La prospettiva che si apre con il governo Meloni è quella di un’Italia che si contraddistingue per un divario territoriale ancora più marcato. Pertanto il 28 novembre, Sinistra Italiana ha organizzato al Palazzo della Provincia di Napoli una conferenza intitolata “No alla secessione dei ricchi”, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche relative all’autonomia differenziata. Tra i vari esponenti di Sinistra Italiana, erano presenti il Coordinatore della Federazione di Napoli, Stefano Ioffredo, ed i parlamentari Franco Mari e Peppe De Cristofaro, che abbiamo intervistato.
Quella dell’autonomia differenziata è una vecchia tematica che si credeva in qualche modo superata. Senatore De Cristofaro, come mai è ritornata al centro del dibattito? Qual è la posizione di Sinistra Italiana?
«La proposta in discussione, su iniziativa del ministro Calderoli, dal mio punto di vista è estremamente pericolosa. Una proposta che spacca in due il Paese, che umilia il ruolo del Parlamento, e che rischia di accentuare drammaticamente i già grandi divari territoriali che esistono in Italia. Una proposta, inoltre, che sconvolge i rapporti tra Stato e Regioni, basati sul federalismo cooperativo e unitario, condiziona l’autonomia impositiva dei Comuni e il processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali in loro favore, non garantisce il “finanziamento integrale” delle funzioni concernenti i diritti civili e sociali (sanità, istruzione, mobilità) per tutti i cittadini, non tiene conto dell’esigenza, ormai ineludibile, del riordino dei rapporti fra Stato e Regioni ispirato ad un federalismo cooperativo e unitario. E interdice una rivendicazione fondante delle autonomie locali: il passaggio dal sistema dei trasferimenti fondato sulla spesa storica a quello che prevede la perequazione integrale dei fabbisogni, valutati a costi standard, necessari a garantire il soddisfacimento dei livelli essenziali delle prestazioni in tutto il territorio nazionale, che, attualmente, sono definite solo per alcune funzioni (istruzione e asilo nido), ma in base a parametri che stabilizzano i divari, rafforzano e migliorano i livelli dei servizi pubblici locali, là dove sono presenti, non dove mancano o sono inadeguati».
Nel 2018 è stato un governo di centro-sinistra come quello di Gentiloni a realizzare la riforma del Titolo V della Costituzione. Senatore De Cristofaro, per quale motivo ora Sinistra Italiana prende posizione contro questo provvedimento?
«Noi ci siamo sempre opposti, prima con Rifondazione Comunista, poi con SEL e oggi con Sinistra Italiana, ad un’idea che riteniamo profondamente sbagliata, sin da quando in solitudine, votammo contro la riforma del titolo V. La crisi sociale ed economica in cui versa il Sud rappresenta la principale diseguaglianza del Paese e rende doveroso un intervento dello Stato che realizzi appieno il diritto all’uguaglianza sancito all’art.3, secondo comma, della Costituzione. Allo stesso tempo il Sud rappresenta per il Paese una grande opportunità di crescita per l’economia nazionale e di sostegno alla domanda interna di beni e servizi: basti pensare che per ogni 100 euro spesi al Sud 40 ritornano al Nord mentre non è vero il contrario, visto che per 100 euro spesi al Nord solo 5 vanno a beneficio delle regioni del Sud. La questione meridionale rappresenta dunque una questione nazionale. Le ricadute di questa forma di autonomia, senza aver definito prima i principi e i LEP, sarebbero gravi e pregiudizievoli, in particolare in tre settori: a) il Servizio Sanitario Nazionale che, dopo anni di consistenti tagli al finanziamento e mancata programmazione che ha portato ad una carenza oramai strutturale di personale medico e infermieristico, tagli ai trasferimenti alle regioni, rischierebbe di perdere i caratteri irrinunciabili di universalità e uguaglianza per tutti i cittadini, e consoliderebbe un sistema di accesso alle cure a doppia velocità e l’aumento della mobilità sanitaria con il conseguente incremento dei costi per le regioni più deboli; b) il sistema dell’istruzione pubblica, dove la rottura dell’unità di indirizzo e di gestione metterebbe in discussione la libertà di insegnamento e il diritto di apprendimento; c) in campo ambientale la situazione diventerebbe caotica comportando conseguenze potenzialmente drammatiche per ciò che riguarda la gestione in materia di tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche, di gestione dei rifiuti, di bonifica dei siti inquinati, per la tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera ed infine per la prevenzione e ripristino ambientale, trivellazioni e in materia di aree protette; anche in campo dei rifiuti ed energia vengono trasferite competenze alle regioni su materie importanti quali ad esempio consorzi, fanghi di depurazione, end of waste, compostaggio, produzione, trasporto e distribuzione energia; le imprese infatti potrebbero confrontarsi con venti legislazioni regionali diverse. Tra l’altro, la tutela delle matrici ambientali è tanto più efficace quanto più è estesa e uniforme; in nessun campo come quello ambientale è chiaro che “salvarsi” da soli, oppure a diverse velocità, non si può, né a livello nazionale né a maggior ragione a livello locale. Inoltre pensiamo alle ricadute che potrebbe avere sul mondo del lavoro. Siamo certi che potrebbe essere un viatico a un’intenzione sbagliata, perché siamo ben consapevoli che trattamenti stipendiali diversi si fondano su condizioni e traguardano obiettivi diversi. E a trattamenti diversi conseguono diritti diversi anche per gli stessi destinatari del lavoro scolastico, cioè alunni e studenti. Tutte le regioni avrebbero bisogno di organici più adeguati e tutti i lavoratori della scuola salari più alti. Il Governo vuole l’opposto e con inaudito candore ci spiega: salari differenziati in base alla residenza quindi sì, gabbie salariali e diritti a geometria variabile sempre in base alla residenza».
