Lo scorso novembre, promosso dal Comitato per lo sviluppo contadino, Codeca, si è realizzato in Guatemala il secondo incontro dell’Abya Yala Sovrana “Popoli e comunità in movimento, sfide della decolonialità per il buon vivere”. L’attività, a cui hanno partecipato popoli e comunità di almeno 16 paesi dell’America Latina, è stata preceduta dall’incontro internazionale di giornalisti e comunicatori sociali “Verso una comunicazione interculturale e decoloniale”.
“Durante il primo incontro, che si è svolto lo scorso anno sempre in Guatemala cercando di discutere e approfondire tematiche, categorie e orizzonti teorici che ci accomunano come la decolonialità, la madre terra, la plurinazionalità, la lotta territoriale e l’antimperialismo, si è deciso di realizzare un secondo incontro.
Quest’anno, infatti, l’obiettivo è stato quello non solo di andare avanti con la riflessione sulla decolonialità e il buon vivere, ma anche di iniziare a condividere informazioni e capacità, coordinando azioni a livello del continente”, spiega Ollantay Itzamná, antropologo e attivista per i diritti umani.
Rompere l’accerchiamento mediatico
Come rompere l’accerchiamento del mainstream e dei media egemonici è stato il principale obiettivo dell’incontro tra “media alternativi” che si è svolto nell’ambito del secondo incontro dell’Abya Yala Sovrana.
“È stata una giornata importantissima, alla fine della quale si è creata una rete di comunicatori non solo per dare copertura all’evento, ma anche per accompagnare le lotte delle popolazioni nei territori.
È stata quindi creata una commissione di comunicazione e una specie di consiglio editoriale – continua Itzamná – che si incaricherà di alimentare gli strumenti informativi di cui già dispone Abya Yala Sovrana, con tutte le informazioni che arriveranno dai vari media alternativi che integrano questo nuovo spazio”.
Al termine delle tre giornate di lavoro, a cui hanno partecipato più di duecento persone in rappresentanza di varie decine di organizzazioni di tutto il continente, si è data lettura a una dichiarazione finale dell’evento.
“Il colonialismo provoca la spoliazione violenta dei nostri territori e beni comuni e la colonialità è una forma di dominazione politica, economica, culturale, spirituale e sociale, oltreché di genere. Entrambe sono ancora vive nei vari paesi del continente dell’Abya Yala”, spiega il comunicato.
“I vari processi di liberazione che abbiamo iniziato come popoli e nazioni sono sistematicamente oggetti di violenza (…) Durante le ultime decadi, le lotte di resistenza dei popoli e delle comunità sono state represse in un contesto di egemonia neoliberista”, continua.
Violenza e repressione
Proprio nei giorni successivi al secondo incontro, in Guatemala le forze repressive dello Stato hanno attaccato la comunità q’eqchí “Chapín Bajo”, nella zona di El Estor, per sgomberare più di 150 famiglie che hanno recuperato terre all’espansione illegale di progetti minerari.
Quasi contemporaneamente è stato assassinato Tereso Cárcamo Flores, difensore comunitario dei diritti umani del villaggio El Volcán, La Paz, e membro di Codeca. Sale ad almeno 23 il numero di membri di questa organizzazione che hanno subito attacchi mortali negli ultimi quattro anni.
Intanto, in Perù le proteste contro il “golpe parlamentare” che ha portato all’arresto del presidente Pedro Castillo sono state represse nel sangue e sono già almeno sette le vittime mortali e venti i feriti.
Le organizzazioni presenti al secondo incontro dell’Abya Yala hanno ratificato la loro volontà politica di rafforzare questo spazio di “articolazione anticolonialista e decoloniale, anti patriarcale, anti neoliberista, anticapitalista, in difesa della nostra casa comune che è la Madre Terra”.
La plurinazionalità è la vera scommessa politica dell’Abya Yala Sovrana, che punta a costruire nuovi Stati plurinazionali, nuove leggi, istituzioni e progetti di vita che “permettano la convivenza equilibrata tra tutti gli esseri che abitano il pianeta”.
Per farlo – continua il documento di sintesi dell’incontro – è necessario rafforzare in modo sistematico e costante i processi formativi, organizzativi, di comunicazione interculturale e di articolazione.
Cambiamenti strutturali – assicurano – che passano necessariamente dalla costruzione collettiva di strumenti politici per accedere a spazi di decisione attraverso le urne e le piazze. Ciò diventa ancor più necessario per poter realizzare processi costituenti originari, popolari e plurinazionali.
“Ci impegniamo a sviluppare azioni di solidarietà con tutti i popoli in lotta in difesa della Madre Terra, la vita, i territori, i diritti collettivi e individuali”, conclude la dichiarazione finale del secondo incontro dell’Abya Yala Sovrana.
“Per me le parole chiavi di questo secondo incontro sono state articolazione, plurinazionalità ed esercizio del potere a partire dai territori. Senza articolazione tra popoli e movimenti dei vari paesi dell’Abya Yala non c’è possibilità di difesa dagli attacchi sistematici dei gruppi di potere.
Allo stesso modo – continua Itzamná – non vogliamo ripetere la storia in cui i processi storici tendono a uniformare o imporre una sola identità o un solo modo di vedere le cose. Vogliamo che l’Abya Yala sia come un giardino in cui tutti i fiori possano sbocciare, mostrare la propria bellezza e che la diversità sia il vero motore”.
Per il sociologo ed attivista, gli stati-nazione hanno cercato di annullare queste diversità, convertendo i popoli in singole nazionalità. Si devono quindi costruire orizzonti politici come pluralità.
Il tema del potere e della sovranità plurale, infine, è quanto mai necessario proprio perché alle élites politiche non importa il territorio in cui operano, ma solamente i benefici personali che possono ottenere dal suo sfruttamento.
“Dobbiamo quindi arrivare a esercitare il potere dal basso, coscienti di cosa è necessario per i territori, i beni comuni e i loro abitanti”, spiega Itzamná.
“La proposta di un’assemblea costituente che sia popolare, originaria e plurinazionale è stata fatta propria non solo da Codeca in Guatemala, ma da molte altre organizzazioni di vari paesi dell’Abya Yala.
I popoli oramai si sono resi conto che sono necessari cambiamenti che non siano solo di facciata, ma profondi e strutturali”.