Condannato per “strage” Alfredo Cospito non ha ucciso nessuno ma è in carcere al 41-bis con modalità afflittive che rasentano la tortura.
Alfredo Cospito è un anarchico autore a Genova (nel 2012) del ferimento alle gambe del dirigente dell’Ansaldo, Roberto Adinolfi. Per tale fatto (nel 2014) fu condannato a dieci anni e otto mesi di carcere. Quando era già in carcere venne accusato di aver posizionato, nella notte tra 2 e 3 giugno 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. L’esplosione non causò né morti né feriti. Entrambe le bombe, che esplosero a mezz’ora di distanza l’una dall’altra, erano state realizzate con una pentola a pressione e un tubo di metallo con dentro 800 grammi di polvere pirica, un attentato totalmente incruento. Per questo attentato Cospito si è sempre dichiarato innocente.
Dal 4 maggio 2022 Cospito è sotto regime detentivo ai sensi dell’art. 41 bis, ordinariamente applicato ai detenuti condannati per reati di mafia, ed in attesa di una probabile rideterminazione della pena con l’applicazione dell’ergastolo ostativo. Cioè senza possibilità di usufruire dei benefici di legge come: la liberazione condizionale; il lavoro all’esterno; i permessi premio e la semilibertà, concessi in base ad un iter processuale complesso (secondo alcuni anomalo).
Il regime di pena che sta scontando Alfredo Cospito – cioè il “41 bis” – appalesa il rischio della condanna all’ergastolo ostativo: una vera e propria abnorme sproporzionalità giuridica per l’entità dei reati contestati.
Quello del 41 bis è un regime speciale che prevede una serie di misure estremamente restrittive tra cui: l’isolamento nei confronti degli altri detenuti; la limitazione dell’ora d’aria (solo due ore e anch’esse in isolamento); la limitazione dei colloqui (solo con i familiari, con un vetro divisorio e senza possibilità di contatto fisico); il visto di controllo della posta in entrata e in uscita; la privazione della lettura di giornali e libri.
In sostanza, con il regime del 41bis si evocano le finalità perseguite dall’ancien régime che articolava metodi inquisitori contro cui si scagliarono giustamente i filosofi del diritto nel ’700. Se ciò è vero (come è vero!) nessun essere umano dovrebbe esservi sottoposto
Alfredo Cospito, detenuto nel carcere di Sassari, ha iniziato il 19 ottobre lo sciopero della fame contro il trattamento previsto dal 41 bis. A causa dello sciopero della fame ha perso già quaranta chili, passando da 118 a 78 kg, ma è pronto a sacrificare la propria vita, perché quella sottoposta al 41 bis, dice l’anarchico: “non è vita e se tale deve essere tanto vale sacrificarla in una lotta contro la barbarie”.
Non si può non ricordare – in particolare, nel caso di reati non di natura mafiosa e senza esiti letali per la vita umana – l’art. 27 della Costituzione, ove recita che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Né si può negare la pesante discrepanza fra la situazione di Cospito e le pene comminate a responsabili di reati ben più gravi.
La vita di Alfredo Cospito è appesa a un filo e questa vicenda, più in generale, ci interroga sui temi delle condizioni dell’universo carcerario: dalla giustizia giusta ai valori costituzionali di tutela della dignità della persona e della vita umana.