Ritorniamo ai nostri giorni e al governo Meloni: Senatore De Cristofaro, quale impatto può avere un sistema fiscale non progressivo come la flat tax sui territori meridionali?
«Non si può far passare come un contributo di solidarietà delle regioni del Nord verso quelle del Sud una parte della fiscalità da esse prodotta, come se fosse di sua pertinenza, perché la solidarietà costituzionale è un dovere dello Stato verso le Regioni e tra le Regioni, che non si possono dividere tra donanti e beneficiari».
Sempre il governo Meloni ha annunciato di voler revisionare e infine superare il reddito di cittadinanza. Senatore De Cristofaro, quale effetto può avere la correzione di questo ammortizzatore sociale nel Meridione?
«Il governo Meloni ha deciso di ingaggiare una ingiustificata ‘guerra ai poveri’, invece che una seria lotta alla povertà e alle diseguaglianze che ormai galoppano sempre di più».
La “quota mezzogiorno” prevede che il 40% delle risorse dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) sia destinato al Sud dell’Italia. Senatore De Cristofaro, per quale motivo esistono ancora tante criticità?
«Lo Stato, negli ultimi 25 anni, si è progressivamente ritratto, specie nel Mezzogiorno, nei confronti del lavoro, dei servizi sociali e ha determinato, subendo la logica del mercato e del liberismo, una diffusione delle disuguaglianze ai più alti livelli d’Europa: non è un caso che il coefficiente di Gini, utilizzato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza collochi l’Italia al penultimo posto in Europa, proprio a causa dei dati del Sud, che a sua volta è ultimo, con una percentuale del 33,8 di persone a rischio povertà e un reddito pro capite che è solo il 56 per cento di quello del Nord».
Non è difficile constatare che i territori del Sud del paese siano ancora svantaggiati rispetto a quelli del Nord nello sviluppo socioeconomico. Cosa è necessario fare per invertire la rotta e cambiare questo modello di sviluppo che ha penalizzato soprattutto le ragioni meridionali?
«Attraversiamo una fase di straordinaria gravità, caratterizzata da una pandemia mondiale, dall’aggravarsi della crisi ambientale e dalla minaccia che la guerra assuma dimensioni mondiali. Una fase segnata da una gestione capitalistica della crisi che, a fronte dell’eccezionale recessione del 2020, ha avviato importanti politiche di spesa: tra manovre economiche e fondi europei sono stati stanziati 396 miliardi di euro, per la maggior parte a debito, che dovremo quindi ripagare nei prossimi anni. Dopo anni di sacrifici, finalmente avrebbero potuto esserci risorse per lo Stato Sociale, il lavoro, i salari, la sicurezza, le pensioni, e per gli investimenti nel Sud e l’occupazione dei giovani e delle donne. Invece, in larghissima parte, di nuovo, queste risorse sono andate principalmente alle imprese e al mercato. Persino per sanità e scuola, che, dopo la pandemia, dovevano essere la prima urgenza del paese e che invece sono l’ultima voce di spesa, ulteriormente impoverite dalla scellerata decisione di aumentare ancora le spese militari. Inoltre, negli ultimi 30 anni, in Italia, i salari reali sono diminuiti, gli orari medi sono più lunghi, la precarietà è aumentata, il tasso di occupazione delle donne, soprattutto al Sud, è molto più basso della media europea, tre persone al giorno in media muoiono sul lavoro. Per cambiare tutto questo, bisogna mettere in discussione la linea che la politica ha accettato e praticato in questi decenni».
Questa intervista al senatore De Cristofaro, dimostra che Sinistra Italiana si sta organizzando per farsi trovare pronta rispetto alle sfide proventi dal governo Meloni. Sotto questa lente vanno viste le modifiche apportate a livello territoriale dall’organismo provinciale napoletano che ha eletto Enza Iasevoli come nuovo Presidente dell’Assemblea Provinciale e rinnovato la Segreteria della Federazione partenopea. Segnali importanti che lasciano presagire ad una stagione politica estremamente intensa, a partire dal dibattito sull’autonomia differenziata, argomento che sarà all’ordine del giorno nei prossimi mesi.
Gabriele Caruso