La ricorrenza dei cento giorni dalla morte di Mahsa Amini è stata l’occasione per sviluppare ulteriormente la sollevazione dell’intera popolazione contro il potere degli ayatollah. Le condanne a morte sfornate dai tribunali non si contano più e le minacce delle esecuzioni sono in agguato. La repressione non ferma le proteste. Ieri per il 40esimo giorno dalla morte del bambino Kian Pirfalak, assassinato nella sua auto da una pallottola, una folla ha scortato la madre fino al cimitero, dove ha liberato in cielo una colomba. La gente ha gridato: “Dal Kurdistan all’Izeh, le nostre vite sono solo per l’Iran” (Il video).
Il regime si sente assediato e si chiude come un riccio inasprendo le misure coercitive. Il Ministero dell’Interno ha annunciato che l’obbligo del hijab è ancora in corso e che le ragazze che verranno fermate senza il copricapo regolare verranno punite con il blocco dei loro conti correnti. Tra le misure sperimentate nei giorni scorsi c’è stata quella di chiudere i negozi che ammettono l’ingresso alle donne con i capelli scoperti.