“La polizia militare non sta con il presidente Luiz Inacio Lula da Silva; lo si è visto quando gli agenti, che sono alle dipendenze dei governatori statali, compravano acqua di cocco mentre i dimostranti assaltavano la Corte suprema”: a parlare con l’agenzia Dire è Carlo Cauti, giornalista e professore all’università Ibmec a San Paolo del Brasile.
Secondo il docente, “sapevamo già che gli ufficiali sono tutti per l’ex presidente Jair Bolsonaro ma ora abbiamo visto come anche la ‘truppa’ stia con lui”. Quotidiani brasiliani hanno pubblicato oggi le immagini di agenti che si affollano presso un chiosco dove si vende acqua di cocco, denunciando la loro indifferenza o il loro sostegno di fatto ai dimostranti che in quegli stessi istanti oltrepassavano le transenne per raggiungere le sedi dei palazzi federali nella capitale Brasilia.
Secondo Cauti, che a San Paolo lavora anche come corrispondente della rivista Limes, “è possibile che Lula non abbia il controllo della situazione”. Per il neopresidente, in carica dal primo gennaio, questa la tesi del professore, “sarà importante riempire la Avenida Paulista questa sera per dimostrare che il popolo sta con lui”. Il riferimento è a un corteo in programma oggi alle 18, ora locale, convocato dal Partido dos trabalhadores (Pt) di Lula per appoggiare la “democrazia” e condannare “atti terroristici” e tentativi di “golpe”.
Al centro dell’intervista c’è comunque l’atteggiamento delle forze dell’ordine. Lo stesso Lula ha denunciato “incompetenza o malafede” da parte degli agenti. I reparti della polizia militare dispiegati presso la sede del Congresso, del palazzo presidenziale e della Corte suprema erano ieri alle dipendenze del governatore Ibaneis Rocha, esponente del partito conservatore Movimento Democratico Brasileiro (Mdb).
Il dirigente è stato poi sospeso per 90 giorni con un provvedimento del capo della Corte suprema, il giudice Alexandre de Moraes. Parallelamente, mentre era annunciato l’arresto di oltre 300 sostenitori di Bolsonaro, Lula ha disposto l’invio a Brasilia di reparti della Guardia nazionale. “Si tratta”, spiega Cauti, “di un corpo scelto alle dipendenze dell’esecutivo federale che si costituisce solo in occasioni particolari e che risulta da contributi di forze differenti”.
Secondo il professore, a ogni modo, il contesto è segnato da “una polarizzazione estrema” della società e della politica brasiliane. “Non credo che Bolsonaro dagli Stati Uniti dove si trova sia stato regista di nulla” sostiene Cauti. “C’è un malessere che riguarda milioni di brasiliani, che non vogliono la guerra civile ma allo stesso tempo non condannano chi ha vandalizzato e devastato”.
E i 40 pullman di sostenitori di Bolsonaro arrivati a Brasilia prima dell’inizio dell’assalto? “Che i fatti siano avvenuti di domenica non è un caso” risponde Cauti. “Al raid hanno partecipato avvocati, macellai o impiegati, che ieri non lavoravano: per affittarsi i bus hanno pagato 50 reais, circa nove euro, e sono partiti, proprio come le cosiddette ‘tias do Zap’, ‘le zie di WhatsApp’, attiviste finite sui social dopo l’arresto a Brasilia”.