Durante l’estate 2022, quasi 5.000 persone hanno partecipato al pow-wow (raduno dei nativi) annuale di Listuguj, in Canada. Dal suo rilancio nel 1993, una sola persona ha fatto parte senza interruzione del comitato organizzatore dell’evento: Lita Isaac. Eppure ha passato tutti questi anni, e quasi 30 pow-wow, insistendo che nessun titolo le fosse attribuito.
Era e rimane la sua volontà di restare nell’ombra, assicurando che l’evento sopravviva. In realtà, il pow-wow di Listuguj non solo sopravvive, ma cresce senza tregua da quando l’ex coordinatrice Brenda Gedeon Miller l’ha fatto resuscitare, dopo dei decenni di divieto imposto dal governo federale.
«Mi descrivo come un artefatto. Sono l’artefatto originale!», esordisce Lita Isaac ridendo sul fatto che è impegnata da 30 anni in quest’evento distillatore di orgoglio autoctono.
«Non ho mai voluto un titolo ufficiale, andare alle elezioni per occupare un posto al consiglio, o essere presidentessa. Ho cominciato dalla base ed ho ricoperto tutti i ruoli, ma senza titolo. Per essere ufficialmente coordinatrice, dovrei fare dell’amministrazione e non voglio farne. Sono solamente un membro senior dell’organizzazione. Se avessi un titolo ufficiale, penso che il mio cervello avrebbe un blocco a causa dello stress», spiega.
L’evento dell’agosto 2022 faceva seguito a due anni di annullamento a causa della pandemia, ma non è la sola spiegazione della presenza di 5.000 persone, 40 danzatori di diverse Prime Nazioni, nove gruppi di percussionisti autoctoni e 50 artigiani.
«Si è sparsa la voce con gli anni. È il vantaggio di durare nel tempo, in una comunità che tesse legami altrove. Sempre più persone vogliono venire a trovarci, non solo i membri delle Prime Nazioni», specifica Lita Isaac.
A volte la sua esperienza l’ha tuffata nel cuore di arbitraggi un po’ strazianti, soprattutto quando gli organizzatori hanno sostenuto che fosse meglio concedere spazi di vendita durante il pow-wow solo agli artigiani autoctoni.
«Uno dei miei colleghi organizzatori diceva che era meglio favorire coloro che fabbricano i nostri pezzi di artigianato perché possano migliorare la loro sorte in un evento ispirato dalle Prime Nazioni. E’ un argomento che ha molto senso, ma ho trovato difficile dirlo agli altri artigiani non autoctoni che erano lì da anni, e lo trovo ancora difficile. Sono un pò presa tra due realtà. Devo chiedere educatamente a questi artigiani di capire la nostra posizione, e mi chiedo perché ho bisogno di difendere il punto di vista delle Prime Nazioni in un evento speciale per noi», spiega Lita Isaac.
Nel corso degli anni, ha imparato molto più dell’arte della mediazione. E’ anche diventata un’abile artigiana, un’insegnante della fabbricazione di diversi oggetti di un grande significato per i Mi’gmaq (popolazione nativa americana), e per gli alloctoni, come degli acchiappasogni, delle muffole tradizionali e dei gioielli. L’arte di lavorare con delle perle multicolore non ha più alcun segreto per lei.
Lita Isaac produce vari oggetti tradizionali mi’gmaq, tra cui le muffole, oltre ad insegnare questo tipo di tecnica che altrimenti si spegnerebbe. Foto : Gilles Gagné
Il caso ha giocato un ruolo
Cadetta di una famiglia di sei figli, Lita Isaac precisa che la pratica religiosa dei suoi genitori li ha incoraggiati a parlare in inglese alla loro prole, tranne quando si trattava di dare ordini più severi, come rientrare a casa quando giocavano all’aperto.
«Eravamo sempre fuori. Era la vita più bella che potessimo immaginare. Capisco abbastanza bene la nostra lingua, ma la parlo solo poco. Mio padre era poliziotto ed i miei genitori si sono separati quando avevo cinque anni», si ricorda.
