano essere cancellati. Come reagisci a tutto questo?
Sono gli attivisti della lobby israeliana come Malca Goldstein-Wolf a chiederlo. È un’idiozia. Hanno già cercato di cancellare il mio concerto a Colonia nel 2017 e hanno persino coinvolto le radio locali.
Non è un po’ facile etichettare queste persone come idioti?
Certo, non tutti sono idioti. Ma probabilmente leggono la Bibbia e probabilmente credono che chiunque parli contro il fascismo israeliano in Terra Santa sia un antisemita. Non è una posizione intelligente da prendere, perché per farlo bisogna negare il fatto che c’era gente che viveva in Palestina ancor prima che gli israeliani vi si stabilissero. Bisogna seguire la leggenda che dice: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”. Che assurdità. La storia qui è abbastanza chiara. Ancora oggi la popolazione ebraica autoctona è una minoranza. Gli ebrei israeliani sono tutti emigrati dall’Europa orientale o dagli Stati Uniti.
Una volta hai paragonato lo Stato di Israele alla Germania nazista. Sei ancora convinto di questo paragone?
Sì, naturalmente. Gli israeliani stanno commettendo un genocidio. Proprio come ha fatto la Gran Bretagna durante il nostro periodo coloniale, tra l’altro. Gli inglesi, per esempio, hanno commesso un genocidio contro le popolazioni indigene del Nord America. La stessa cosa hanno fatto nelle loro colonie gli olandesi, gli spagnoli, i portoghesi e anche i tedeschi. Tutti erano parte dell’ingiustizia dell’epoca coloniale. E noi inglesi abbiamo anche assassinato e saccheggiato in India, nel sud-est asiatico, in Cina…… Pensavamo di essere intrinsecamente superiori alle popolazioni indigene, proprio come fanno gli israeliani in Palestina. Ebbene, non lo eravamo e nemmeno gli ebrei israeliani lo sono.
Come inglese, tu hai una prospettiva molto diversa sulla storia dello Stato di Israele rispetto a noi tedeschi. In Germania, le critiche a Israele sono gestite con cautela per buone ragioni: la Germania ha un debito storico che il nostro Paese deve rispettare.
Lo capisco molto bene e cerco di affrontarlo da vent’anni. Ma per me il vostro debito, come dici tu, il vostro senso di colpa nazionale per ciò che i nazisti hanno fatto tra il 1933 e il 1945 non dovrebbe richiedere che tutta la società se ne vada in giro con i paraocchi su Israele. Non sarebbe meglio se vi invitasse piuttosto a liberarvi di tutti i paraocchi e a sostenere la parità di diritti umani per tutti i vostri fratelli e sorelle in tutto il mondo, indipendentemente dall’etnia, dalla religione o dalla nazionalità?
Stai mettendo in discussione il diritto di Israele a esistere?
A mio parere, Israele ha il diritto di esistere finché è una vera democrazia, finché nessun gruppo, religioso o etnico gode di maggiori diritti umani rispetto ad altri. Ma, purtroppo, questo non è ciò che accade in Israele e in Palestina. Il governo afferma che solo gli ebrei devono godere di determinati diritti. Quindi, non lo si può definire democratico. Sono molto aperti al riguardo, è sancito dalla legge israeliana. Ora ci sono molte persone in Germania, e ovviamente molti ebrei in Israele, che sono aperti a una narrazione diversa su Israele. Vent’anni fa, non avremmo potuto avere una conversazione sullo Stato di Israele in cui fossero menzionati termini come genocidio e apartheid. Ora direi che non si può fare tale conversazione senza usare quei termini, perché descrivono accuratamente la realtà dei territori occupati. Lo vedo sempre più chiaramente da quando faccio parte del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele, ndr).
Pensi che qui in Inghilterra siano d’accordo con te?
Non posso dirlo con certezza, perché negli ultimi vent’anni ho vissuto qui molto poco. Dovrei andare al pub e parlare con la gente. Ma sospetto che ogni giorno ci siano sempre più persone che concordano con me. Tra l’altro, ho molti amici ebrei che sono completamente d’accordo con me, ed è per questo che è così assurdo cercare di screditarmi come odiatore di ebrei. Ho un caro amico a New York, ebreo, che l’altro giorno mi ha detto: “Qualche anno fa pensavo che tu fossi pazzo, che avessi perso la testa. Ora vedo che la tua posizione sulle politiche dello Stato di Israele era giusta e che noi, la comunità ebraica in America, avevamo torto”. Il mio amico di New York era visibilmente abbattuto nel fare questo commento, è un brav’uomo.
Le posizioni del BDS sono sanzionate dal Bundestag tedesco. Un successo del movimento BDS potrebbe significare in ultima analisi la fine dello Stato di Israele. La vedi in modo diverso?
Sì, Israele potrebbe cambiare le sue leggi. Potrebbe dire: abbiamo cambiato idea, le persone possono avere diritti anche se non sono ebree. Tutto qui, allora non avremmo più bisogno del BDS.
Hai perso amici perché sei a favore del BDS?
