Le Ong del soccorso in mare commentano con durezza le misure contenute nel nuovo decreto votato dal Consiglio dei Ministri.
“Il nuovo Decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei Ministri del Governo Meloni non è altro che l’ennesimo tentativo di ostacolare e criminalizzare le attività delle navi della società civile. Nessun governo può impedire a una nave di sottrarsi all’obbligo di soccorso e nessuna nave si rifiuterà di accogliere chi chiede aiuto nel Mediterraneo centrale. Rispetteremo il diritto internazionale, come abbiamo sempre fatto.
Non comprendiamo poi quali siano i presupposti di necessità e urgenza del provvedimento che va a normare una materia già oggetto di Convenzioni internazionali, regolamenti europei e del diritto italiano. L’unica urgenza che verifichiamo ogni giorno sarebbe quella di garantire un sistema di soccorso istituzionale nel Mediterraneo centrale e garantire vie sicuro di accesso per chi fugge dalla Libia. In assenza di una missione europea di ricerca e soccorso, ostacolare l’attività delle navi della società civile significa provocare altre morti. Significa calpestare i diritti umani e affidare quel tratto di mare al pattugliamento delle milizie libiche che non hanno altro obiettivo se non quello di catturare chi fugge e respingerlo nei lager libici, in una spirale di torture, ricatti, stupri e vessazioni” dichiara Sea Watch.
Analoghe le valutazioni di Riccardo Gatti, responsabile soccorsi di Medici senza Frontiere: “Il decreto del governo ostacola i soccorsi delle navi umanitarie fino a renderli inefficaci o insostenibili. Di fatto queste nuove norme non risolvono il vero problema: le persone che muoiono in mare perché mancano i soccorsi. Lasciare scoperta la zona dei soccorsi e assegnare porti sicuri lontanissimi va a discapito della protezione della vita, aumenta il rischio di altre morti in mare, aumenta di quattro volte le spese per gli spostamenti e allontana testimoni scomodi: quando le navi delle Ong non sono presenti sembra che non succeda niente e invece continuano ad avvenire naufragi con morti e dispersi e respingimenti in Libia. Le navi della società civile inoltre sono dei presidi temporanei e per quanto ben attrezzate non sono adatte ad avere persone a bordo per lunghi periodi”.
“Il 2022 si chiude con delle cifre drammatiche: quasi 1.400 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale solo quest’anno. Di fronte a questi numeri terribili, le disposizioni contenute nel Decreto sono inaccettabili perché – imponendo alle navi umanitarie di portare immediatamente a terra i naufraghi – di fatto riducono le possibilità di fare ulteriori salvataggi dopo il primo soccorso. Le conseguenze di questo provvedimento saranno l’aumento dei morti in mare e dei respingimenti verso la Libia ad opera della Guardia Costiera libica. Nel 2022, sono state oltre 20 mila le persone respinte in Libia” denuncia Emergency.
“Ostacolare il lavoro umanitario, che ha come unico obiettivo la messa in salvo di persone, è inspiegabile se non in termini di consenso politico. Noi continueremo a salvare vite umane, nel rispetto del diritto internazionale e nazionale. Rispetteremo il codice di condotta solo qualora non entri in contrasto con norme di diritto internazionale e non smetteremo di credere che salvare vite umane è la cosa giusta da fare” conclude il comunicato di Emergency.