Riuscitissime mobilitazioni per i tre giorni di scioperi e proteste annunciati in concomitanza con la Giornata dello Studente, che in Iran si commemora il 7 dicembre. I bazar di 40 città, tutte quelle principali, hanno abbassato le saracinesche, malgrado le minacce di ritiro delle licenze e le procedure di sigillo dei negozi da parte della Procura. Gli scioperi dei lavoratori del settore petrolchimico e siderurgico hanno bloccato la produzione, ricordando i fatti del 1979, che avevano portato alla caduta dello scià. Gli operai rivendicano aumenti salariali per far fronte all’inflazione galoppante.
Gli studenti universitari e delle scuole superiori hanno disertato le lezioni e manifestato. Nei cortei sono stati ripetuti slogan come: “Siamo figli di lavoratori e sosteniamo le loro lotte” e “Gli studenti muoiono ma non accettano umiliazioni”. Agli studenti assenti dalle lezioni sono stati mandati sms di minacce di espulsione. Il Ministro dell’Interno ha minacciato di bloccare i conti correnti delle ragazze che non porteranno il velo. Il sistema però comincia a dare segni di smarrimento. Il governatore della Banca Centrale ha espresso il suo dissenso da questa misura, sostenendo che “il sistema bancario continuerà a fornire tutti i servizi a tutti i nostri cittadini”.
All’ateneo Sharif di Teheran, il presidente Raissi ha tenuto il suo discorso in un’aula con studenti scelti tra quelli favorevoli al regime. Fuori dall’aula una grande folla lo ha contestato; molti sono stati manganellati dalla polizia e arrestati. “Mi avevano consigliato di non venire all’università oggi, ma le proteste devono essere ascoltate e noi siamo sempre determinati ad ascoltare le parole degli studenti. La protesta è diversa dai disordini. La protesta porta all’emendamento e alla perfezione, i disordini portano alla distruzione e alla disperazione”, ha detto ipocritamente il presidente ultraconservatore. Chi ascolta la voce del popolo non uccide quasi 500 persone e ne arresta 24.000 in tre mesi di proteste pacifiche.
Voci dall’interno del sistema di potere si stanno alzando per “consigliare moderazione e confronto, prima che sia troppo tardi”. È uscito dal suo riserbo l’ex presidente Khattami (1997-2005): “Consiglio ai funzionari di apprezzare i giovani che protestano e di tendere loro una mano e con il loro aiuto riconoscere gli aspetti sbagliati della governance e muoversi verso una riforma in senso buono”. Più forte, invece, è la presa di posizione pubblica della sorella della guida spirituale Khaminei, Badri: “Auspico la caduta di questo regime di tirannia al potere e una vittoria del popolo”. E’ finita in carcere anche la nipote di Khaminei, che lo aveva accusato di essere un assassino di bambini.