Gli attivisti chiedono lo stop dei jet privati, la tassazione dei viaggiatori abituali (frequent flyer) e che chi inquina di più paghi per le perdite e i danni causati.
“San Valentino è il giorno dell’anno con il maggior numero di voli di jet privati per spostamenti non lavorativi, quindi non essenziali. Non possiamo più accettarlo, siamo in una situazione di emergenza climatica, bisogna agire di conseguenza”, Lorenzo, Scientist Rebellion
Questa mattina alle 10:00, circa 20 cittadine e cittadini, fra scienziati, accademici, studenti di scienze e sostenitori hanno bloccato le operazioni dell’aeroporto Malpensa Prime di Milano. La protesta alla quale hanno partecipato Scientist Rebellion, Extinction Rebellion e Ultima Generazione, rientra nella campagna Make them pay, promossa da Scientist Rebellion, Extinction Rebellion e Stay Grounded a livello internazionale, volta a mettere in luce come l’uso dei jet privati da parte dell’1% della popolazione, cioè le persone ricche e potenti, stia producendo effetti devastanti sul clima.
L’iniziativa di Milano non è un caso isolato: nella giornata di oggi a livello mondiale in circa 10 Paesi hanno avuto luogo azioni simultanee analoghe, il cui bersaglio sono stati gli aeroporti di jet privati.
A Milano, delle venti persone che hanno preso parte alle proteste, tre sono scienziati specializzati in varie discipline. La protesta è stata messa in atto attraverso diverse tattiche di disturbo delle attività dell’aeroporto: un blocco dell’accesso ai parcheggi automobilistici della struttura e l’imbrattamento delle vetrate del terminal. Dieci cittadini per protesta hanno inoltre fatto ingresso sulla pista dell’aeroporto sedendosi e incollando le proprie mani sull’asfalto di fronte a un jet parcheggiato.
La campagna ruota intorno a tre richieste:
- Vietare i jet privati
- Tassare i frequent flyer
- Far pagare a chi inquina
“È tempo di vietare del tutto i jet privati e tassare i cosiddetti frequent flyer, cioè i passeggeri che volano di frequente – afferma Leonardo Rebeschini di Scientist Rebellion -. Non possiamo permettere alle persone ricche di sacrificare il nostro presente e il nostro futuro per perseguire i propri lussuosi stili di vita”.
Vietare i jet privati
Le richieste trovano il loro fondamento nel fatto che i jet privati vengono usati prevalentemente per motivi di svago e per viaggi di breve distanza (meno di 500 km), per i quali esistono alternative come i treni. Un jet privato richiede 10 volte più energia di un aereo commerciale e 50 volte più di un viaggio in treno. Un volo di quattro ore in un jet privato emette tanto quanto una persona nella media in un intero anno . Inoltre, l’1% della popolazione mondiale produce oltre la metà delle emissioni aeree totali, mentre l’80% della popolazione mondiale non ha mai messo piede su di un aereo .
“Data l’assenza di politiche utili a contrastare quest’ingiustizia climatica, abbiamo bisogno di usare i nostri corpi per fermare questa distruzione climatica”, spiega Luca di Ultima Generazione.
L’aviazione rappresenta il culmine dell’ineguaglianza sulle emissioni e deve essere ridotta drasticamente in modo da arrestare la crisi climatica. “Dovremmo iniziare a bandire i voli non necessari – e i jet privati ne sono l’esempio più eclatante”, ha dichiarato Inês Teles dalla rete globale Stay Grounded.
L’imposta sui frequent flyer
In diverse nazioni le assemblee cittadine hanno evidenziato che la popolazione è favorevole a vietare i jet privati. Hanno anche concluso che chi inquina dovrebbe pagare di più per le proprie emissioni e che dovrebbe esistere una tassazione progressiva per chi vola più lontano e più spesso degli altri. Una tassazione conosciuta come “l’imposta sui frequent flyer” .
E invece? Invece ottengono sconti dalle compagnie aeree, che a loro volta beneficiano di sconti generosi pagati con i soldi dei cittadini. Il settore dell’aviazione gode infatti di una consistente esenzione sull’accisa sui carburanti per la navigazione aerea, che agli italiani è costata 682 milioni di euro nel 2020 e 2,014 miliardi nel 2019 secondo i dati del Mite. Non ci sono dati aggiornati al 2021 e al 2022, ma presumibilmente, dopo l’emergenza, si sarà tornati ai valori pre-covid, con quei 2 miliardi complessivi, che fanno 33 euro a testa divisi alla romana, dividendo il conto anche con chi gli aerei non li prende o non li ha mai presi.
Sara Campbel di Extinction Rebellion Aotearoa (Nuova Zelanda) lo dice chiaramente: “Il carburante per aerei e i viaggiatori frequenti dovrebbero essere tassati e i proventi di questa tassazione usati per finanziare trasporti pubblici per tutti e azioni di ripristino e riparazione loss and damage per coloro che sono più colpiti dagli effetti della crisi climatica, che contemporaneamente sono i meno responsabili”.
Facciamoli pagare
I cosiddetti Paesi Sottosviluppati (Least developed countries, Ldc), che rappresentavano il gruppo degli Stati più vulnerabili durante la Cop27, hanno proposto una tassa globale sull’aviazione per poter finanziare i fondi “loss and damage” per i propri Paesi. Alcuni studi hanno quantificato in oltre 100 miliardi la cifra che si potrebbe così ottenere. Senza dimenticare il fatto che un ulteriore aiuto per i Paesi più vulnerabili potrebbe venire dalla cancellazione del debito, per favorire una transizione verso economie a basso impatto di carbonio. Studi recenti mostrano come una delle principali cause del collasso climatico sia rappresentata dal continuo fallimento delle istituzioni nel focalizzare le proprie azioni sulle élite dei potenti e dei privilegiati, che, come più volte dimostrato, sono anche tra i principali responsabili dell’inquinamento.
Questa campagna è una chiamata all’azione, a cui seguiranno proteste anche nei prossimi mesi. “Dobbiamo fare pressione sui nostri leader politici, in particolare quelli dei Paesi con il maggiore traffico aereo, in modo da porre fine a queste ingiustizie una volta per tutte e far applicare imposte che determinino una drastica riduzione del numero di voli e permettano di accumulare denaro utile a combattere la crisi climatica, una promessa fatta più volte e mai mantenuta“. dice Emiliano del gruppo Extinction Rebellion.