I sindacati di base sono scesi in piazza a Torino al grido di “Abbassare le armi e alzare i salari” per denunciare le politiche attuate del Governo Meloni in continuità con l’agenda Draghi
Molti i temi che i sindacati conflittuali hanno portato in piazza, il carovita, l’innalzamento dei salari, il salario minimo, la guerra, la sicurezza sul lavoro, l’alternanza scuola-lavoro. Dignità per cittadini e lavoratori. Sotto accusa le politiche neoliberiste portate avanti da ormai troppo tempo.
Il corteo ha sfilato lungo corso Vittorio per fermarsi davanti alla sede dell’ufficio scolastico regionale, sede territoriale dei MIUR, dove gli interventi al microfono hanno denunciato le politiche formative, le difficoltà di lavoro all’interno della scuola, la fatiscenza degli edifici scolastici, le destinazioni dei fondi del PNRR e il contratto nazionale.
Lo sciopero è stato sostenuto da esponenti di sigle dei movimenti torinesi e della cittadinanza attiva, tra cui il movimento NoTav, e “La scuola per la pace”. Si conferma la convergenza tra studenti e lavoratori, in corteo c’erano i collettivi studenteschi.
Uno spezzone è stato composto da Unione Popolare, molti candidati alle ultime politiche erano nel corteo, composto anche dallo spezzone sociale. Presente tra i manifestanti anche Sinistra Anticapitalista e la Federazione Anarchica Italiana.
Davanti al negozio Iren di via Pietro Micca i manifestanti volevano affiggere dei manifestini. Le FFOO hanno presidiato il negozio, ci sono stati momenti di tensione, è volata qualche manganellata. Sono stati davvero molti gli esponenti del corteo che ci hanno dichiarato la loro contrarietà all’ingente schieramento di agenti intorno alla manifestazione.
Da quel momento in poi tutti gli interventi al microfono hanno stigmatizzato il comportamento degli agenti, Francesca Bertini di Unione Popolare è intervenuta al microfono per condannare le manganellate, riallacciandosi al tema della repressione del dissenso e confermando l’appoggio di Unione Popolare alle lotte conflittuali.
Il corteo è terminato in piazza Castello davanti al palazzo della Regione Piemonte, meta ormai fissa di ogni corteo, a causa delle politiche neoliberiste attuate dalla Giunta Cirio, forte critica anche nei confronti di ATC, che secondo i manifestanti contribuisce a creare emergenza abitativa.
Domani si terrà una manifestazione nazionale, in continuità, a Roma.
Pubblichiamo un intervento di un giovane esponente dello spezzone sociale, parole di ampio respiro intersezionale, che ci pare ben descrivere le istanze della base sociale che i sindacati di base traducono in proposta e lotta sindacale e Unione Popolare con la propria presenza mostra inequivocabilmente di voler tradurre in proposta politica:
Siamo qui oggi come studentesse, precarie, irrappresentabili dai sindacati. Eppure, nel tentativo di creare un’opposizione forte e compatta, aderiamo e scioperiamo per portare le nostre rivendicazioni fuori dai posti di lavoro, per non limitarci a discorsi solo sul salario, ma sul reddito tutto: una lotta per la vita degna.
Scioperiamo contro chi ci toglie servizi, diritti e spazi per vivere, lasciandoci solo la rabbia che vogliamo ributtargli addosso, come la Regione e il Comune che deprivano risorse alla scuola e alla sanità pubblica locale non garantendo un diritto allo studio e alla sanita’ di alta qualita’ e inclusivo a tuttu in ogni quartiere.
Scioperiamo contro le speculazioni finanziarie che hanno portato a cifre enormi in bolletta, per fare la spesa o pagare l’affitto, che sempre meno persone possono permettersi di pagare.
Scioperiamo in difesa dei territori, da Ischia alla Valsusa, che invece di essere tutelati sono saccheggiati e devastati. Scioperiamo per poter vivere in una città e in un paese a misura di persona e non di turista, che non ci avveleni ma sia accessibile, ecologica e sostenibile, dove prendere spazio e parola, in modo orizzontale, dal basso e con cura.
Scioperiamo contro Lavazza, Intesa Sanpaolo e contro tutte quelle multinazionali che fanno della nostra regione un quartier generale dello sfruttamento di terre, acque, popoli e di tutti gli esseri viventi.
Scioperiamo contro chi investe nella guerra che affligge i popoli dall’Ucraina alla Siria e all’Iran e trasforma la nostra città in un hub militare.
Siamo qui in piazza oggi perché Torino non è l’eccezione: dalla sua gestione dell’acqua secondo una logica di mercato che la fa diventare un bene di lusso, ai i suoi scandali legati ai permessi di soggiorno in cambio di prestazioni sessuali e l’abuso della polizia che rinchiude persone la cui unica colpa è di non avere i documenti giusti in quei lager chiamati CPR.
Anche a Torino vediamo all’opera le dinamiche proprie del capitalismo estrattivista e infatti non possiamo non trovare le similitudini tra quello che ci circonda e quello che, per esempio, succedeva in Francia nel 2016.
Dappertutto si leggeva: “il domani è annullato”, “a morte la politica”, “fine del lavoro, vita magica”. E a suon di “tout le monde déteste la police”, masse oceaniche di persone si riprendevano le strade per i motivi più disparati.
Non ci si sentiva più rappresentate da sindacati, partiti, leaders, e non lo si voleva neanche più. Silenziate, marginalizzate, continuamente schiacciate dai costi e dai ritmi di un sistema non più sostenibile, quello che ha accumunato i gilets jaunes è stata la rabbia verso chi ci condanna alla miseria, alla privazione.
Ed ecco che riappropriandoci dello slogan “Noi non siamo niente, noi vogliamo tutto”, lo diciamo qui in piazza oggi e lo continueremo a ripetere nelle università, nei posti di lavoro, nei luoghi di socialità che ancora presidiamo e nei quali lottiamo.
Per quanto i governi che si susseguono non facciano altro che rendere la vita insostenibile togliendo strumenti come il reddito di cittadinanza, per quanto ci vogliano dipendenti e ricattabili, noi rispondiamo che abbiamo ben chiaro la società che vogliamo. Noi non siamo niente, noi vogliamo tutto.
Le compagne l’hanno detto prima e lo ribadiamo ancora una volta: siamo qui per una vita bella, siamo qui per una società transfemminista, ecologista e antirazzista.
Per ottenerla guarderemo alle esperienze rivoluzionarie che ovunque nel mondo ci ispirano, che creano solidarietà internazionali da cui imparare, per cui battersi contro ogni attacco ai nostri corpi e alle nostre idee.
Costruiamo e continueremo a farlo alternative dal basso provando a proporre dei modelli di gestione dei luoghi, degli spazi, delle scelte di consumo, educative e sportive, insomma delle nostre vite, che vadano oltre una logica capitalistica che guarda solo all’estrattivismo di risorse umane e naturali.
L’esperienza del collettivo di fabbrica GKN insegna con la sua lotta decisa: bisogna ricomporre la frammentarietà, convergere in un’opposizione radicale e plurale, contaminare le diverse lotte di tutto quello che manca, occupare le crepe del possibile.
Davanti al nulla che avanza, ricordiamoci di sognare, riappropriamoci del desiderio, teniamo viva la creatività generatrice del bello. La vita bella non solo la vogliamo, ma la costruiamo e ce la riprendiamo!
Le dichiarazioni di un’esponente dell’USB:
Le dichiarazioni di due esponenti di Unione Popolare: