E’ di questi giorni la notizia che il parlamento spagnolo ha approvato una legge sull’identità di genere che, a prescindere da come la si pensi, rappresenta una vera e propria svolta storica, al punto che mi sorprende che se ne parli così poco.
In pratica da questo momento qualsiasi ragazzo/a al compimento dei sedici anni, anche senza autorizzazione dei genitori, né alcun pronunciamento di una qualche autorità, e senza alcun tipo di parere medico, insomma senza alcuna limitazione, potrà scegliere il proprio sesso di appartenenza.
Il raggiungimento di un grande risultato sulla via della conquista di sempre più avanzate libertà? Non ne sarei così sicuro! Ho piuttosto il sospetto che si tratti della banalizzazione di un tema molto complesso, che tentando facili scorciatoie, finisce con l’eludere il problema stesso!
Accenniamo intanto, giusto per cominciare, alle situazioni tra il tragico e il comico che normative di questo tipo comportano. In California dove una legge simile esiste già, il suo primo effetto è stato quello dei reclusi in carceri maschili che si sono dichiarati donna, chiedendo di essere trasferiti in istituti di pena femminili (mica stupidi gli amici!). Non oso poi pensare cosa potrebbe succedere nello sport, dove una plausibile invasione di “maschi pentiti” finirebbe con l’escludere le donne dalle competizioni, mentre posso facilmente immaginare come (anche a casa nostra) di fronte a leggi pensionistiche che prevedono una “opzione donna”, ci troveremmo di fronte a tanti attempati lavoratori che improvvisamente decidono di cambiare sesso. (Se pensate che sto esagerando, sappiate che altrove è già successo!).
Naturalmente so benissimo che siamo di fronte ad un problema reale. Sono consapevole che è necessario riconoscere a tutti il diritto di potere vivere liberamente la propria sessualità e le proprie scelte di genere, che sono spesso il prodotto di lunghi e difficili percorsi personali. Confesso anche di non avere una soluzione chiara e definitiva di come risolvere la questione sul piano normativo. Ma so anche che di fronte alle difficoltà la risposta non può essere quella di accontentarsi di una normativa semplicistica e banalmente liberalizzante, che non risolve i problemi, e che anzi, nel tentativo di aggirarli, potrebbe addirittura aggravarli …
La stessa storia dell’evoluzione delle battaglie femministe, che sono passate nell’ultimo secolo dalla rivendicazione dell’emancipazione della donne attraverso la semplice parità dei diritti, alle battaglie di liberazione che presuppongono una specificità del “femminile” come elemento costitutivo della stessa evoluzione umana, fino agli attuali dibattiti sulla “rivoluzione del femminile”, che si interrogano sulle possibili future conquiste della dialettica storica e biologica del “maschile “ e del “femminile”; Ebbene tutto questo viene come azzerato e reso vano dalla riduzione “legale” della sessualità ad una semplice questione di pronunciamento formale, motivato magari da interessi personali di tutt’altro genere. Il che è come dire che il sesso non esiste come questione generale, e che dunque il femminismo ha vinto la sua ultima e definitiva battaglia e può ormai uscire di scena, relegato alla gloria dei libri di storia.
Ci troviamo insomma di fronte ad un possibile colpo di spugna, che oltretutto renderebbe praticamente senza alcun senso qualsiasi discussione sulle conseguenze che riguardano altre spinose problematiche legate al sesso e alla procreazione. Ci riferiamo, per esempio, alla “gestazione per altri”. Il famoso “utero in affitto”, che è ormai divenuto un evidente sfruttamento del corpo femminile, delle donne nere ieri e delle donne indiane oggi soprattutto, che per quattro soldi, ipocritamente definiti “rimborso spese”, sfornano bambini per annoiate coppie occidentali che evitando la scocciatura della gravidanza, si ritrovano figli belli e fatti e col proprio patrimonio genetico, senza neppure il bisogno di adottare qualche “negretto” che viene chissà da dove. Altro esempio di pratiche molto problematiche è quello legato al “commercio” di sperma e ovociti, con clienti che ormai chiedono di tutto sulle caratteristiche dei donatori, ma con l’unico comun denominatore della “bianchezza”, in perfetto stile “eugenetica razzista”. (chissà Mengele come sarebbe contento!)
Allargando il discorso ad una prospettiva più ampia, credo che ci troviamo di fronte ad una vera e propria inflazione, non sempre accompagnata dalle giuste riflessioni, di quella che si pretende come la rivendicazione dei “nuovi diritti”. Il problema riguarda, in particolare in “Occidente” e ancor più nel nostro paese, l’attuale deriva della vecchia sinistra di classe, che una volta si definiva attraverso un equilibrato e complementare rapporto tra rivendicazione dei diritti umani, legati innanzitutto alla centralità delle libertà civili e politiche, e la battaglia per l’uguaglianza sociale centrata sui temi della difesa del reddito e del salario.
Oggi la vecchia sinistra, istituzionalizzandosi, si è annacquata fino a perdere completamente il proprio patrimonio genetico. Le questioni sociali sono scomparse dall’orizzonte e i disvalori e le menzogne del neo liberismo hanno trovato facilmente casa entro i nuovi orientamenti. Egoismo proprietario e sfrenata competizione degli interessi particolaristici sono ormai i mantra della politica in un Occidente atlantista, guerrafondaio e succube ai diktat della finanza, e in cui ormai destra e sinistra vanno a braccetto condividendo visioni strutturali e scelte strategiche.
Ma la tradizionale (falsa) sinistra crede di avere ancora un arma che la distingue da una destra da sempre ferma alla vecchia logica fatta di “Dio, Patria e Famiglia”. E’ l’arma dei diritti, i quali tuttavia, divorziando dalle questioni sociali, si moltiplicano e si inflazionano, finendo col perdersi in una continua rincorsa che inevitabilmente li porta ad arenarsi nella insignificanza e nell’arbitrio irresponsabile. In questo modo anche le fondamentali battaglie per i “veri”, e se si vuole tradizionali, “diritti umani”, oggi sempre più calpestati in ogni parte del mondo, perde la sua pregnanza e la sua dirompenza politica. E’ la nuova “trappola dei diritti”, nella quale purtroppo, spesso e inconsapevolmente, finiscono col cadere anche le nuove forze del radicalismo e dell’antagonismo sociale, che invece con sempre maggior forza dovrebbero marcare la loro distanza con la vecchia sinistra, ormai senza più storia e (si spera) prossima a morire.