Spesso in questi anni, soprattutto in alcune trasmissioni televisive, abbiamo sentito di un ritorno dei giovani alla terra, della loro vocazione alla sostenibilità, del desiderio di recuperare un contatto con la natura che diventa volano di economia per i territori rurali.
Narrazioni che accendono una fiammella di speranza, dipingendo un contro esodo verso le campagne in costante spopolamento.
Purtroppo, però, questa è soltanto una favola.
La verità è che il ricambio generazionale nel settore agricolo non solo è fermo al palo, ma addirittura negativo.
E’ quanto sostiene il nuovo Report di Terra! (www.associazioneterra.it), presentato qualche giorno fa a Roma nell’ambito di un seminario organizzato insieme al CREA e intitolato “Generazione frustrata. Se l’agricoltura italiana perde il treno del ricambio generazionale”.
Il Dossier scatta una fotografia impietosa dell’Italia, un paese che, seppur votato ad un’agricoltura di piccola scala, non riesce a fare largo ai propri giovani.
Per Terra!, gli ostacoli che impediscono ai giovani agricoltori di essere protagonisti di un “turnover agricolo” sono tanti: dai costi dei terreni, ai primi posti in Europa sia per la vendita che per l’affitto, alla burocrazia, una barriera insormontabile per i giovani che non hanno grandi capitali e che provengono da una formazione diversa da quella agricola. I numeri aiutano a inquadrare meglio il fenomeno: nel 2010 i capi d’azienda fino a 40 anni erano l’11,5 per cento del totale, oggi sono solo il 9,3. E questo calo è avvenuto nonostante la diminuzione nello stesso arco temporale del numero totale di aziende agricole, calato del 30 per cento.
“In sostanza, si legge nel Rapporto, la categoria dei “giovani” occupa una percentuale inferiore sul totale dei capi azienda rispetto a dieci anni fa, nonostante il forte calo del numero di aziende agricole, sceso a 1.133.000 circa nel 2020, -30% sul 2010 (quando erano 1,6 milioni). In numeri assoluti parliamo di 104 mila persone contro 186 mila del censimento precedente, quando le aziende agricole erano 1.6 milioni. La flessione si avverte soprattutto al sud e nelle isole, dove in dieci anni c’è stato quasi un dimezzamento delle aziende giovani. A questi dati possiamo aggiungere che i conduttori che gestiscono un’attività agricola da meno di tre anni sono appena 55 mila, mentre quelli con oltre 10 anni di esperienza alla guida di un’azienda sono 838 mila, a dimostrazione che la vita delle realtà condotte da giovani è piuttosto breve. I dati ci raccontano quindi una storia diversa dalla vulgata che periodicamente alimenta false speranze di ritorno alla terra.
Questo ritorno non si sta verificando, almeno non nei numeri necessari a sostenere un ricambio generazionale sempre più urgente nel settore primario, che oggi conta un 57,5% di capi azienda over 60”. I numeri dell’Associazione Terra! raccontano insomma che oggi l’agricoltura è sempre meno un mestiere per giovani, costretti “a combattere con ostacoli burocratici, fondi insufficienti, politiche e strumenti troppo ingessati e orientati a uno sviluppo insostenibile.
Per chi non possiede già un’azienda di famiglia o un discreto capitale, è quasi impossibile darsi alla vita rurale con un progetto economico e produttivo.
Altre condizioni al contorno non facilitano le cose, a partire dai costi dei terreni, ai primi posti in Europa sia per la vendita che per l’affitto, mentre al contrario redditi e salari si contraggono”.
Cosa fare per cercare di invertire la rotta? “Innanzitutto aumentando il supporto economico per i giovani, perché- come sostiene l’Associazione Terra! nelle conclusioni del Rapporto- il 3% dei fondi PAC è insufficiente a conseguire l’imponente trasformazione di cui abbiamo bisogno. Inoltre sono soldi spesi male: occorre redistribuire verso il basso le risorse che passano per il primo pilastro, tagliando fuori aziende medie e grandi e riservando il sostegno complementare al reddito a piccoli e medi agricoltori giovani. Una sperimentazione potrebbe essere fatta mettendo un tetto a 30 ettari di superficie agricola utilizzata, cosa che permetterebbe, a risorse invariate, di almeno triplicare l’importo per ettaro attualmente fissato per questa misura (che paga i primi 90 ettari di tutte le aziende giovani). Una riforma degli aiuti incanalati nel secondo pilastro, invece, dovrebbe prendere di mira innanzitutto le pastoie burocratiche che limitano l’accesso ai bandi per il primo insediamento. Non dovrebbe esistere un obbligo di qualificarsi come imprenditore agricolo professionale (IAP), né prima né dopo l’ottenimento degli aiuti. Non dovrebbe essere richiesta una produzione standard, come già avviene nelle province autonome di Trento e Bolzano. Altri parametri di sostenibilità ecologica, economica e sociale dovrebbero guidare la valutazione dei piani aziendali. Al contrario di quel che accade oggi, dovrebbe essere favorito l’accesso di giovani che prevedono – almeno per i primi anni – una attività agricola part-time, così da allargare la platea dei potenziali beneficiari dei premi di primo insediamento ed evitare che rimanga una misura per il passaggio di consegne intrafamiliare”. Terra! fa poi riferimento alla Banca della terra che dovrebbe essere indirizzata con più forza verso la missione del ricambio generazionale e organizzare bandi per l’affitto delle terre pubbliche, invece che alienare con la vendita il patrimonio fondiario della collettività. Ma per innescare un tale processo è indispensabile che il Ministero delle Politiche Agricole si coordini con regioni e comuni, disponendo un censimento delle terre pubbliche abbandonate a uso agricolo.
Oggi in Italia ciascun ente locale va per la propria strada, non esiste una strategia organica né una mappa delle risorse fondiarie che pure sarebbe la base per costruire politiche per l’accesso alla terra dei giovani. Questo vuoto è l’esempio lampante di come il paese abbia rinunciato a governare il fenomeno da cui dipende il suo futuro produttivo.
“Non c’è altro tempo da perdere, conclude Terra! Chiediamo una politica del cibo che abbia l’obiettivo di una transizione verso l’agroecologia imperniata su un ricambio generazionale più inclusivo e rapido. Questa discussione deve cominciare subito. Prima che sia troppo tardi”.
Qui per scaricare il Rapporto di TERRA!: https://www.associazioneterra.it/cosa-facciamo/cambiamenticlimatici/giovani-agricoltori
Quest’agricoltura non è per giovani
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