Lunedì 5 dicembre 2022 a Torino si è tenuta l’udienza che avrebbe dovuto ricalcolare le pene del Processo Scripta Manent per i due anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino, entrambi in sciopero della fame da settimane.
Anna Beniamino nella dichiarazione spontanea dice: “Questo è un processo politico, che si è mostrato teso fin dall’inizio alla somministrazione della pena esemplare, processo alle nostre identità di anarchici più che ai fatti, processo a chi non abiura le proprie idee.
Una strage senza strage attribuita senza prove è il culmine di un crescente impegno di Antiterrorismo e Procure per esorcizzare lo spettro dell’anarchismo d’azione.”
La chiave di questo pesantissimo processo è centrata su un teorema accusatorio che si è via via montato e sostenuto su sé stesso, con un’evidente forzatura che ha teso a sostenere l’esistenza della FAI-Fri e della sua composizione per comminare pene severe agli imputati con l’art 270 bis inerente le associazioni con finalità di terrorismo.
Come si legge nelle 33 pagine del reclamo da parte della difesa di Alfredo Cospito rispetto alla misura del 41 bis, “affermazioni meramente apodittiche, suggestive ed illogiche, senza compiutamente considerare la peculiare ricostruzione del fenomeno associativo nonché la collocazione cronologica delle circostanze fattuali.”
Ciò che è successo durante il processo, durato 6 anni, è riassumibile in una costante mancanza di prove, evidenze e circostanze concrete riconducibili alle persone imputate e dovrebbe bastare a instillare il dubbio in chiunque si accinga a cercare di capire di cosa si sia dibattuto nelle aule bunker del tribunale di Torino.
Diventa dunque una domanda retorica chiedersi se sia messo sotto accusa il pensiero anarchico che non può esprimersi perché in sé costituisce un reato, un’istigazione a delinquere o una propaganda sovversiva.
Quando da parte dell’accusa si utilizza la teoria insiemistica(!) per spiegare in modo più che arzigogolato e contraddittorio l’esistenza di gruppi più o meno estesi di persone per provare una presunta affiliazione, si arriva in modo puramente speculativo e interpretativo a provare il reato associativo (270 bis) ovvero con la sola arte retorica.
La gravità di questo modo di procedere in un giudizio politico è allarmante, la decisione della Cassazione di valutare come strage politica un attentato che non ha lasciato feriti o morti è uno dei tasselli di questo impianto sanzionatorio. La richiesta delle difese di far rivalutare le attenuanti per i fatti in questione che sono di lieve entità sono state accolte in questa udienza e sarà la Corte Costituzionale a pronunciarsi.
I media di qualsiasi orientamento hanno portato avanti negli anni la loro solerzia nel seguire l’accusa e puntare ogni volta i riflettori sulle sentenze, con qualche rara eccezione ultimamente di alcune testate che hanno riportato la lotta contro il 41 bis già menzionata. Anche in questo caso molti organi di informazione non si sono smentiti: di fronte a ciò che si disputava in aula molte testate hanno ritenuto importante mettere in primo piano un episodio collaterale, avvenuto durante il corteo di solidarietà, partito con i tanti e le tante solidali presenti dentro e fuori dal tribunale.
Le ultime decisioni prese in aula aprono uno spiraglio che tuttavia rimanda a pene altissime, ma la lotta è decisamente più ampia: i compagni e le compagne continuano lo sciopero della fame.
Alfredo Cospito ha dichiarato ieri: “continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese. Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto. “
Viola Hajagos e Emmegi