Si è appena concluso lo spoglio dei voti per la prima tornata elettorale per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica Ceca, la terza dal 2013.

Com’era prevedibile, nessuno dei candidati ha raggiunto la soglia prevista del 50% dei voti per aggiudicarsi il primo turno. I due candidati che si contenderanno il Castello in occasione del ballottaggio del 27 e 28 gennaio saranno Petr Pavel, che ha ottenuto il 35,4% e Andrej Babiš che ha ottenuto il 35% dei voti. Hanno votato circa il 68% degli aventi diritto.

I candidati in lizza erano otto, ma l’attenzione era concentrata principalmente su tre di loro: Andrej Babiš, Petr Pavel e Danuše Nerudova, che ha raccolto quasi il 14% dei consensi.

Andrej Babiš, 68 anni, ha ricoperto la carica di Primo Ministro dal 2017 al 2021. È uno dei più ricchi imprenditori del paese e ha fondato nel 2011 il partito ANO (si), che si è posto da subito come un movimento di protesta contro la politica tradizionale. Da molti è stato paragonato per alcuni aspetti all’ex Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Molte le critiche nei suoi confronti da parte dei suoi oppositori, dal conflitto di interessi alla sua partecipazione durante il comunismo alla gestione di una delle più grosse aziende cecoslovacche dell’agro alimentare (di cui ora è il proprietario). Si è da poco concluso con la sua assoluzione un processo a suo carico, in cui veniva accusato di frode per il presunto utilizzo illegale di 2 milioni di euro di fondi UE.

Petr Pavel, 62 anni, è un generale in pensione. Ha lavorato per i servizi di intelligence militare e ha occupato il ruolo di Presidente del Comitato Militare della NATO. Ha rivestito fino al 2015 la carica di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito della Repubblica Ceca.

Danuše Nerudova, 44 anni, è una docente di economia ed ex rettore dell’Università Mendel di Brno, europeista convinta e a favore dell’adozione anticipata della moneta unica in Repubblica Ceca. È stata al centro di alcune polemiche per delle gravi irregolarità e per l’insolita rapidità con cui alcuni studenti avrebbero ottenuto il dottorato. Per questo è indagata dall’Ufficio nazionale di accreditamento per l’istruzione superiore.

Recentemente ci sono state molte critiche da parte degli opinionisti al sistema di elezione diretta del Presidente della Repubblica, contribuendo a installare una convinzione generalizzata che questo sistema crei difficoltà di stabilità governativa rispetto all’elezione da parte del Parlamento.

Tra due settimane si terrà il ballottaggio in cui i cechi verranno chiamati a decidere tra i due candidati. Sicuramente peseranno anche le indicazioni di voto degli esclusi dal primo turno.

Quel che è certo è che il risultato di queste elezioni sarà abbastanza importante per capire la direzione degli avvenimenti e in particolare il modo in cui la Repubblica Ceca si porrà rispetto alla situazione internazionale sempre più calda a causa del conflitto in Ucraina.

Tra i tre candidati, Babiš è stato l’unico per ora a esprimere posizioni favorevoli a una mediazione del conflitto e alla necessità di un intervento diplomatico per risolverlo. Per questo è stato accusato di avere una posizione filo russa. Queste stesse accuse sono state mosse all’attuale presidente Miloš Zeman.
Babiš viene anche accusato di voler monopolizzare l’informazione in Repubblica Ceca, ma nonostante la sua effettiva proprietà di alcuni mezzi di informazione, è evidente che è stato molto osteggiato dai media mainstream.

Le posizioni del generale Pavel, invece, ricalcano ovviamente quelle dell’Alleanza Atlantica e sostengono la necessità di un’azione più forte e di un maggiore appoggio all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali.
Senz’altro è l’uomo che meglio rappresenterebbe gli interessi di Washington e della cultura militarista in Repubblica Ceca e in generale nell’Europa dell’est.