Un artista che accoglie… libri, teatro e canzoni nell’Alto Cosentino.
Giancarlo Bruni, teologo e servo di Maria, a ottobre del 2020, seduti attorno alla tavola dell’Eremo San Pietro alle Stinche, faceva questa battuta: “Ci vorrebbero 10 pandemie per abbattere il neoliberismo”. Lo aveva detto perché stimolato dalla lettura ad alta voce di una “Lettera di Attilio Del Vinco” pubblicata in Se canti non muori, primo libro di inchiesta dal basso uscito in Italia per analizzare l’allora “esordiente” pandemia (il libro scritto tra fine febbraio e fine aprile, uscì a maggio del 2020 per le Autoproduzioni Malanotte).
Mi vien da dire che a me è bastata una pandemia per riscoprire l’Eco Campo degli Enotri di Biagio Accardi, che potremmo anche definire una Casa Teatro sul fianco della collina di Tortora, Alto Cosentino. E’ il primo avamposto della Calabria arrivando da Sapri, al crocevia con la Basilicata: la spiaggia di Castrocucco, che prende il nome dal fiume che lì sfocia, è a poche centinaia di metri da Tortora ed è già Maratea. Quando gli chiedo come mai lui è così ospitale con chi arriva all’Eco Campo, Biagio mi dice che l’ospitalità è un dovere sacro per i calabresi, “soprattutto se ci troviamo all’ingresso della Calabria, per chi viene dalla Campania”.
Biagio è un cantastorie, un artista indipendente che potrebbe piangersi addosso o stancarsi di quello che fa ormai da molti anni, sia per i magri guadagni, sia per l’asprezza di une terra come questa, eppure… Due anni e mezzo fa, quando lo contattai dopo pochi mesi dall’inizio della pandemia, mi disse che era rimasto incastrato in Francia all’inizio di aprile e per poter tornare in Italia aveva dovuto spendere circa 1.000 euro per tornare da Tolosa: meno di 200 euro per l’aereo, il resto per pagare il taxi da Roma a casa sua, perché in base alle normative Anti-Covid, in quel periodo non si poteva viaggiare nei mezzi pubblici se arrivavi dall’estero in aereo, ma solo in taxi o se un tuo parente o amico veniva a prenderti in macchina!
Anziché scoraggiarsi, mi disse che stava iniziando a stampare cartoline con disegni e acquerelli che aveva fatto in quel periodo, e poi, tornato a casa, c’erano i suoi compagni di vita ormai da qualche anno: Cometina, l’asinello con cui ha percorso Km nel Pollino, ogni estate, dal 2010 al 2017, con il progetto Viaggiolento nel Pollino (ancora conservo una maglietta verde con il disegno dell’asinello e la scritta, che avevo comprato quando ero andato a trovarlo a Casa del Carro, poco meno di dieci anni fa – Casa del Carro è ancora più su dell’Eco Campo) e la capretta Rena.
Ieri sera, quando sono arrivato, per la conferenza di Rossella Accardi sul tema: Magi: re o maghi? – con passi scelti del Vangelo e un excursus sulle rappresentazioni dei re magi sulla storia dell’arte – oltre a un gruppo di bambini e di mamme mi si sono presentati anche loro due: la crapuzza e lu sciccariddu. Arrivano gruppi di uomini e donne, tra i 40 e i 70 anni di età, chi da fuori chi da qui vicino, e mi impressiona sfidando la strada sterrata da fare e l’ultimo tratto a piedi un po’ in salita. Insomma, potrebbe essere un’ottima scusa per scoraggiare gli invitati, anche perché quasi mai ci sono locandine o manifesti esposti, tutto via fb e via whatsapp.
Strana commistione quella di Biagio, “retrivo” e per certi versi integralista (mentre prendo appunti dice parlando con altri: “Io sono per non andare in nessun supermercato”), e al tempo stesso “esperto” di fb e whatsapp, spesso in viaggio per tournée di spettacoli come musicista polistrumentista, prima più cantastorie tradizionale, ora sempre più “world music”, accompagnato dall’arpista Andrea Seki (ultime date a inizio gennaio nel viterbese). Due giorni fa c’è stato lo spettacolo Lavorare stanca di Angelo Di Gregorio, con testi di Pavese, Pasolini, Leopardi e Flaubert, il giorno dopo una seduta di yoga con il maestro Luca dello studio Tula Yoga di Potenza, il giorno dopo la conferenza sui re magi e la domenica è previsto uno spettacolo di Dada, cantastorie che presenta lo spettacolo (anche per bambini) Il camminante e la voce del mare.
Tre donne che incontro appena arrivo all’Eco Campo mi parlano di Pavese, Leopardi e Flaubert, riprendendo gli argomenti dello spettacolo di due giorni prima. Eppure nel mio immaginario le donne calabresi, pur essendo io siciliano e pur avendo viaggiato e studiato, non le immaginavo così amanti della filosofia. Alla fine dello spettacolo Rossella, che insegna storia dell’arte, regala una fava a ognuno di noi, rievocando Pitagora; don Giovanni Mazzillo, parroco di Tortora, mi ricorda che Parmenide, quello che diceva che “l’essere è e il non essere non è”, ha vissuto qui, a Velia, antica città di cui si trovano resti al Museo archeologico di Tortora “centro storico”, per distinguerlo da Tortora Marina. L’Eco Campo si trova più vicino “alla Marina”, e infatti da qui si vede la Baia di Catrocucco.
