La volontà del governo italiano di criminalizzare le operazioni di ricerca e soccorso con ogni mezzo necessario sta diventando sempre più evidente. Ciò che è iniziato con il codice di condotta sul soccorso in mare di Minniti nel 2017, che ha portato al sequestro della Iuventa, si sta ripetendo di nuovo oggi con il decreto Meloni del 28 dicembre 2022 innescando così una pericolosa escalation.
Il filmato inedito rilasciato sulla perquisizione della Iuventa nel 2017 mostra quanto le autorità italiane abbiano goffamente cercato di criminalizzare l’equipaggio della nave da soccorso SAR ricorrendo ad accuse inventate. Le autorità italiane costruirono una rivendicazione falsa e pretestuosa: la Iuventa aveva armi ed esplosivi a bordo. Un escamotage che permetteva di ispezionare l’imbarcazione senza bisogno di prove, rendendo così possibile la perquisizione. Ovviamente non furono trovati né armi né esplosivi.
Il materiale è la testimonianza odierna di una drammatica messa in scena tramite cui sono stati legittimati il sequestro e il successivo processo penale. Ci sono state trasmissioni in diretta su tutti i canali, decine di agenti di polizia, documenti trapelati e le parole chiave: “armi”, “migranti” e “nave ONG”. Apparentemente tutto ciò che serviva per mascherare il fatto che le indagini preliminari non avevano alcuna sostanza penale.
Kathrin Schmidt, imputata della Iuventa e responsabile delle operazioni al momento del sequestro: “Io e l’equipaggio siamo stati trattati come criminali. Più di 50 agenti di polizia hanno effettuato perquisizioni senza successo, agendo su istruzioni di matrice politica, anch’essi increduli di aver ricevuto questi ordini. Un ufficiale mi ha guardato e ha detto: “In giorni come questo odio il mio lavoro, perché il lavoro che fate là fuori è così importante. Non siete il tipo di persone che stanno cercando di farvi sembrare”. Le armi a bordo che le autorità erano così ansiose di rendere inoffensive: centinaia di giubbotti di salvataggio e numerose scialuppe“.
La bizzarra e del tutto infondata accusa è stata utilizzata dalla Procura e dai corpi di polizia italiani per applicare l’articolo 41 del disegno di legge sull’ordine pubblico, adottato nel 1931 e tuttora in vigore, che consente “l’immediata perquisizione e il sequestro ogni qualvolta gli ufficiali e gli agenti di polizia, che abbiano notizia, anche se per indizio, dell’esistenza (…) di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque impropriamente detenute”.
Nicola Canestrini, avvocato degli imputati: “Fingere un’accusa per eludere i diritti democratici e costituzionali del giusto processo è un orribile biglietto da visita delle autorità investigative italiane: chi controlla il controllore? La legislazione nazionale deve fornire garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi e l’arbitrio, come ha stabilito la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2018 in un caso simile contro l’Italia. Chiediamo una riforma parlamentare poiché tali pratiche incidono sullo stato di diritto“.
Come spesso accade, altri ne hanno pagato il prezzo: non solo i diritti fondamentali di avvocati, ecclesiastici e giornalisti sono stati violati da intercettazioni illegali, ma non sono state rispettate neanche la protezione delle fonti e i diritti della persona. Gli immensi costi finanziari di queste azioni, la cui rilevanza investigativa non è mai stata dimostrata, sono a carico della società italiana.
Sascha Girke, imputato della Iuventa: “A seguito del sequestro di una nave di soccorso di cui c’era urgente bisogno, e che solo pochi giorni prima aveva salvato oltre 3.500 persone su indicazione della Guardia Costiera italiana, sono morte in mare centinaia di persone che avrebbero potuto invece essere salvate dalla Iuventa“.
La storia della Iuventa ha molte altre storie simili da raccontare. E faremo in modo che tutte vengano alla luce.