Venerdì 17 febbraio alle ore 21 si è tenuto presso la Sala Gandhi del Centro Studi Sereno Regis il dibattito Repressione: un’arma contro l’immigrazione e la solidarietà, un momento di approfondimento sul mondo dell’immigrazione e della sua gestione in cui sono intervenuti Yasmine Accardo per LasciateCIEntrare, Francesco Creazzo per SOS Mediterannée, Gian Andrea Franchi, Gianluca Vitale per Legal Team Italia. Ha moderato il dibattito Fabrizio Maffioletti per Costruiamo Unione Popolare Torino e Pressenza Italia.
La prima questione da affrontare è quella dei CPR, ex CIE, istituiti dalla legge Turco-Napolitano del 1998: un bubbone giuridico in cui vengono “ospitati” i migranti senza permesso di soggiorno, una vera e propria struttura di detenzione in cui si entra per un difetto amministrativo.
Yasmine Accardo di LasciateCIEntrare cerca di illustrare la violenza e la repressione che subiscono i migranti all’interno dei CPR, dove vengono annullati come persone, citando la storia emblematica di Wissem Ben Abdel Latif, ragazzo tunisino di 26 anni, morto per infarto in un letto dell’ospedale San Camillo di Roma dove è rimasto legato e sedato per più di 100 ore a seguito di una diagnosi psichiatrica frettolosa che ha consentito l’uso di grandi quantità di psicofarmaci. Wissem, un vero combattente di frontiera, ha registrato sul suo telefono tutte le vicende che ha vissuto nel suo viaggio dalla Tunisia.
Gli attivisti di LasciateCIEntrare cercano di creare una rete internazionale intorno agli “ospiti” del CPR in cui connettere le famiglie, famiglie che in molti casi non sanno nulla del destino dei loro congiunti. Risulta fondamentale aggregare in questa rete anche le attiviste e gli attivisti dei paesi di origine, che danno un supporto fondamentale nella ricerca dei congiunti.
Un’altra battaglia fondamentale è quella per i telefoni: sfruttando il fatto che le leggi istitutive dei CPR sono di fatto leggi “vuote”, queste strutture di detenzione amministrativa sono normate solo attraverso circolari, redatte in massima parte da burocrati del Ministero dell’Interno senza nessuna verifica politica parlamentare o costituzionale. Ciò ha permesso di sequestrare agli ospiti dei CPR i telefoni cellulari tramite una semplice circolare attuativa, privandoli di fatto di tutti gli strumenti per comunicare con l’esterno, ad esempio con le famiglie nei paesi d’origine ma anche, in alcuni casi, le famiglie in Italia. E privando le organizzazioni che cercano di difenderli di ogni informazione su cosa succede all’interno dei CPR.
Considerare l’immigrazione un reato consente di gestirla solo nell’ambito dell’ordine pubblico attraverso il Ministero dell’Interno, senza prevedere visioni più ampie. Lo stesso considerare una questione strutturale come un’emergenza è un indicatore della volontà di non risolverla per trasformarla in un serbatoio di consensi da usare quando necessario.
Gian Andrea Franchi comincia il suo intervento considerando che la violenza esercitata tramite il controllo delle frontiere europee è terribile e costa decine di migliaia di vite senza toccare minimamente l’opinione pubblica, denotando un profondo razzismo dell’intera Europa che per certi versi è peggio del fascismo.
I migranti della rotta balcanica che gli attivisti curano tutti i giorni sono in transito e non vogliono lasciarsi identificare, quindi risultano completamente invisibili; nel 2019 Gian Andrea e Lorena Fornasir hanno deciso che le condizioni dei migranti non erano sopportabili ed hanno cominciato a supportarli come possibile, non solo come forma di attività umanitaria, ma anche come questione politicamente fondamentale. Nei migranti c’è la storia dello sfruttamento coloniale ed anche un anticipazione del futuro che ci attende a causa della crisi climatica. I migranti costituiscono una piccola comunità transitante che abolisce il confine, ne dimostra l’assurdità; supportarli implica la costruzione di una rete di resistenza e di cura che comprende le grandi città e le zone di confine come la val Susa e Ventimiglia.
Noi curiamo in media quindici migranti al giorno che transitano da Trieste dando loro la possibilità di continuare il viaggio e riusciamo a farlo grazie alla rete di solidarietà che si è creata intorno a noi, una rete di solidarietà europea che è la risposta all’Europa violenza e razzista della difesa strenua dei confini.
Francesco Creazzo di SOS Mediterannée ricorda che la sua ONG ha soccorso in mare, dal 2016 ad oggi, 37.000 persone tra donne, uomini e bambini, ma questo lavoro e quello delle altre ONG che operano nel mar Mediterraneo vengono criminalizzati ed accusato a vario titolo di contiguità con gli scafisti.
Il progetto politico europeo di criminalizzazione dei migranti e di conseguenza dei soccorsi è lungo; il primo intervento fondamentale in questo processo è stata l’invenzione della zona SAR e della guardia costiera libica ad opera del ministro Minniti, delegando il salvataggio dei migranti ad uno stato notoriamente irrispettoso dei diritti umani e da cui i migranti fuggono.
La strategia dei porti lontani messa in atto dal ministro Piantedosi sta mettendo in difficoltà le navi delle ONG e tiene lontano dal mediterraneo centrale dei testimoni scomodi dei misfatti della cosiddetta guardia costiera libica; la Libia è luogo di indicibili sofferenze per i migranti e non può essere considerato un porto sicuro.
Nel mediterraneo sono morti in questi anni almeno 20.000 persone (numeri esatti non ce ne sono) e per evitare questo le regole internazionali del soccorso in mare parlano chiaro: è tassativo salvare vite in mare senza guardare la nazionalità e la provenienza dei naufraghi. Ogni legge che ostacola questo elementare principio va contro gli accordi internazionali.
Quattro ministri dell’interno (Minniti, Salvini, Lamorgese e Piantedosi) non hanno sostanzialmente cambiato le politiche di gestione dell’immigrazione.
L’avvocato Gianluca Vitale di Legal Team Italia ha elencato i tre livelli in cui si manifesta l’azione repressiva dello stato ai danni delle persone che migrano: quello contro i singoli migranti, quello nei confronti dell’attività di solidarietà e soccorso al di fuori del nostro territorio e quello nei confronti dell’attività di solidarietà nel territorio italiano.
I migranti e la migrazione vengono criminalizzati e questo giustifica norme particolarmente repressive, applicate oltretutto a macchia di leopardo.
L’Italia e l’Europa progettano di esternalizzare il controllo dell’immigrazione nei paesi vicini perché il sistema dei CPR serve più come immaginario che come sistema di regolazione dei flussi.
Per quanto riguarda il fronte interno assistiamo ad una sistematica repressione della solidarietà attraverso lo strumento del reato di fiancheggiamento dell’immigrazione clandestina, i reati associativi ed il reato di occupazione abusiva.
Una proposta politica valida sarebbe quella di chiudere definitivamente i CPR, perché sostanzialmente inutili, ma questa proposta si oppone al business generato da queste strutture di detenzione ed alla necessità politica di mantenere il problema dei migranti come valvola di sfogo delle tensioni sociali.