Come combattere la disinformazione di guerra? Julian Assange ce lo insegna.

Il 1° gennaio di ogni anno è il momento consueto per formulare i buoni propositi per i 365 giorni a venire. Se ne formulano tanti e di solito se ne mantengono pochi. Una ex-pacifista, ora decisa a non essere più ex, ha invece scelto per quest’anno un solo proposito. Così è più sicura di mantenerlo.

La lettera natalizia di Martina, ex-pacifista ora decisa a tornare alla lotta, in cui descrive il suo Buon Proposito per il 2023, è di indubbio interesse in questi tempi di guerra, soprattutto alla luce della persecuzione giudiziaria del giornalista/editore e co-fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.  Eccola quasi per intera.

(…) Voglio condividere con voi il mio Buon Proposito per il nuovo anno: “Non mi lascerò più ingannare dalla tv e dai social media su quello che sta succedendo nel mondo!” Perché ci sono cascata troppe volte. Come tante persone, del resto. Mi spiego.

Nel 2001, quando avevo appena diciott’anni, quasi tutti i mass media dicevano e ripetevano che, se avevamo invaso e occupato l’Afghanistan, uno Stato sovrano, era perché era stato un atto necessario: primo, per catturare bin Laden, responsabile degli attentati alle Torre Gemelle di New York e in secondo luogo per eliminare i terroristi di al Qaida che avevano le loro basi nell’Est del Paese. E io ci ho creduto. Del resto, non c’erano in giro manifestazioni contro l’invasione; tranne per i soliti sparuti gruppetti; tutti sembravano d’accordo.

Poi Julian Assange, su WikiLeaks e giornalisti investigativi come Seymour Hersh hanno fatto una serie di rivelazioni che mi hanno aperto gli occhi. Mettendo insieme i vari pezzi del puzzle, ho capito che gli USA (e l’Italia) sapevano benissimo che bin Laden non era più in Afghanistan: infatti, i Talibani l’avevano già spedito in Pakistan, dove effettivamente è stato trovato. Sapevano anche che al Qaida in Afghanistan non poneva rischi: dopo averla sfrattata, i Talibani le davano la caccia. Quindi il vero motivo per l’invasione e l’occupazione dell’Afghanistan (durate ben 12 anni!) era un altro: gli USA e i loro alleati, tra cui l’Italia, volevano sottrarre le risorse minerarie afghane come il coltan, essenziale per l’elettronica. Inoltre volevano impedire il passaggio degli oleodotti dal Caspio verso la Cina, per ostacolare la sua crescita, in quanto potenza rivale. Infine, volevano una base militare permanente in Afghanistan per tenere la Cina sempre sotto pressione. “Allora”, mi sono detta, “questa finta ‘guerra contro il terrore’ in Afghanistan è stata tutto un inganno! I motivi sono puramente economici e geopolitici.” E ho giurato di non lasciarmi più prendere per i fondelli. 

Poi, nel 2003, quasi tutti i media dicevano che dovevamo invadere l’Iraq come “guerra preventiva necessaria”, anche senza l’avallo dell’ONU, in quanto il leader Saddam Hussein stava costruendo armi di distruzione di massa da usare contro di noi. Inizialmente ho manifestato contro l’invasione; poi, col passare degli anni, ho accettato la narrativa ufficiale della “guerra preventiva necessaria”. Ho accettato anche la successiva narrativa usata per giustificare il ritorno in Iraq, ovvero la necessità di eliminare il nuovo gruppo terroristico ISIS installatosi lì. Sembravano decisioni che non potevo mettere in discussione.

Ma poi, di nuovo grazie a Julian Assange su WikiLeaks e a giornalisti investigativi come John Greenewald sui mass media minori, ho potuto appurare che gli USA, il Regno Unito (e l’Italia) sapevano benissimo che Saddam non aveva né fabbricava le temute armi. L’occupazione serviva solo per poter sottrarre illecitamente il petrolio iracheno e per distruggere un Paese che si opponeva all’espansione israeliana. Inoltre, grazie alla corrispondenza intercettata di Hillary Clinton, Assange ha potuto informarci che a creare l’ISIS erano gli Stati del Golfo e verosimilmente gli stessi USA, allo scopo di rovesciare il governo dell’Iraq (troppo amico dell’Iran) e poi il governo della Siria (troppo amico della Russia). “Stramaledetti!”, mi sono ripetuto. “Avete voluto versare il sangue di decine di militari italiani, migliaia di militari statunitensi e 200.000 civili iracheni soltanto per il petrolio e per la vostra geopolitica! Basta!!”. E ho giurato di non lasciarmi più truffare.