Dopo la scuola superiore, ha studiato per due anni all’Università Laval di Québec, poi all’Università Québec a Chicoutimi per imparare il francese. Nella primavera del 1990, è stata assunta per lavorare al Sito storico della Battaglia Ristigouche, a Pointe-à-la-Croix, dove il suo bilinguismo costituiva una risorsa.
«Bisogna ricordare che la Crisi d’Oka (disputa territoriale fra un gruppo di Mohawk e la municipalità di Oka in Quebec, N.d.R.) è avvenuta nel 1990. I visitatori vedevano che ero autoctona e mi ‘cercavano’ per questo, ponendomi delle domande contorte. Non me ne rendevo conto. Sono dei colleghi di lavoro che, osservandomi rispondere a questi visitatori con rispetto e comprensione, mi hanno fatto notare queste situazioni. Mi trovavano molto paziente», racconta Lita Isaac.
L’esperienza ottenuta al Sito storico della Battaglia di Ristigouche è stata notata anche a Listuguj, dove un centro di arte e di cultura indigena è stato aperto nel settembre 1990. E’ stata assunta per dirigere l’interpretariato e formare le guide.
«Si è presentato come un caso, un enorme caso, qualcosa di completamente inaspettato.» Si è dunque ritrovata a far parte di un gruppo che diffonde naturalmente il sapere e la tradizione mi’gmaq, delle persone come Donald Caplin, i fratelli Eric e William Caplin, Dallas Morrison, Christopher Isaac, Jerome Dedam e Gerald Dedam.
«C’era molta musica e canto tradizionale nell’aria. Questa cultura non era ben vista a casa quando ero bambina. Mia madre la considerava quasi come fosse peccato, a causa dell’influenza della religione. Una volta diventata adulta e grazie al mio ruolo al centro d’arte e cultura, assimilavo tutto ciò. Si presentava nel migliore dei modi per me, perché imparo molto meglio parlando ed ascoltando le persone anziché leggendo. Sono dislessica e credo di avere un deficit dell’attenzione», spiega Lita Isaac.
La notorietà del pow-wow di Listuguj non ha fatto che crescere dopo il suo rilancio, nel 1993. Sempre più persone partecipano, ed il numero delle Prime Nazioni che sono rappresentate aumenta di anno in anno.
La scuola alternativa al servizio della tradizione
Nel corso degli anni, Lita Isaac ha saputo guadagnarsi la fiducia di un numero impressionante di cittadini di Listuguj, sempre nella discrezione. Da diversi anni, tiene dei corsi d’arte e artigianato autoctono a quella che conviene chiamare «la scuola superiore alternativa» di Listuguj, ai ragazzi che non rientrano nel percorso abituale della Sugarloaf High School, la scuola di Campbellton frequentata dalla maggior parte degli studenti di Listuguj dopo il livello primario.
«Mi considero fortunata di poter dare questi insegnamenti. I giovani hanno dei problemi di comportamento o di ansia, e spesso di comportamento. Si aprono con me sulle loro preoccupazioni. Mi onora che siano capaci di parlare così. Li ascolto. È ciò che mi piace dell’insegnamento. L’apprendimento dei lavori manuali permette questo ascolto. Posso anche capire i disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività», precisa delicatamente Lita Isaac.
«So che ci siamo venuti vicini, aggiunge, alludendo a dei tentativi di suicidio. Si aprono così tanto che vedo precisamente ciò che non va. Si fidano di me. Almeno, è quello che percepisco: la fiducia. Gli dico che spero di averli aiutati e che possono tornare da me se qualcosa non va», conclude.
In Canada, sia a Listuguj, Gesgapegiag che nella comunità di Gespeg, donne e uomini si impegnano ogni giorno per preservare e trasmettere la ricca cultura mi’gmaq. La squadra di GRAFFICI è andata al loro incontro per conoscere meglio quelli che sono i custodi delle loro tradizioni.
Traduzione dal francese di Angelica Mengozzi. Revisione di Thomas Schmid.