Sul piccolo “promontorio” su cui, all’Eco Campo, è montato un teatro di paglia, con la vista che spazia tra mare e montagna, c’è un uomo seduto su una panca, attorno al tavolo dove si mangia nei mesi che vanno da marzo a novembre (io ci sono venuto sempre nei mesi estivi). Mi avvicino e lo saluto. Il suo volto potrebbe far pensare a un uomo poco socievole, invece mi parla subito di libri. Quando gli dico che due giorni fa ne hanno presentato uno proprio qui e lui si dice dispiaciuto di non essere riuscito a venire.
Alla fine della conferenza di Rossella, lo zio Vincenzo reciterà in dialetto locale un proverbio sulla festa dell’Epifania, che nessuno vorrebbe che arrivasse perché in quei giorni si sprigionano gli spiriti dei morti, riprendendo uno spunto di Rossella che aveva accennato alle porte cosmiche e ctonie che si aprono nel giorno dell’Epifania, di cui la fava sarebbe un simbolo (ricordiamo che Pitagora, secondo la leggenda, temeva le fave e preferì morire anziché attraversarne un campo). Lo zio Vincenzo ha anche le pecore e ha portato quello che Biagio ha definito “lo sciroppo”, che ho voluto assaggiare e sapeva di vino.
Uno dei libri che trovo nel cesto della cucina di Biagio lo ha scritto lo zio Vincenzo; il titolo è “Peregrinando… va”. Biagio mi indica una delle poesie che lui preferisce, Martina mi chiede di leggerla lì nel cucinino ricavato davanti l’ingresso della casa, con finestre e vetrate “all’antica”, il tutto “autocostruito” recentemente. Due anni fa non c’era niente di tutto ciò, si stava lì ma esposti al freddo, attorno a un tavolaccio e con un mini cucinino e un mini lavello, oggi è diventata una mini taverna, e mentre io leggo la poesia, Stephanie e Biagio preparano piadine che sono più simili a pane chapati indiano, cotto sulla piastra, con grano che Biagio coltiva e fa macinare in un mulino a pietra. Nelle piadine ci mettono fette di zucca tagliate sottili in orizzontale e cotte alla piastra, rucola, formaggio prodotto con il latte dalla capretta Rena.
La poesia si intitola Speranza. Questo è il testo:
Vai, Sali sul colle;
Dimentica per un po’ la valle
Indaga, scruta all’orizzonte.
In alto gli occhi e al cielo
Proietta i palpiti del cuore,
No; non sei solo
Se t’hanno amato ami ancora.
Scendendo con mestizia il sito
Tutto t’apparirà più bello,
Il mare, i fiori, il creato
E fibrillerà l’umida pupilla.
Negli ultimi tre anni ero venuto all’Eco Campo con i miei monologhi teatrali, i miei libri e le canzoni, con Biagio ho registrato il cd Santa Maria del cammino, che contiene, tra gli altri, i brani Madri di preghiera, dedicato a mia madre, morta il 21 marzo del 2020 di malasanità (prima di morire il test ha rivelato che aveva il Covid) in un ospedale del centro Sicilia e il brano Se non ce le fai, scritto all’inizio di aprile del 2020, dedicato a tutti noi che eravamo rinchiusi in casa a rischio di non farcela a reggere psicologicamente quello che stava succedendo.
Negli ultimi due anni Biagio ha curato il mastering dei miei due ultimi dischi, e l’estate scorsa ha organizzato una rassegna di concerti “senza portafoglio”. Gli ho chiesto come mai lo fa, anche se non ci guadagna nulla, anzi mi ha spiegato che se tenesse per lui il compenso che gli danno per un suo spettacolo invece di condividerlo con altri artisti, guadagnerebbe di più. “Ma io preferisco così, meglio aprirsi e perderci nell’immediato, magari poi tornano i frutti, nel lungo periodo”.
Tutta la gente che arriva all’Eco Campo è un segno di questo lavoro sul lungo periodo? Lungimiranza? Un artista che accoglie, io lo chiamo, come altri di cui adesso non riporto i nomi, ma che dopo la pandemia hanno saputo dare senso a un arte di vivere e di esprimersi che punta più sull’autogestione che sulla dipendenza dallo Stato, più sulla varietà delle attività che sulla specializzazione, più sulla solidarietà attiva e sul mutuo appoggio che sul pensare a sé stessi e solo all’immediato.
Ah, dimenticavo! Biagio è anche anarchico, di quelli che non riescono a chiedere soldi, per capirsi, a chi va nel suo Eco Campo o Casa Teatro, e si affida alla provvidenza (e alla buona volontà di chi lascia un contributo nella scatola delle offerte per l’Eco Campo e nel cappello degli artisti). Quindi generosità calabra e provvidenza… anarchica!