Comincia a serpeggiare il sospetto che Anthony Albanese non si stia affatto interessando presso le autorità statunitensi, come invece egli ha preteso più volte, per il ritiro delle accuse contro il co-fondatore di WikiLeaks.
In un articolo pubblicato il 24 gennaio 2023 sul sito di MichaelWest Media, l’ex senatore australiano Rex Patrick, ora giornalista investigativo, descrive le indagini che egli ha intrapreso, grazie al FOIA, per scoprire tracce documentali delle “pressioni” che il Primo Ministro Anthony Albanesi avrebbe fatto sugli Stati Uniti per la liberazione di Julian Assange. Non ha trovato alcun riscontro.
Il FOIA (Freedom Of Information Act) è un provvedimento che garantisce il diritto di accesso agli atti amministrativi da parte di cittadini comuni.
Di seguito la traduzione di Patrick Boyan dell’articolo scritto da Rex Patrick.
Quando nel Parlamento australiano, a fine novembre, la deputata indipendente Monique Ryan ha chiesto al Primo Ministro Albanese se il suo governo fosse intervenuto per riportare a casa il giornalista australiano Julian Assange, noi cittadini che lottiamo per la libertà di stampa abbiamo visto un barlume di speranza.
Infatti, il premier ha risposto con queste parole incoraggianti: “Come ho già fatto presente qualche tempo fa, quando è troppo è troppo. È giunto il momento di concludere questa vicenda. Confesso che non ho nessuna simpatia personale per alcune delle azioni del signor Assange. Dico però che il problema va avanti da molti anni e [non si capisce perché], soprattutto se confrontiamo la questione di Assange con quella della persona responsabile della fuga di informazioni, Bradley Manning, ora Chelsea Manning. Oggi Manning è libera di vivere la sua vita nella società statunitense”.
Albanesi ha poi aggiunto: “Il governo continuerà ad agire in modo diplomatico, ma posso assicurare la deputata di Kooyong che ho sollevato personalmente la questione con i rappresentanti del governo degli Stati Uniti. La mia posizione è chiara ed è stata chiarita all’amministrazione statunitense: è giunto il momento di chiudere la questione.”
Poi, il 19 di questo mese, noi sostenitori di Assange abbiamo visto un secondo barlume di speranza quando il procuratore generale e deputato Mark Dreyfus ha annunciato un incontro con i media per discutere di una migliore protezione della libertà di stampa. Nelle parole di Dreyfus: “il governo Albanese ritiene che l’esistenza di mezzi di comunicazione forti e indipendenti sia fondamentale per la democrazia e per tenere sott’occhio chi ci governa. Un giornalista non dovrebbe mai temere di essere messo sotto accusa o addirittura incarcerato solo per aver fatto il loro lavoro.”
Tuttavia esiste un’enorme differenza tra il dire e il fare. Di recente io ho formulato una serie di richieste FOIA per ottenere copie di eventuali documenti riguardanti il caso Assange e le risposte hanno fatto crollare totalmente la bella facciata che il governo si era costruita.
In risposta ad una mia richiesta FOIA rivolta all’ufficio del Primo Ministro, chiedendo una copia di qualsiasi corrispondenza o di altri documenti riguardanti Assange inviati al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden da o per conto del Primo Ministro, nel periodo che va dal 23 maggio 2022 fino a oggi, l’ufficio del Primo Ministro ha ammesso di non averne trovato alcuna traccia.
Risposta di Simona Gory, Consulente legale senior del Primo Ministro: “Ho domandato informazioni al personale competente che è a conoscenza delle questioni relative alla Sua richiesta e che ha accesso agli archivi pertinenti e ho chiesto di cercare tutti i documenti che rispondono alla Sua richiesta. Non è stato trovato nulla, cioè, non sono stati individuati documenti pertinenti che corrispondessero a quanto da Lei richiesto. Sono convinta che siano state prese tutte le misure del caso per trovarli e che, pertanto, tali documenti non esistono.”
In risposta ad una mia richiesta FOIA rivolta al Procuratore Generale per ottenere copie della corrispondenza o perlomeno delle registrazioni delle comunicazioni tra lui e il suo omologo statunitense Merrick Garland relative ad Assange, anche in questo caso non si è trovato nulla.
