Il regime ha annunciato lo smantellamento della polizia religiosa. È un tentativo disperato degli ayatollah di arginare il fiume in piena che ha travolto il sistema a partire dal 16 settembre, giorno della morte di Mahsa Amini. È sicuramente una vittoria della società civile che contesta la riduzione delle libertà delle donne e di tutti, ma il movimento – secondo quanto scrivono molti protagonisti della rivolta popolare – non si arresta. Le condizioni di vita della popolazione sono molto dure a causa dell’embargo e della corruzione del potere.
“È una manovra tattica per dividere il movimento e denota uno scontro all’interno del potere tra Khaminei e Raissi”, scrive un’attivista che vive all’estero. Conferma questa interpretazione la dichiarazione della vice presidente per gli affari femminili e della famiglia, Ensieh Khazali: “La Gasht-e Ershade (la polizia morale) non esiste. Si tratta di una polizia per la sicurezza sociale che vigila su tutti i crimini e anche “la nudità”. Si tratterebbe quindi semplicemente di un cambio del nome, ma i compiti rimangono gli stessi.
Oggi iniziano i tre giorni di mobilitazioni per la festa dello studente, che in Iran cade il 7 dicembre. Sono previsti scioperi nelle fabbriche e nei trasporti, la chiusura dei bazar, delle scuole e università.
Il regime ha annunciato l’esecuzione di quattro condanne a morte nei confronti di persone accusate di collaborazionismo con Israele. Lo ha riportato ieri la Tv di Stato, sostenendo che i quattro uomini sono stati arrestati lo scorso giugno.