È interessante che tu lo chieda. Non lo so per certo, ma ne dubito fortemente. L’amicizia è una cosa molto potente. Direi che ho avuto una decina di veri amici nella mia vita. Non potrei perdere un amico a causa delle mie idee politiche, perché gli amici si amano, e l’amicizia genera conversazione e la conversazione genera comprensione. Se un amico mi dice: “Roger, ti ho visto far esplodere un maiale gonfiabile con una stella di David durante i tuoi concerti” gli spiego il contesto e il fatto che non c’era alcun antisemitismo sottinteso o manifesto.
Qual era il contesto?
È successo durante la canzone “Goodbye Blue Sky”, nello spettacolo “The Wall”. Per spiegare il contesto, si vedono bombardieri B-52 su uno schermo circolare dietro la band, ma non sganciano bombe, bensì simboli: il simbolo del dollaro, crocifissi, la falce e il martello, stelle e mezzelune, l’insegna di McDonalds… e la stella di David. Questa è satira teatrale, un’espressione della mia convinzione che scagliare queste ideologie o prodotti sulla gente comune sia un atto di aggressione, l’opposto di umano, l’opposto di creare amore e pace tra noi fratelli e sorelle. Sto dicendo che nelle mani sbagliate tutte le ideologie che quei simboli rappresentano potrebbero essere malvagie.
Qual è la tua ideologia? Sei un anarchico, contrario a ogni tipo di potere che le persone esercitano sugli altri?
Mi considero un umanista, un cittadino del mondo. E la mia lealtà e il mio rispetto sono diretti a tutte le persone, indipendentemente dalla loro origine, nazionalità o religione.
Ti esibiresti ancora oggi in Israele se ti fosse permesso?
No, certo che no. Sarebbe oltrepassare i limiti. Da anni scrivo lettere ai colleghi dell’industria musicale per convincerli a non esibirsi in Israele. A volte non sono d’accordo, dicono: “Ma è un modo di lavorare per la pace, dovremmo andare là e cercare di convincerli a fare pace”. Beh, tutti abbiamo diritto ad avere le nostre opinioni, ma nel 2005 l’intera società civile palestinese mi ha chiesto di osservare un boicottaggio culturale, e chi sono io per dire a un’intera società che vive sotto una brutale occupazione che ne so più di loro?
È molto provocatorio dire che suoneresti a Mosca ma non in Israele.
È interessante che tu lo dica, perché Mosca non gestisce uno stato di apartheid basato sul genocidio degli abitanti autoctoni.
In Russia, le minoranze etniche sono fortemente discriminate. Tra l’altro, sono più i cittadini di etnia non russa che i cittadini di etnia russa ad essere mandati in guerra.
Sembra che tu mi stia chiedendo di guardare alla Russia dall’attuale prospettiva russofoba. Io scelgo di vedere le cose in modo diverso, anche se, come ho detto, non parlo russo e non vivo in Russia, quindi sono in territorio estero.
Cosa ne pensi del fatto che i Pink Floyd hanno registrato un nuovo pezzo, per la prima volta in trent’anni, con il musicista ucraino Andrij Chlywnjuk?
Ho visto il video e non sono sorpreso, ma lo trovo molto, molto triste. Lo trovo così strano, è un’azione che manca di umanità. Incoraggia la continuazione della guerra. Pink Floyd è un nome al quale ero associato. È stato un periodo molto importante della mia vita. Associare ora quel nome a qualcosa del genere, a una guerra per procura, mi rattrista. Voglio dire, non sono arrivati a chiedere: “Fermate la guerra, fermate il massacro, riunite i nostri leader per parlare!”. È solo un continuo sventolio di bandiere blu e gialle. In una delle mie lettere ad Alina, la ragazza ucraina, ho scritto: “Non terrò alta alcuna bandiera in questo conflitto: né ucraina, né russa, né americana”.
Dopo la caduta del Muro, tu hai eseguito dal vivo “The Wall” nella Berlino riunificata, senza dubbio con ottimistiche aspettative verso il futuro. Pensavi di poter contribuire a questo futuro anche con la sua arte, di fare la differenza?
Certo, lo credo ancora oggi. Se hai principi politici e sei un artista le due cose sono indissolubilmente intrecciate. Questo, tra l’altro, è uno dei motivi per cui ho lasciato i Pink Floyd: io avevo questi principi, gli altri non li avevano o ne avevano di diversi.
Ti consideri in egual misura un musicista e un attivista politico?
Sì, a volte propendo per l’uno, a volte per l’altro.
Il tuo tour attuale sarà davvero l’ultimo?
Non ne ho idea. Il tour si chiama “The First Farewell Tour” e questo è uno scherzo, ovvio, perché le vecchie rockstar usano spesso il tour di addio come strumento di vendita. Poi, talvolta si ritirano e talvolta fanno un altro Final Farewell Tour. Va tutto bene.
Vuoi continuare a inviare qualcosa al mondo, a fare la differenza?
Amo la buona musica, amo la buona letteratura, soprattutto quella inglese e russa, ma anche quella tedesca. Mi piace quindi l’idea che le persone si rendano conto e comprendano quello che faccio.
Allora, perché non limiti le tue dichiarazioni politiche?
Perché sono quello che sono. Se non fossi una persona con forti convinzioni politiche, non avrei scritto “The Dark Side of the Moon”, “The Wall”, “Wish You Were Here”, “Amused to Death” e tutto il resto.
Grazie mille per l’intervista.