Ma nel 2011, quasi tutti i media, tante celebrità e persino la Federazione Internazionale dei Diritti Umani dicevano che dovevamo invadere la Libia “per salvare la popolazione dal crudele dittatore Gheddafi, che li stava ammazzando”. E quindi, nonostante il mio pacifismo (a quel punto vacillante), non mi sono opposta nemmeno a quella guerra. Anzi tifavo per la caduta di quel brutale maschilista di Gheddafi. 

Poi Julian Assange, su WikiLeaks, e giornalisti investigativi come Daniel Kovalik su giornali minori, ci hanno offerto una serie di rivelazioni che, riunite e accostate, capovolgevano completamente la narrazione ufficiale. Erano gli USA e la Francia a istigare le rivolte armate – sapendo benissimo che sarebbero state represse nel sangue – per avere la scusa di intervenire e di rovesciare il regime. E se poi hanno distrutto l’intero Paese, non è stato soltanto per mettere le mani sul petrolio libico, ma anche perché Gheddafi stava convincendo gli altri Stati petroliferi ad abbandonare il dollaro come moneta di scambio, e ciò avrebbe fatto scendere parecchio il valore della divisa statunitense. Oggi la Libia è distrutta, ma il dollaro è salvo. “Che ignominia,” mi sono detta. “Basta con le guerre economiche fatte passare per guerre umanitarie. Non mi lascerò più ingannare.” 

Poi un anno dopo, quasi tutti i media, tante celebrità, diverse associazioni per i Diritti Umani e persino molti esponenti della sinistra o sedicente tale proclamavano che bisognava assolutamente armare i “ribelli” in Siria e decimare l’esercito di Assad “per salvare i siriani dal loro crudele dittatore che li bombardava persino nelle loro città”. Inoltre, bisognava spazzare via l’ISIS, entrato anche in Siria. E ci ho creduto, in quanto la tv e i giornali non dicevano nulla dei nostri bombardamenti, assai peggiori di quelli di Assad. Guardate come abbiamo ridotto la città di Raqqa; né l’aviazione siriana né quella russa si sono mai avvicinate a Raqqa, questo è il nostro lavoro, devastante quanto il nostro bombardamento criminale di Mosul in Iraq sette mesi prima.

Foto di Amnesty International

Poi le rivelazioni di Julian Assange su WikiLeaks, insieme al lavoro dei giornalisti investigativi come il già menzionato Hersh, mi hanno chiarito i veri motivi geopolitici della guerra e anche come il temibile ISIS è nato. Gli USA (insieme ai sauditi, ai qatarioti e ai turchi) l’avevano creato, come ho già accennato, per rovesciare i governi non allineati dell’Iraq e della Siria, ma poi la loro creatura è andata fuori controllo; cominciava a fare attentati anche in Europa; così gli USA hanno deciso di eliminarla, con bombardamenti a tappeto come quelli di Raqqa. “Sempre peggio!” mi sono detta. “Basta fornire armi ai ribelli, tanto più se jihadisti! Basta con la violenza per imporre la democrazia! Basta guerra! Non mi lascerò più sbeffeggiare in questa maniera.” 

E così arriviamo a oggi.

Oggi, quasi tutti i media e tante celebrità e associazioni e quasi tutti gli esponenti della sinistra parlamentare ci dicono che dobbiamo armare gli ucraini, perché difendono il loro Paese dall’aggressione russa, compiuta “senza provocazione, senza giustificazione, senza necessità” – cito il Presidente Biden. In pratica, secondo Biden e la Narrativa Ufficiale, il Presidente russo Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina per pura sete di dominio.

Ma le cose stanno proprio così? Oppure, dietro le quinte, c’è forse più di quanto appare nelle descrizioni semplicistiche dei politici e dei mass media? E’ probabile che mentano, come hanno sempre mentito per farci accettare le loro guerre: l’abbiamo appena visto. Ed ecco anche un esempio recentissimo di menzogna di guerra, ovvero le parole pronunciate dalla nostra Premier Meloni in visita per Natale alle truppe italiane in Iraq.

Ciò significa, dunque, per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, che noi possiamo essere abbastanza sicuri soltanto di ciò che NON è successo: ovvero, Putin NON ha agito per pura sete di dominio, “senza provocazione, senza giustificazione, senza necessità”. E possiamo esserne abbastanza sicuri perché i nostri politici e mass media, ormai screditati come megafoni del Pentagono, insistono così tanto sul contrario.

Però rimane la domanda di base: per quale motivo allora Putin ha invaso l’Ucraina? Un successivo articolo indicherà cinque punti fermi da cui possiamo partire alla ricerca della risposta (o, meglio, delle risposte).

