La Coalizione militare guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti è accusata di avere ucciso una famiglia di sei persone in un attacco aereo del 2016 nel villaggio di Deir Al-Hajari, nello Yemen nord-occidentale.
I resti di bombe ritrovati sul luogo dell’attacco sono stati prodotti da RWM Italia S.p.A., una filiale del produttore di armi tedesco Rheinmetall AG.
Nell’aprile 2018 l’European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR), l’organizzazione yemenita Mwatana for Human Rights e la Rete Italiana Pace e Disarmo hanno presentato una denuncia penale contro i dirigenti di RWM Italia e alti funzionari dell’Autorità nazionale italiana per l’esportazione di armamenti (UAMA).
Nonostante nel febbraio 2021 il Giudice per le indagini preliminari di Roma abbia ordinato la prosecuzione delle indagini penali, il Pubblico ministero italiano non intende procedere con l’iniziativa penale: nel marzo 2022 le tre organizzazioni hanno presentato ricorso contro la seconda richiesta di archiviazione della Procura. L’incomprensibile decisione del Procuratore si basa su una valutazione errata delle prove chiave contenute nel fascicolo.
Il PM ha inoltre rinunciato a indagare sulla responsabilità dei dirigenti aziendali di RWM Italia per omicidio e lesioni personali, limitando l’ambito delle sue indagini al reato di abuso di potere da parte delle autorità italiane di esportazione. Ciò ignora completamente la gravità dei crimini a cui le esportazioni di armi italiane possono aver contribuito nel corso del conflitto armato, nonché la rilevanza del ruolo dei dirigenti di RWM Italia nella commissione di tali crimini.
Domani 20 dicembre 2022 si terrà una nuova udienza davanti al Giudice delle indagini preliminari, che deciderà se le indagini penali debbano proseguire o procedere direttamente al Processo. Questa udienza rappresenta l’ultima opportunità per la magistratura italiana di garantire adeguatamente il diritto di accesso alla giustizia alle vittime della guerra in Yemen che hanno visto distrutte le loro vite, le loro famiglie e il loro Paese in un conflitto alimentato dalle esportazioni di armi italiane.
“L’archiviazione di questo caso, dopo quasi quattro anni di indagini, sarebbe un duro colpo per tutti i sopravvissuti agli attacchi aerei senza obiettivo militare identificabile e con risultato finale la morte e il ferimento di civili.
L’omicidio della famiglia Husni e le ferite subite da uno dei sopravvissuti, Fatima Ahmed, non sono semplici “danni collaterali” ma il risultato di un attacco deliberato contro i civili. Il rischio potenziale che le armi esportate da RWM Italia possano essere utilizzate in attacchi illegali nello Yemen è già noto dal 2015. Se i dirigenti di RWM Italia e i funzionari dell’UAMA sono complici dei gravi crimini commessi dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti e dai loro partner, devono essere chiamati a risponderne”, hanno dichiarato le organizzazioni della società civile in un comunicato congiunto.
Le giustificazioni dell’UAMA per autorizzare le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti includevano la generazione di posti di lavoro e le condizioni finanziarie della RWM Italia.
Come ha stabilito lo scorso anno il Giudice delle indagini preliminari di Roma, l’obbligo dello Stato di salvaguardare i livelli occupazionali non può giustificare una deliberata violazione delle norme che vietano l’esportazione di armi verso Paesi potenzialmente responsabili di gravi crimini di guerra.
L’udienza in programma a Roma potrebbe essere l’ultima opportunità per le vittime yemenite di ottenere giustizia a livello nazionale italiano, ma un’azione legale è già stata attivata a quello internazionale.
Per garantire che i responsabili siano chiamati a rispondere del loro ruolo in possibili crimini di guerra, l’ECCHR ha anche presentato una comunicazione congiunta alla Corte Penale Internazionale dell’Aia nel dicembre 2019, insieme a Mwatana per i diritti umani, Amnesty International, la Campaign Against Arms Trade, il Centre Delàs e la Rete Italiana Pace e Disarmo.