Padre Alex Zanotelli è stato tra i primi missionari che ho incontrato in Africa. Fu lui a farmi scoprire Korongocho, la più povera e malfamata delle tante baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenya. La forza di questo straordinario uomo, che all’epoca nel parlare della sua “missione” la paragonava allo “scendere negli inferi” per aiutare gli ultimi, i più diseredati tra i disperati, ispira tutti noi di Articolo 21 nell’intraprendere il nostro percorso di giornalisti.
E’ anche grazie a lui che abbiamo deciso di impegnarci a illuminare le periferie del mondo, i conflitti dimenticati, i popoli oltraggiati.
Oggi più che mai rilanciare questo suo appello per il Congo, Paese che vi abbiamo raccontato anche attraverso questo sito, è un dovere.
Aiutiamo, tutti insieme, a rompere il silenzio sul Congo, a cominciare dalla copertura del viaggio di Papa Francesco proprio nella Repubblica democratica del Congo e in Sud Sudan.
Noi ci saremo e documenteremo questo grande atto di generosità del Pontefice che nonostante i tanti problemi di salute ha voluto confermare questa sua missione per dare voce e speranza a questi popoli sofferenti e dimenticati.
Antonella Napoli
Congo, genocidio di un popolo. Appello ai giornalisti e alle giornaliste</
ll mio è un pressante appello a voi giornalisti e giornaliste perché facciate conoscere la drammatica situazione in cui vive la popolazione del Congo. Alcuni anni fa vi avevo rivolto un altro appello – “Rompiamo il silenzio sull’Africa” – con il quale non vi chiedevo atti eroici, anche perché sappiamo bene che i media sono nelle mani dei‘ poteri forti’, ma uno sforzo per diffondere qualche notizia in più sui tanti drammi che vivono i popoli dell’Africa. E ringrazio tutti coloro che continuano a prodigarsi per questo.
Ora sono qui a chiedervi di fare lo stesso per il Congo, che vive un’immensa tragedia. È stato il noto ginecologo congolese Denis Mukwege a lanciare un grido di aiuto all’Occidente per il suo popolo, durante il suo soggiorno a Napoli. Il Premio Nobel per la Pace, nella sua lectio magistralis per la laurea Honoris Causa, conferitagli il 6 dicembre dall’Università di Napoli Federico II, ha denunciato l’“Umanesimo variabile” dell’Occidente. Lo ha fatto mettendo a confronto la spaventosa guerra che insanguina il Congo, che non mobilita le coscienze dei paesi ricchi e la guerra in Ucraina che ha visto “uno slancio di umanità e solidarietà senza precedenti.” Nel pomeriggio, ospite del Centro missionario di Napoli, Il Premio Nobel ha accentuato l’ipocrisia occidentale e l’ignavia della nostra stampa.
È incredibile notare quanto sia abbondante l’informazione sulla guerra ucraina e quanto silenzio ci sia sulla guerra in Congo, ma anche su tanti altri conflitti africani dimenticati, come quello in Sud Sudan. Una guerra, quella del Congo, che dura da sessant’anni e ha già fatto dodici milioni di morti. E tutto questo per l’immensa ricchezza mineraria del Congo che è diventata la sua maledizione. In quel Paese, infatti, ci sono i minerali essenziali per l’high-tech come il coltan (80% della produzione mondiale), il cobalto, il litio, (e molti altri), che sono elementi fondamentali per i nostri telefonini, per le pile elettriche delle nostre auto.
Tutti questi minerali, frutto spesso del lavoro dei bambini, non passano per Kinshasa (la capitale del Congo), ma vengono trasferiti illegalmente in Uganda e in Ruanda, per entrare poi nel circuito internazionale. A guadagnarci è soprattutto l’Occidente e le multinazionali, ma a perderci è il Congo, classificato come il terzo Paese più povero del mondo. La maledizione del ‘gigante’ dell’Africa è la sua ricchezza mineraria. Ecco perché il Ruanda sta facendo la guerra al Congo per annettere le confinanti province dell’Ituri e del Nord Kivu, ricche di questi minerali.
Lo fa oggi tramite il Movimento 23 marzo (M23), che sta avanzando verso Goma, il capoluogo del Nord- Est. (Oltre al M23 ci sono altri gruppi che incutono terrore, come il Maj-Maj e le Forze Democratiche Alleate). Il movimento M23 lascia dietro a sé una scia di sangue e di orrore: stupri come arma di guerra, neonati uccisi e pestati in mortai di legno, donne incinte sventrate e altri atti ancora più orribili. A fronteggiare questa spaventosa situazione c’è l’Esercito Congolese e la missione ONU per la stabilizzazione del Congo, nota come MONUSCO, forte di 15.000 soldati, ma incapace di assicurare una protezione alla popolazione. Ma nel Nord-est del Congo ci sono oggi anche soldati dell’Uganda, del Burundi e del Sud Sudan. Non solo, ora anche il Kenya ha inviato, in nome della comunità dell’Africa Orientale,900 soldati. “La parola giusta per definire quanto accade nel Kivu — ha detto il vescovo di Butembo Melchisedek Sikul – è genocidio.”.
Tutto questo ha indotto mezzo milione di congolesi a fuggire nei paesi vicini e sei milioni a cercare rifugio in altre parti del Congo. La situazione è talmente grave che molti temono che possa scoppiare la seconda guerra internazionale africana. (La prima è stata combattuta dal 1998 al 2003 e ha coinvolto otto Paesi e 25 gruppi armati, provocando ben 5 milioni di morti)
Non dimentichiamoci che dietro alle forze in campo in Congo ci sono le grandi potenze: USA, UE, ma anche la Russia e soprattutto la Cina. In questo contesto è provvidenziale il viaggio apostolico di Papa Francesco in Congo e nel Sud Sudan (annullato lo scorso luglio a causa dei problemi al ginocchio).
Il mio è un appello accorato a voi giornaliste e giornalisti perché possiate divulgare più spesso notizie sulla guerra in Congo, che è un genocidio. Non si vuol parlare di genocidio perché l’Occidente ha troppi interessi in quel Paese! E questa crudeltà può cessare solo se intervengono le democrazie occidentali. Rompiamo il silenzio sul Congo e sul suo popolo crocifisso.