“La conversione in legge del cosiddetto decreto Ong rappresenta un ulteriore ostacolo per la sopravvivenza dei migranti che attraversano il Mediterraneo centrale. A pagarne il prezzo con la propria vita sarà infatti un numero crescente di naufraghi che saranno lasciati al loro destino o al recupero della guardia costiera libica. Già nel 2022 oltre 1.300 persone hanno perso la vita in quella che è la rotta migratoria più letale al mondo, mentre i naufraghi salvati dalle ONG sono stati oltre 11.000: dove sarebbero oggi queste persone se il provvedimento approvato oggi fosse stato già in vigore?”. Così EMERGENCY commenta le disposizioni del Decreto 01/2023 sulla gestione dei flussi migratori convertito in legge con il voto del Senato.
“L’obiettivo del provvedimento non è gestire i soccorsi in mare, bensì limitare e ostacolare la presenza delle navi umanitarie nel Mediterraneo. La prassi di assegnare porti distanti dai luoghi dei soccorsi, non contenuta dal provvedimento ma che ha la stessa ispirazione, va nella stessa direzione: ridurre le possibilità di ricerca e salvataggio da parte delle navi umanitarie. E rappresenta una violazione della Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS – art. 98). Assegnare alle navi umanitarie porti lontani dai luoghi del soccorso è funzionale anche a ridurre le testimonianze di quanto accade nel Mediterraneo centrale, in particolare dei respingimenti verso la Libia a cui di fatto contribuiscono Italia e Unione Europea in violazione del diritto internazionale. (Non solo il Protocollo n.4 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo vieta i respingimenti collettivi, ma sempre più istituzioni internazionali descrivono il Paese africano come un posto insicuro).
L’adozione del provvedimento è stata giustificata da una presunta emergenza rispetto alla gestione dei salvataggi in mare. La vera emergenza però non è rappresentata dalla presenza delle navi umanitarie, ma dall’assenza di una missione europea di ricerca e soccorso, dalle ormai documentate pratiche di omissione di soccorso in favore dei respingimenti, dal fatto che nel Mediterraneo centrale muoia 1 persona ogni 4 ore e che solo l’anno scorso oltre 20 mila migranti siano stati respinti in Libia.
Lo stesso Consiglio d’Europa ha definito la disposizione del decreto come onerose, arbitrarie, contrarie al diritto e da revocare. Difatti, secondo l’organizzazione internazionale, il provvedimento rischia di avere un effetto dissuasivo nei confronti del lavoro, legittimo, delle navi umanitarie e di determinare un aumento dei morti nel Mediterraneo.
Il provvedimento inoltre induce l’opinione pubblica a credere che la questione dell’immigrazione irregolare si risolva criminalizzando e arrestando il lavoro delle ONG. Ricordiamo a questo proposito che gli sbarchi a seguito di soccorsi effettuati dalle ONG sono stati nel 2023 solo il 9% del totale e riguardano quindi una persona su 10 tra coloro che sbarcano in Italia.
Salvare vite non può essere considerato un reato ed è inaccettabile che venga ostacolato il lavoro umanitario. Tanto più che l’intervento delle Ong nel Mediterraneo si è reso necessario a causa del vuoto lasciato dalle istituzioni con la chiusura della missione Mare Nostrum. Anziché una criminalizzazione dell’operato delle navi umanitarie, a tutela delle persone e della legalità servirebbero una riforma del sistema di accesso e accoglienza, vie legali di accesso e un investimento reale nella cooperazione internazionale.
Con la Life Support proseguiremo a soccorrere chi è in difficoltà”.