Funzionari della sicurezza palestinesi e israeliani si sono incontrati ad Aqaba, nel sud della Giordania, sul mar Rosso, con colleghi statunitensi ed alla presenza di giordani, egiziani e britannici.
L’iniziativa di re Abdalla II è stata portata a termine.
Nel discorso finale sono state ribadite promesse di “riduzione delle tensioni”.
La realtà dei fatti in Cisgiordania, Gerusalemme e Gaza è un’altra.
Due coloni israeliani sono stati uccisi dagli spari di giovani palestinesi.
L’esercito israeliano ha continuato i rastrellamenti e le aggressioni armate con l’uso di armi da guerra contro civili e la marina di Tel Aviv ha impedito per l’ennesimo giorno ai pescatori di Gaza di uscire in mare.
Ad Aqaba si è discusso dei sintomi, senza curare la malattia, cioè l’occupazione militare israeliane delle terre palestinesi e la continua annessione con la colonizzazione ebraica, che cancella ogni orizzonte di indipendenza della Palestina.
Il tentativo è quello di far assumere alla polizia palestinese il ruolo di cane di guardia per mantenere in piedi il colonialismo israeliano.
Un ruolo innaturale, che sposterà lo scontro all’interno del campo palestinese e acuirà le divisioni e lo scollamento della dirigenza politica dai sentimenti del popolo.
E le prime reazioni sono preoccupanti: tutti i movimenti palestinesi a Gaza hanno condannato quello che hanno definito “tradimento di Abbas”.
In molte città della Cisgiordania i cortei di protesta sono rivolti a denunciare il “tradimento”.
I ministri estremisti nel governo israeliano hanno detto che nulla cambia: la colonizzazione continua, le costruzioni non cessano e le operazioni militari anche.
Il chiaro obiettivo tattico di Netanyahu è quello di garantire un periodo di calma in vista delle festività islamiche e ebraiche del prossimo mese, senza cambiare una virgola sulla situazione di oppressione contro i palestinesi e di negazione di un futuro di pace per tutti, palestinesi e israeliani.