Certo, il compito di far chiarezza sulle vere cause del conflitto in Ucraina sarebbe molto più agevole se avessimo al nostro fianco Julian Assange per rivelarci sul suo sito WikiLeaks le verità taciute dai nostri leader. Ma Julian è stato sbattuto in carcere dal Regno Unito, senza processo e senza condanna, e confinato ad una minuscola cella in totale isolamento per zittirlo completamente. Da lì verrà poi estradato negli Stati Uniti, dove riceverà sicuramente un trattamento ancora peggiore per il resto della sua vita. Per quale delitto? Per aver rivelato non solo i crimini di guerra degli USA e del Regno Unito in Afghanistan e in Iraq, che è l’accusa ufficiale, ma anche e soprattutto – apriti Cielo! – per aver rivelato i veri motivi inconfessati dietro quelle guerre, ovvero i motivi indicati qui sopra, quelli che – quando li capisci – ti fanno rifiutare ogni guerra, non importa quanto combattuta (in apparenza) per i diritti umani e per la democrazia.

Così Julian ha rovinato il gioco stra-miliardario del complesso militare-industriale e dei suoi compari (le industrie energetiche, i politici neocon…) che consisteva nel creare tutte quelle illusioni così convincenti, appena rievocate, per poterci “vendere” una serie di guerre criminali come “giuste” e “necessarie”.

Purtroppo, oggi dobbiamo fare a meno di Julian e del sito WikiLeaks nel cercare di capire i retroscena del conflitto in Ucraina e dobbiamo purtroppo fare a meno anche di un certo numero di giornalisti investigativi indipendenti. Ormai sanno che, se rivelano documenti scottanti che gli Stati Uniti volevano tenere nascosti o semplicemente se mettono troppo in discussione la Narrativa Ufficiale sul conflitto ucraino, possono essere perseguitati come Julian o perlomeno censurati e proscritti, com’è capitato al giornalista del Manifesto Manlio Dinucci.

In pratica, dobbiamo imparare a fare da soli. Come?

Assange ci ha fornito la risposta in un discorso diventato famoso, quello di Natale 2012 fatto dal balcone dell’Ambasciata ecuadoregna a Londra: Learn, challenge, act… now.”

Learn, imparare: dobbiamo smettere di informarci tramite i social media e la TV e trovare il tempo necessario per consultare fonti alternative serie, compresi (per chi sa l’inglese) i TG dei cosiddetti paesi avversari: Press TV (Iran), RT (Russia), CGTN (Cina), Telesur (Venezuela), i quali hanno tutti quanti un canale per anglofoni. Fanno propaganda? Certamente. Come i nostri mass media (l’abbiamo visto qui sopra). L’importante è di ascoltare non una ma diverse fonti di propaganda, per poterle contrastare e così cogliere le costanti. Inoltre, sentire e capire il punto di vista degli altri popoli ci tornerà utile se un giorno dovremo trattare con loro. 

Challenge, mettere in discussione: abbiamo visto come le Narrative Ufficiali sui passati conflitti erano false, e sicuramente lo è anche quella sul conflitto ucraino. Assange ce l’ha detto esplicitamente: “Praticamente ogni guerra che ha avuto luogo in questi ultimi 50 anni è stata il risultato di menzogne perpetrate dai mass media”. Ma invece di scoprire le menzogne sull’Ucraina tra 10 anni, quando sarà troppo tardi, impariamo a scoprirle oggi usando non lo scetticismo, ma il dubbio metodico degli scienziati.

Act… Now: diventare attivisti, ora! L’Associazione PeaceLink, con il suo calendario delle attività portate avanti dai pacifisti in tutta l’Italia, potrebbe servire da trampolino. Per incontrare dal vivo i pacifisti di tutta l’Italia, ci sarà l’Eirenefest dal 26 al 28 maggio a Roma, oltre alle periodiche marce per la pace, tra cui quella di ieri a Bologna. Per chi s’interessa in particolare al problema della libertà di stampa (e della libertà di Julian Assange in quanto giornalista imbavagliato), un punto di riferimento potrebbe essere il gruppo FREE ASSANGE Italia, le cui attività vengono descritte qui.

Ecco, dunque, un bel programma da mettere in pratica quest’anno. Un programma che mira a difendere il nostro #DirittoDiSapere, violato di continuo da chi ci governa e che Assange ha cercato di ripristinare rivelando documenti secretati ingiustamente, documenti che invece dovevano essere conosciuti da tutti noi per essere cittadini consapevoli e informati. Perché, citando Julian, “non si può costruire una civiltà equa partendo dall’ignoranza e dalla menzogna.”

Il mio Buon Proposito per quest’anno sarà perciò uno solo, così sarò sicura di mantenerlo. Ed è questo: “Non mi lascerò più ingannare dalla tv e dai social media su quello che sta succedendo nel mondo! Voglio essere una cittadina ben informata e consapevole. Voglio porre fine alla mia ignoranza. Voglio uscire dalla menzogna.”

Spero che sia anche il vostro buon proposito per l’anno nuovo. Felice 2023!

Martina