Risposta di Houston Ash, consigliere anziano del Procuratore Generale: “Di conseguenza, ho fatto in modo che il personale dell’ufficio prendesse tutte le misure necessarie per reperire i documenti che rientrano nell’ambito della Sua richiesta. Non è stato individuato nessun documento pertinente.”
Queste risposte hanno lasciato di stucco anche la deputata indipendente Monique Ryan, che ha dichiarato: “L’accusa del governo statunitense nei confronti del giornalista ed editore australiano Julian Assange rappresenta una grave minaccia per la libertà di stampa in tutto il mondo. Purtroppo, le prove ora disponibili dimostrano che, contrariamente alle loro dichiarazioni, il Premier Albanese e i suoi ministri hanno fatto ben poco per garantire la libertà di Assange. Nessuno di loro ha scritto alle proprie controparti statunitensi per sollecitare l’archiviazione dell’accusa di spionaggio”
Ora la deputata Ryan intende chiedere al governo di indicare esattamente e concretamente cosa abbia effettivamente fatto e farà per garantire il rilascio di Assange.
Comunque, per fugare ogni ulteriore dubbio, Ryan ha anche indirizzato una richiesta FOIA all’ufficio del Ministro degli Esteri Penny Wong per ottenere una copia dell’eventuale corrispondenza riguardante Assange tra lei e il Segretario di Stato degli Stati Uniti Anthony J. Blinken. Anche in questo caso non si è trovato nulla.
Risposta di Tom Mooney, capo dello staff del Ministro degli Esteri: “Le ricerche condotte presso i dipartimenti che si ritiene possano contenere i documenti attinenti alla Sua richiesta non hanno prodotto nessuna corrispondenza alla descrizione dei documenti da Lei richiesti. Dato che la Sua richiesta si riferisce a una questione consolare ancora attiva, potrebbe valere la pena contattare il Dipartimento degli Affari Esteri e del Commercio (DFAT) per ulteriori ricerche [nei loro archivi]. Per quanto riguarda il nostro ufficio, dopo aver adottato tutte le misure ragionevoli per trovare gli eventuali documenti, devo concludere che non esistono. Pertanto non posso soddisfare la sua richiesta ai sensi dell’articolo 24A( 1) del FOIA.”
La deputata Ryan ha dichiarato al riguardo che “se il governo Albanese fosse seriamente intenzionato a lavorare per ottenere il ritiro delle accuse statunitensi e il rilascio di Julian Assange, allora sia lo stesso Primo Ministro o perlomeno qualcuno dei suoi ministri avrebbero sollevato la questione formalmente, per iscritto, con le loro controparti ai massimi livelli del governo statunitense”.
Ryan ha poi criticato l’ambiguità del Procuratore Generale Dreyfus. La settimana scorsa, annunciando una tavola rotonda nazionale sui mass media, il procuratore ha dichiarato che ‘i giornalisti non dovrebbero mai trovarsi di fronte alla prospettiva di essere incriminati o addirittura incarcerati solo per aver fatto il loro lavoro’. Ebbene, Julian Assange è un giornalista australiano che rischia l’ergastolo per aver fatto il suo lavoro”.
La deputata indipendente di Kooyong ha infine dichiarato che non intende mollare la presa. “Quando il Parlamento federale tornerà a riunirsi a febbraio, il governo dovrà spiegare – in modo molto più dettagliato – quando potremo aspettarci di vedere il ritorno di Assange in Australia”.
In conclusione, mi pare evidente che il governo Albanese sia stato colto in flagrante: ha millantato un impegno che non sta portando avanti. Vuole solo dare l’impressione di agire, mentre in realtà sta facendo poco o nulla.
Invece il governo Albanese renderebbe davvero un servizio agli Stati Uniti (e anche a se stesso) se facesse seriamente pressione sul Presidente Biden affinché ponga fine all’attacco ad Assange e alla libertà dei media. Questo perché, in una prospettiva più ampia, gli Stati Uniti non hanno nulla da guadagnare nel continuare a perseguitare Julian Assange. Voler incarcerare un giornalista per spionaggio manda esattamente il messaggio sbagliato in un momento in cui la libertà di stampa è sotto attacco in molti Paesi del mondo.